Il nuovo Codice deontologico: un corso sulle nuove regole


Si tiene l’11 dicembre, nella sala conferenze dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti (viale Monte Santo 7, Milano). Relatori: il presidente dell’Ogl Riccardo Sorrentino e Caterina Malavenda, avvocata e giornalista, esperta di diritto dell’informazione


L’11 dicembre, nella sala conferenze dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti (viale Monte Santo 7, Milano), si terrà un corso dedicato al nuovo Codice deontologico approvato il 1° giugno dall’Ordine nazionale dei Giornalisti. Il corso ha la durata di tre ore e concede 5 crediti formativi: verranno approfondite le modifiche introdotte in risposta ai profondi cambiamenti tecnologici e sociali che attraversano la professione.

L’obiettivo è chiarire come il giornalismo possa mantenere i propri principi di verità, correttezza e responsabilità nell’epoca dell’intelligenza artificiale, delle piattaforme digitali e della comunicazione istantanea. Particolare attenzione sarà riservata alle nuove linee guida sul linguaggio di genere, che mirano a rendere la scrittura giornalistica più inclusiva e rispettosa.

A guidare la discussione saranno Riccardo Sorrentino, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e giornalista del Sole 24 Ore, e Caterina Malavenda, avvocata e giornalista, che illustreranno le ragioni e gli effetti concreti del rinnovamento del Codice, con esempi pratici tratti dal lavoro quotidiano nelle redazioni.

Le novità del nuovo codice. Il nuovo Codice deontologico approvato dall’Ordine nazionale dei Giornalisti (entrato in vigore dal 1° giugno 2025) raccoglie in otto titoli e 40 articoli tutti i precedenti protocolli, carte e codici – dalla Carta di Roma al Decalogo dei giornalisti sportivi – rendendoli parte integrante del nuovo testo. 
Uno dei punti centrali riguarda la declinazione di genere: prevede un articolo specifico (art. 13) sul “rispetto delle differenze di genere”, che affronta temi come femminicidio, molestie, discriminazioni e orientamento/identità sessuale. Il testo impone di evitare stereotipi, espressioni e immagini lesive della dignità della persona, e riserva particolare tutela alle vittime e ai familiari.
Il Codice mette inoltre al centro la categoria “persona”: minorenni, migranti, fragili non più etichette generiche ma soggetti da raccontare con linguaggio rispettoso, evitando definizioni che li riducano a condizione o categoria. 
Infine, la tecnologia entra nelle regole della professione: l’art. 19 disciplina l’uso dell’Intelligenza artificiale. Se utilizzata per testi, immagini o sonori, l’IA deve essere resa esplicita, il giornalista ne assume responsabilità e controllo, mantiene l’obbligo di verifica e l’utilizzo non libera dagli obblighi deontologici. 

Negli altri Paesi. La professione giornalistica è regolata in tutto il mondo da norme che affermano non soltanto i doveri professionali, ma anche la funzione pubblica e sociale del giornalista. Un esame comparato– tra Svizzera, Francia, Germania, Regno Unito e altri – consente di cogliere somiglianze e differenze che possono arricchire anche il nostro ordinamento.
Importante nelle carte di altri Paesi è la nozione di “interesse pubblico della notizia”. Nell’ordinamento italiano tale concetto è poco definito in maniera puntuale, ma gli esempi esteri offrono modelli: nel Regno Unito, tramite le norme della Independent Press Standards Organisation (IPSO), si stabilisce che l’interesse pubblico comprende non solo reati o procedimenti penali, ma la protezione della salute e della sicurezza pubblica, il contrasto alla manipolazione dell’opinione pubblica, la libertà stessa di espressione. 
Anche sul tema del segreto professionale e della tutela delle fonti le carte straniere mostrano regole robuste: in Francia, la Dichiarazione di Monaco afferma che «i giornalisti chiedono il libero accesso a tutte le fonti di informazione e il diritto di indagare liberamente su tutti i fatti che condizionano la vita pubblica. In tal caso, il segreto pubblico o privato può essere invocato nei confronti del giornalista solo in via eccezionale». 
Restando in Europa, un altro principio centrale è la presunzione di innocenza: in Germania, per esempio, le normative e i codici affermano che «le relazioni sulle indagini, sui procedimenti giudiziari penali e su altri procedimenti formali devono essere esenti da pregiudizi. Il principio della presunzione di innocenza si applica anche alla stampa».
In Italia la normativa in tema di presunzone di innocenza è stata di recente rinnovata dal decreto legislativo 188/2021 noto come decreto Cartabia. La normativa ha tuttavia prodotto una restrizione dei flussi di informazione provenienti dalle Procure. Per ovviare a questo effetto, in Lombardia è stato redatto un protocollo firmato dal Tribunale e dalla Procura di Milano, dall’Ordine degli Avvocati e dall’Unione delle Camere penali di Milano e dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia. L’obiettivo: regolamentare meglio i flussi di notizie dalla Procura e dal Tribunale contemperando diritto di cronaca e presunzione di innocenza.
Per l’Italia, la riflessione comparata indica due linee di sviluppo: la prima è la definizione più precisa dei parametri come “interesse pubblico”, “persona vulnerabile” e “fragilità”, che altrove sono esplicitati nei codici; la seconda è l’inclusione sistematica della tecnologia e dei nuovi mezzi (social media, IA, big data) nell’ambito deontologico.

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