Franco Abruzzo era un leone, un combattente che non si arrendeva mai. Solo la natura è riuscita a fermarlo. L’ho sentito un paio di giorni prima che ci lasciasse. Al telefono faceva fatica a parlare ma non aveva perso il buon umore e la voglia di lottare. Si erano appena concluse le elezioni dell’Ordine (a Milano vinte dalla “sua” coalizione) e mi aveva ammonito: “Mi raccomando. Vogliono snaturare l’Ordine. Abbiamo vinto. Ora non facciamo prigionieri”.
Per poco meno di 20 anni Ordine della Lombardia e Franco Abruzzo sono stati praticamente sinonimi. Franco difendeva l’istituzione con le unghie e con i denti. Ma si rendeva conto che ormai era vecchia e non più al passo con i tempi.
Creando i praticanti d’ufficio aveva dribblato le regole che governavano l’accesso alla professione e non tenevano conto di come si potesse fare i giornalisti senza passare da una redazione. Una miriade di giovani deve essere grata a Franco se ha potuto diventare professionista pur senza un’assunzione.
Conosceva perfettamente norme, cavilli e commi e teneva testa anche ad avvocati e giudici quando discuteva di leggi e della loro interpretazione. La sua newsletter per anni ha inondato con notizie e consigli le nostre caselle di posta elettronica. E quando nel tempo ha cominciato a diradarsi ne abbiamo tutti sentito la mancanza.
Caro Franco, da oggi i giornalisti e il giornalismo dovranno fare a meno di te ma ti assicuro che ci mancherai: tu, con i tuoi suggerimenti e i tuoi incoraggiamenti. Ciao.
Massimo A. Alberizzi