C’era una volta in America l’inviato infiltrato 


Il giornalismo undercover non ha più molto corso negli Stati Uniti. Per cercare esempi e modelli occorre guardare altrove: Al Jazeera, BBCEye, Channel 4. Casi celebri, obiettivi e regole di un genere 

di Sacha Biazzo 


Se oggi decideste di avventurarvi verso la punta nord di Roosevelt Island, a New York, vi trovereste davanti a una fila di imponenti volti femminili scolpiti nel bronzo. Queste figure, parte dell’opera intitolata The Girl Puzzle, realizzata dalla scultrice Amanda Matthews nel 2021, simboleggiano le donne dimenticate dalla storia, molte delle quali furono internate nel manicomio che un tempo sorgeva sull’isola, nota allora come Blackwell’s Island Asylum. Tra questi volti si erge anche quello di Nellie Bly, pioniera del giornalismo investigativo e simbolo di coraggio e determinazione.

Nel 1887, Bly, allora giovane reporter del New York World diretto da Joseph Pulitzer, si finse matta per farsi internare in questo manicomio. La sua missione era documentare dall’interno le condizioni disumane a cui erano sottoposte le pazienti. Per dieci giorni, Bly visse tra abusi fisici e psicologici, subendo trattamenti degradanti come i bagni gelidi in acqua stagnante e sporca. Il suo reportage, pubblicato con il titolo Ten Days in a Mad-House, scosse l’opinione pubblica e contribuì a riforme significative nel sistema psichiatrico. Ma soprattutto, segnò la nascita del giornalismo sotto copertura, dimostrando come la denuncia delle ingiustizie svolta documentando le situazioni dall’interno, anche a rischio personale, possa innescare cambiamenti concreti nella società.

Paradossalmente, nel paese in cui questo genere di giornalismo è nato, oggi non è particolarmente diffuso; anzi, è visto con sospetto dai grandi network e dalle principali testate giornalistiche, dal New York Times in giù. In un’epoca in cui il giornalismo americano è scosso da fortissimi venti di disinformazione e fake news, i giornalisti desiderano essere percepiti come figure che non mentono mai, nemmeno se l’obiettivo è scoprire la verità. Eppure negli Stati Uniti, fino a pochi anni fa, i giornali erano capaci di acquistare un intero bar pur di realizzare un’inchiesta sotto copertura. Come successe nel 1977 quando il Chicago Sun-Times comprò il Mirage Tavern e lo trasformò nel cuore di un’operazione giornalistica undercover. I giornalisti si finsero baristi e camerieri, installarono registratori e fotocamere nascoste e riuscirono a documentare gli ispettori comunali della città che intascavano mazzette. La serie che ne scaturì, pubblicata in 25 puntate, pur sollevando controversie etiche, portò a riforme significative nei codici cittadini e statali.

Oggi, per trovare esempi di giornalismo di questo tipo, bisogna uscire dagli Stati Uniti e spingersi fino a Doha, in Qatar, dove nel cuore del deserto sorge il quartier generale dell’unità investigativa di Al Jazeera. Fondata dal giornalista americano Clayton Swisher nel 2012, questa unità conta su un team di decine di giornalisti e diversi freelance, con un secondo ufficio a Londra. Il suo obiettivo è produrre inchieste d’impatto globale utilizzando il metodo undercover. Il loro primo progetto di grande rilievo fu un’indagine sulla morte di Yasser Arafat, che dimostrò come il leader dell’OLP fosse stato avvelenato, un’inchiesta che fece scalpore a livello internazionale.

Molte delle loro inchieste implicano un capo di Stato, un ministro, un CEO o una lobby. La filosofia del team è, infatti, quella di puntare ai vertici del potere, concentrandosi sulla corruzione sistemica anziché su casi isolati di criminalità. 

Alcune delle inchieste più rilevanti della Investigative Unit di Al Jazeera sono The Cyprus PapersAnatomy of a Bribe e All the Prime Minister’s MenThe Cyprus Papers ha svelato come il programma di cittadinanza cipriota fosse utilizzato per ottenere passaporti in cambio di tangenti, portando alla chiusura del programma solo un giorno dopo la pubblicazione dell’inchiesta. In Namibia, l’inchiesta Anatomy of a Bribe ha rivelato uno scandalo di corruzione legato al settore della pesca, che ha portato all’arresto di due ministri, tuttora in carcere dopo 5 anni in attesa di processo.

L’approccio dell’unità combina diversi metodi investigativi: dall’uso di whistleblower, alle operazioni sotto copertura, fino all’analisi di documenti trapelati e tecniche OSINT (open-source intelligence). In alcune storie il risultato è frutto di una combinazione di tutti questi metodi come in All the Prime Minister’s Men, dove un whistleblower è stato trasformato in giornalista sotto copertura per documentare la corruzione che coinvolgeva l’ex primo ministro del Bangladesh.

