Crescenti condizionamenti della politica sul servizio pubblico. Minacce legali sui media critici con l’azione di governo. I dati dell’ultimo Rapporto del Media Freedom Rapid Response evidenziano un aumento della pressione esercitata nel nostro Paese da soggetti pubblici sull’informazione
di Francesco Gaeta
Negli ultimi due anni, la libertà di stampa in Italia ha affrontato una pressione crescente, con un numero di episodi di intimidazione ai media documentati dalle organizzazioni internazionali. Secondo i dati del Media Freedom Rapid Response (MFRR) – l’osservatorio europeo che anche grazie a finanziamenti della Commissione Europea monitora le violazioni alla libertà di informazione – nel biennio 2022-2024 sono state registrate ben 250 segnalazioni di minacce e intimidazioni nei confronti dei media italiani, in aumento rispetto alle 74 del biennio precedente. Un quarto di esse proviene da pubblici ufficiali o membri del governo. Tra azioni legali, intimidazioni verbali e tentativi di censura, il panorama mediatico italiano appare sempre più ostile per chi cerca di svolgere il proprio lavoro in modo libero e indipendente.
La missione in Italia
A maggio, una delegazione del MFRR ha condotto una missione in Italia, anticipata rispetto ai piani originari per rispondere a una situazione ritenuta «emergenziale». I segnali di interferenza politica e le crescenti azioni legali contro i media hanno spinto l’osservatorio a programmare una visita rapida per incontrare giornalisti, sindacati e rappresentanti istituzionali, raccogliendo testimonianze dirette sulla condizione della libertà di stampa nel Paese. «I trend registrati nel corso degli ultimi due anni erano particolarmente preoccupanti» dichiara Sielke Kelner, Advocacy Officer del MFRR e Coordinatrice per l’Italia di CASE, coalizione europea di organizzazioni non governative che si oppongono all’uso strumentale delle azioni legali (SLAPP) per intimidire i media. «Soprattutto alla luce dell’aumento delle minacce legali e delle pressioni politiche sul servizio pubblico Rai». La missione si è svolta in un clima di crescente tensione in vista delle elezioni europee del 2024.
La pressione sul servizio pubblico
Un tema cruciale emerso dalla missione riguarda il crescente controllo esercitato dal governo sulla Rai. Il servizio pubblico italiano, storicamente condizionato dalla politica, appare oggi particolarmente esposto a pressioni dirette sulla sua governance e sull’indipendenza editoriale. La legge Renzi del 2016, che regola la nomina del cda Rai affidando sei consiglieri su sette a una scelta politica, non offre le garanzie necessarie di autonomia rispetto alle influenze esterne. «Il meccanismo di nomina della governance della Rai, secondo noi, non è rispettoso dello European Media Freedom Act, che richiede indipendenza per i media pubblici», ha affermato Sielke Kelner. «Questa struttura di governance rende la Rai vulnerabile e soggetta a cambiamenti di indirizzo editoriale e di finanziamento che, anno dopo anno, rischiano di compromettere la qualità dell’informazione offerta ai cittadini». Gli incontri con sindacati e giornalisti del servizio pubblico hanno confermato un clima di censura e autocensura, con diversi episodi che mettono in luce una crescente pressione sulla linea editoriale. Tra i casi più eclatanti citati nel Rapporto vi sono la cancellazione di un monologo di Antonio Scurati sul 25 aprile nel programma Chesarà condotto su Rai 3 da Serena Bortone e le continue intimidazioni rivolte ai giornalisti del programma d’inchiesta Report, vittime di pressioni e attacchi verbali da parte di esponenti della maggioranza.
Le minacce legali
Un’altra area di grave preoccupazione è costituita dalle querele temerarie, spesso utilizzate per intimidire giornalisti di media indipendenti che indagano su questioni di interesse pubblico. Il Rapporto cita i casi di testate che sono state oggetto negli ultimi due anni di azioni legali o minacce di querela da parte di figure di alto profilo del governo. Tra i casi più emblematici vi è la querela per diffamazione contro lo scrittore e giornalista Roberto Saviano, presentata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per le sue critiche rivolte a esponenti governativi. Un altro episodio riguarda il quotidiano Domani, che è stato oggetto di pressioni legali, in particolare a seguito di un’inchiesta del quotidiano sui possibili conflitti di interesse del ministro della Difesa Guido Crosetto.
Il MFRR distingue le minacce legali in varie tipologie: dalle querele per diffamazione alle “molestie legali”, che includono anche intimidazioni e avvertimenti preliminari. «Anche solo la minaccia di una querela riesce spesso a ottenere il suo scopo intimidatorio» spiega Sielke Kelner «perché dissuade il giornalista o una testata dall’approfondire una questione di pubblico interesse». Questo uso strumentale delle azioni legali genera un effetto di autocensura che colpisce soprattutto il giornalismo investigativo, creando un clima di insicurezza e incertezza tra gli operatori dell’informazione.
Il Rapporto del MFRR evidenzia inoltre i rischi legati alla concentrazione editoriale, tema cruciale per il pluralismo dell’informazione. Tra i casi più controversi figura la possibile acquisizione dell’agenzia di stampa AGI da parte del deputato della Lega Antonio Angelucci, imprenditore già proprietario di diverse testate. Questa acquisizione «porterebbe uno degli attori politici di maggior rilievo in una posizione di controllo su una delle principali agenzie di stampa italiane, con impatti potenzialmente rilevanti per la pluralità dei media».
Un confronto mancato
Nonostante il contesto di allarme, la delegazione MFRR ha faticato a ottenere un dialogo con i rappresentanti del governo italiano, che hanno evitato sistematicamente qualsiasi confronto sul tema della libertà di stampa. «Abbiamo mandato le richieste a diversi esponenti di maggioranza» ha spiegato Sielke Kelner, «dai Ministeri competenti a parlamentari delle commissioni che lavorano sul tema, ma nessuno ha risposto. È un segnale preoccupante che evidenzia come la libertà di stampa non sia considerata una priorità dalla coalizione di governo». Questo rifiuto di confronto è emblematico di un atteggiamento di chiusura. Secondo Kelner «un’intolleranza nei confronti di voci dissenzienti è preoccupante perché implicitamente mira a contrarre il pluralismo dei media. Le figure pubbliche di alto livello sono invece chiamate dalla Corte europea dei diritti umani a tollerare livelli di critica più aspri, proprio in funzione dell’altissimo ruolo che ricoprono nelle nostre società. Soprattutto se quelle critiche vengono formulate in relazione a questioni di pubblico interesse».