Cosa è di «interesse pubblico» in tema di cronaca giudiziaria


È il concetto che regola la comunicazione delle Procure e le norme in tema di presunzione d’innocenza, ma l’interesse del giornalista e del pubblico non coincide con quello del magistrato inquirente. Il 9 dicembre è stato firmato il protocollo d’intesa in tema di presunzione di innocenza promosso dal presidente del tribunale di Milano Fabio Roia. È stato inserito un decalogo in tema di intersse pubblico proposto dall’OgL che allarga il concetto di interesse pubblico e che trovate qui.

di Guido Camera.

Un equivoco in cui non bisogna mai cadere è quello di confondere la comunicazione del Procuratore della Repubblica con la cronaca giudiziaria. La prima, infatti, proviene da un soggetto pubblico che non è terzo rispetto all’inchiesta. Pertanto, è fisiologico che l’ordinamento circoscriva il catalogo delle informazioni che possono essere rese pubbliche da una Procura rispetto ad atti di indagine compiuti, soprattutto se ancora non sono stati sottoposti al filtro del processo, ovvero la sede in cui, secondo quanto prevede l’articolo 111 della Costituzione, un giudice terzo e imparziale deve decidere della responsabilità dell’accusato al di là di ogni ragionevole dubbio. Viceversa, la cronaca giudiziaria ha presupposti e finalità differenti. Il giornalista è prima di tutto soggetto terzo rispetto all’inchiesta – e sempre deve rimanere tale – e il suo dovere professionale è quello di informare l’opinione pubblica su quanto sta accadendo in un determinato momento storico, non appiattendosi sulle informazioni che provengono dalla parte pubblica. Per evitare di farlo – trasformandosi in grancassa dell’accusa, a discapito della presunzione di innocenza – deve fisiologicamente cercare di avere accesso al maggior numero di riscontri, in modo da accertare il più possibile la verità del fatto narrato, secondo criteri di pertinenza, interesse pubblico e continenza espressiva, e nel pieno rispetto della presunzione di innocenza.
L’interesse pubblico che deve pertanto valutare il Procuratore della Repubblica nei suoi comunicati o nelle conferenze stampa è differente da quello che legittima l’attività del giornalista. Il monito vale in particolare quando si cerca di fare un esame obiettivo delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 188/2021, che ha recepito la direttiva UE 2016/343 sul rafforzamento della presunzione di innocenza nei procedimenti penali. 


L’interesse pubblico nella comunicazione del Procuratore
La norma centrale è quella che disciplina la comunicazione del Procuratore della Repubblica, sulla quale il decreto n.188/2021 è intervenuto. Si tratta dell’articolo 5 del decreto legislativo numero n. 106 del 2006: «I rapporti del Procuratore della Repubblica con gli organi di informazione». La disposizione sancisce due principi. Il primo è quello per cui la regola deve essere il riserbo del Procuratore sulle inchieste; la seconda è che questa regola può essere derogata solo in presenza di specifiche «ragioni di interesse pubblico», che quando sono di «particolare rilevanza» possono consentire i rapporti con gli organi di informazione tramite comunicati ufficiali o anche conferenze stampa. Del resto, il pericolo di lesione della presunzione di innocenza che può derivare da una conferenza stampa del capo di una Procura, o anche solo da un comunicato, è evidente. Nelle conferenze stampa l’accusato non ha mai il diritto di replica (anche perché non di rado è stato privato della libertà personale) e viene divulgata solo la ricostruzione dell’accusa, magari quando il processo è ben al di là da iniziare. 

La casistica dell’interesse pubblico che può legittimare la comunicazione del Procuratore della Repubblica è indicata nella direttiva UE 2016/343 al considerando 18, ovvero quando la divulgazione di informazioni «sia strettamente necessaria per motivi connessi all’indagine penale, come nel caso in cui venga diffuso materiale video e si inviti il pubblico a collaborare nell’individuazione del presunto autore del reato, o per l’interesse pubblico, come nel caso in cui, per motivi di sicurezza, gli abitanti di una zona interessata da un presunto reato ambientale siano fornite informazioni o la pubblica accusa o un’altra autorità competente fornisca informazioni oggettive sullo stato del procedimento penale al fine di prevenire turbative dell’ordine pubblico. Il ricorso a tali ragioni dovrebbe essere limitato a situazioni in cui ciò sia ragionevole e proporzionato, tenendo conto di tutti gli interessi. In ogni caso, la modalità e il contesto di divulgazione delle informazioni non dovrebbero dare l’impressione della colpevolezza dell’interessato prima che questa sia stata legalmente provata».