Guardando le loro video inchieste è chiaro che il team ha ambizioni straordinarie, ma anche le risorse necessarie per sostenerle. A questo si aggiunge che le tematiche indagate dal team non vengono toccate dal resto dei grandi media mainstream. In una delle loro inchieste, The Lobby USA, un giornalista si è infiltrato per cinque mesi in organizzazioni pro-Israele negli Stati Uniti, documentando le strategie di lobbying nei confronti di politici americani. L’inchiesta scatenò forti reazioni, con alcuni membri del Congresso degli Stati Uniti che hanno chiesto al governo di inserire Al Jazeera nella lista degli “agenti stranieri” secondo il Foreign Agents Registration Act.  

L’unico esempio paragonabile al lavoro di Al Jazeera è quello di BBC Eye, che include anche il sottogruppo BBC Africa Eye, specializzato in inchieste investigative sul continente africano. Tra le loro indagini più note vi è The Baby Stealers, un’inchiesta del 2020 che ha svelato un traffico di neonati a Nairobi, in Kenya. Il reportage ha messo in luce la vendita illegale di bambini e il coinvolgimento di funzionari ospedalieri e intermediari privati. Le rivelazioni hanno portato all’arresto di diversi responsabili e a un’indagine più ampia da parte delle autorità keniote.

Sempre nel Regno Unito sorge il team investigativo di Channel 4 News, noto per alcune sue inchieste undercover. Tra le più rilevanti c’è stata quella su Cambridge Analytica, la società di consulenza politica coinvolta nell’uso non autorizzato di dati personali durante la campagna per la Brexit e le elezioni presidenziali del 2016 negli Stati Uniti. L’inchiesta, condotta con telecamere nascoste e prove ottenute sotto copertura, ha rivelato le strategie di manipolazione psicologica usate per influenzare gli elettori. Lo scandalo giornalistico alimentato anche da Channel 4 portò alla chiusura di Cambridge Analytica e spinse un riesame globale delle pratiche di raccolta e utilizzo dei dati personali, oltre a ispirare cambiamenti normativi sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti. 

Sia Al Jazeera che i media britannici come BBC e Channel 4 operano sotto le rigide linee guida di Ofcom, l’ente regolatore britannico delle comunicazioni. Anche se Al Jazeera ha sede a Doha, la sua unità investigativa segue queste normative, soprattutto quando si tratta di operazioni sotto copertura. Ofcom stabilisce che la registrazione segreta è giustificata solo in presenza di una chiara evidenza di una storia di interesse pubblico, di ragionevoli motivi per sospettare che ulteriori prove possano emergere se ci si infiltra in una certa situazione e se tale metodo è necessario per garantire la credibilità e l’autenticità dell’indagine. Queste regole mirano a bilanciare la trasparenza con la protezione della privacy e dei diritti individuali altrui e non sono tanto dissimili da quelle sancite nella regolamentazione italiana.

Alle regole di Ofcom però si aggiungono delle normative che ogni singola emittente si dà. Alla BBC ogni indagine sotto copertura deve superare un rigido controllo legale ed etico per evitare che si trasformi in una fishing expedition, ovvero un’indagine generica senza obiettivi precisi. I giornalisti investigativi di BBC Eye devono compilare un modulo dettagliato quando richiedono l’autorizzazione all’uso di telecamere nascoste, in cui devono dimostrare la presenza di prove iniziali (prima facie evidence) di comportamenti sospetti o intenzioni illecite, e l’interesse pubblico nel rivelarli. 

Nell’organigramma britannico se le persone coinvolte presentano reclami, Ofcom può avviare una revisione completa del materiale originale raccolto con telecamere nascoste (il cosiddetto girato integrale), valutando la presenza di eventuali distorsioni, pregiudizi o violazioni della privacy. L’indagine può durare mesi e culminare nella pubblicazione di un rapporto dettagliato. In caso di violazioni, Ofcom può imporre sanzioni economiche, chiedere scuse pubbliche o l’inserimento di disclaimer nei programmi. Questo rigoroso sistema regolamentare garantisce la correttezza e la trasparenza del giornalismo investigativo, specialmente in operazioni sotto copertura.

Le rigide normative di Ofcom, pensate per evitare abusi e garantire la trasparenza, rappresentano al contempo un limite e una tutela, consentendo al giornalismo investigativo di continuare ad operare anche nel rigido contesto britannico. Queste regole non solo definiscono i confini etici entro cui muoversi, ma permettono l’uso legittimo delle tecniche sotto copertura per accedere a informazioni difficili da ottenere in altro modo. Come fu per Nellie Bly quando si infiltrò nel manicomio di Blackwell’s Island, il giornalismo sotto copertura può rappresentare l’unica strategia per superare le barriere che spesso limitano l’accesso alla verità.

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