Fuori da questi casi il Procuratore deve evitare di innescare una comunicazione circa l’inchiesta che sta svolgendo, soprattutto per cercare consenso alla sua fondatezza; ancor meno deve parlare il giudice, per evitare che un’anticipazione di giudizio lo esponga ad essere ricusato per il venir meno della sua terzietà, imparzialità e indipendenza. Ma è palesemente sbagliato pensare di applicare queste regole ai giornalisti che si occupano di cronaca giudiziaria, come del resto dimostra il fatto che nel decreto legislativo n. 188/2021 l’attività giornalistica non è mai nominata. E’ dunque utile comprendere esattamente quale sia l’interesse pubblico che legittima la cronaca giudiziaria.

L’attività giornalistica e l’interesse pubblico
E’ un principio consolidato nella giurisprudenza quello per cui i valori individuali della riservatezza e della dignità possono essere in qualche modo compressi nel bilanciamento con il diritto all’informazione espresso dal pubblico interesse della notizia. Il limite oltre il quale non può spingersi il giornalista, per non incorrere in diffamazione, è quello della destinazione della notizia a soddisfare un bisogno sociale quando non vi sia alcun interesse pubblico alla divulgazione dell’informazione[1]. In assenza di una definizione normativa di interesse pubblico, è rimessa al giudice, caso per caso, la valutazione della sua sussistenza. Alcune rilevanti linee interpretative sono state fornite dalla Cassazione nel 2019[2], con una sentenza che ha riconosciuto la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca nel caso di un giornalista che aveva dato notizia della trasmissione di un esposto anonimo all’autorità amministrativa, e da questa trasmesso alla Procura, nonchè dell’esistenza di accertamenti sui fatti da parte dell’autorità giudiziaria e di quella amministrativa, assicurando anche la replica degli interessati. La citata sentenza ha infatti ricordato che una delle ragioni che fonda «l’esclusione della antigiuridicità della condotta lesiva dell’altrui reputazione viene individuata proprio nell’interesse generale alla conoscenza del fatto nel momento storico e, quindi, nell’attitudine dell’informazione comune a contribuire alla formazione della pubblica opinione, in modo che il cittadino possa liberamente orientare le proprie scelte nel campo della formazione sociale, culturale e scientifica (…) con la conseguenza che, se la verità processuale si atteggia diversamente nel corso dei successivi sviluppi, relativi ad indagini, istruttoria dibattimentale, o seguito della pronuncia di provvedimenti, tali eventi, solo se precedenti alla stesura dell’articolo non possono essere ignorati dal cronista, ai fini della completezza dell’informazione. Tuttavia l’aggiornamento della verifica di fondatezza deve essere attuale rispetto al momento della diffusione della notizia, in ragione del non prevedibile percorso procedimentale della vicenda». 
Allo stesso tempo, va ricordato che non opera l’esimente del diritto di cronaca quando l’articolo di giornale, nell’affrontare un argomento di pubblico interesse, contenga dati eccedenti lo scopo informativo, in quanto riferiti alla vita privata della parte offesa, e tali da ledere la reputazione in assenza di notorietà della stessa[3].   Emerge dunque evidente la non sovrapponibilità dell’interesse pubblico che deve improntare la comunicazione del Procuratore della Repubblica da quello che deve muovere l’attività del giornalista: quest’ultimo, infatti, ha una funzione di controllo dell’operato dei pubblici poteri che non può limitarsi a una presa d’atto delle informazioni, necessariamente scarne, che provengono dall’organo d’accusa. Per potere fare bene il suo mestiere, il giornalista deve avere accesso agli atti e alle fonti, senza però dimenticare che questa è solo la prima fase del suo lavoro: le maggiori problematiche si possono infatti porre nella successiva divulgazione della notizia, che deve essere improntata al fondamentale criterio deontologico della essenzialità. Di recente, la Cassazione[4] ha escluso l’esimente del diritto di cronaca per un articolo di un quotidiano locale che, nel dare notizia di un decesso in un incidente stradale, aveva fatto riferimento al suicidio del fratello della vittima, occorso anni prima, e lo aveva causalmente ricollegato alla separazione dalla coniuge. Nella motivazione, la Corte ha ricordato che i limiti dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico, che circoscrivono la possibilità di diffusione dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, comportano il dovere di evitare riferimenti alla vita privata dei congiunti del soggetto interessato da detti fatti, se non hanno attinenza con la notizia principale e se sono del tutto privi di interesse pubblico. In altra decisione[5], la Suprema Corte ha ritenuto lecita la pubblicazione di un articolo sulle vacanze in un resort di lusso di un giornalista, noto per la trattazione di temi sociali, corredato da foto che lo ritraevano insieme alla moglie in luoghi esposti alla visibilità di terzi, stabilendo che alla diffusione o alla comunicazione per finalità giornalistiche dei dati personali acquisiti senza il consenso dell’interessato si applicano i limiti del diritto di cronaca e, in particolare, quello relativo all’attinenza a fatti di interesse pubblico, «intesa nel senso che i dati abbiano la funzione di veicolare una notizia di interesse pubblico, ancorché parametrato a un tipo di pubblicazione leggera o perfino scandalistica, prediletta dal giornale o dal periodico di riferimento, in base al pubblico al quale esso è destinato, ferma restando la necessità del rispetto dei requisiti di continenza di espressione e degli accorgimenti imposti dalla natura dei dati divulgati».

Verso una definzione 

Per garantire rinnovata centralità al ruolo del giornalismo nella moderna società dell’informazione, è opportuno dunque provare a riempire di contenuti la definizione di interesse pubblico, in modo da tipizzare un catalogo di situazioni in presenza delle quali l’interesse pubblico sia presunto nel fatto: situazioni nelle quali il giornalista potrà avanzare richiesta di accesso agli atti di un procedimento penale – senza essere vincolato alla comunicazione del Procuratore della Repubblica – ai sensi dell’articolo 116 del Codice di procedura penale, ove è chiaramente stabilito il seguente principio: «durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti». Questa esigenza è stata ben raccolta dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia nel tavolo di lavoro sull’informazione giudiziaria aperto con il Tribunale di Milano, la Procura Di Milano, l’Ordine degli avvocati di Milano e la Camera penale di Milano (come si spiega all’articolo alla pagina xx). 
La proposta che è stata avanzata è proprio quella di scindere chiaramente la comunicazione della Procura da quella dei giornalisti, dando la possibilità a quest’ultimi di avanzare all’autorità giudiziaria una richiesta di accesso agli atti ogni qualvolta sia presente, a livello nazionale o livello locale, una delle seguenti situazioni: 
1. Il crimine è molto grave o ha caratteristiche tali da incidere nella quotidianità di una comunità o nella visione del mondo dei lettori, anche sotto il profilo etico e di costume; 
2. C’è una connessione o una contraddizione tra un ufficio, un mandato, un ruolo sociale o una funzione anche professionale di una persona e l’azione per la quale è accusata; 
3. C’è una connessione tra la posizione di una persona nota, anche a livello locale o in ambienti ristretti ma rilevanti per la vita sociale, e il crimine di cui è accusato oppure se il crimine di cui una persona è accusata è contraria alla sua immagine pubblica; 
4. Un crimine grave è commesso in pubblico; 
5. È stato effettuato un arresto in flagranza; 
6. È stato emesso un mandato d’arresto o un fermo su iniziativa della polizia giudiziaria; 
7. In tutti gli altri casi in cui l’attenzione del pubblico abbia inequivocabilmente mostrato una solida rilevanza sociale e civile per il procedimento; 
8. In tutti quei casi dove l’azione del potere giudiziario limita la libertà personale dell’individuo e dunque è soggetta all’interesse giornalistico in funzione democratica, sia in fase di indagine preliminare sia in fase processuale, anche con specifico riferimento alla tutela della presunzione di innocenza nel processo penale.

Sono tutti casi in cui evidentemente esiste un interesse pubblico alla conoscenza del fatto e delle modalità con cui viene gestito dalla magistratura.
Attenzione però: la possibilità di accesso agli atti in presenza di una di queste situazioni non comporta automaticamente un diritto di acritica pubblicazione. Per non incorrere in responsabilità derivanti dalla divulgazione della notizia, il giornalista dovrà comunque rispettare i parametri di verità, pertinenzialità e continenza espressiva, nel pieno rispetto anche della presunzione di innocenza. 


[1] Si veda, Cass. pen. n. 27616/2019; conforme, n. 46395/2007.

[2] Cass. pen. n. 22825/2019, e l’ampia giurisprudenza ivi citata.

[3] Cass. pen. n. 42987/2016.

[4] Cass. civ. n. 22741/2021.

[5] Cass. civ. n. 29583/2020.

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