dal sito dell’Associazione lombarda dei giornalisti
Franco Abruzzo era uno di quei giornalisti con cui potevi andar d’accordo o dissentire, ma mai ignorare le sue idee e le sue scelte. Aveva identificato se stesso con la costruzione, ricca di svolte e contraddizioni, della figura professionale del giornalismo e del diritto che la regola.
Cominciò a scrivere collaborando con quotidiani già all’inizio degli anni ’60 dalla natia Cosenza. Poi si trasferì a Milano, anzi a Sesto San Giovanni dove ha sempre risieduto. Lavorò per Il Giorno fin dal 1965.
Era un redattore che operava da remoto; redattore distaccato. Questo fece di lui il primo caso di praticante d’ufficio: un giornalista riconosciuto dall’Ordine come pienamente dipendente da una testata, anche se non ancora inquadrato come parte della redazione.
Il diritto dell’informazione è stato la costante e l’ossessione della sua vita. A Milano si è laureato, e poi ha seguito con intensità le cronache giudiziarie al Giorno, dove rimase fino al 1983. Poi passò al Sole 24 ore.
In quegli anni la giudiziaria era in buona parte cronaca del terrorismo. Abruzzo finì per essere anche preso di mira (il suo nome, con altri, figurò in un elenco di giornalisti che i gruppi armati antisistema consideravano come avversari).
Contemporaneamente assunse incarichi nel sindacato e poi negli organismi di categoria. Al Giorno era nel Comitato di Redazione: era il giornale di proprietà dell’Eni, diretto da Italo Pietra. Vi si conducevano battaglie impegnative per l’indipendenza della professione.
Poi l’Associazione Lombarda dei Giornalisti e la FNSI. In Associazione si trovò accanto a Walter Tobagi, Massimo Fini, e Giorgio Santerini. Dopo aver partecipato al congresso FNSI di Taormina del 1976, Abruzzo seguì quello del ’78 a Pescara, quando Tobagi e un gruppo di milanesi si staccò dalla corrente di Rinnovamento, in nome dell’indipendenza del sindacato da vincoli di politica governativa, e insieme fondarono la corrente di Stampa Democratica.
La passione per il diritto lo portò presto a scegliere la strada dell’Ordine. Dopo essere stato un collaboratore di Carlo De Martino, primo presidente dell’Ordine in Lombardia, assunse lui la carica e la mantenne per 18 anni, dal 1986 al 2007. Nel frattempo molte cose cambiarono; consensi e dissensi si manifestarono e si ricomposero. Abruzzo continuò a occuparsi di leggi. Pubblicò manuali sul diritto dell’informazione e i programmi di esame per i professionisti. Venne chiamato all’Università Milano-Bicocca come professore a contratto. Si occupò dell’INPGI e fece parte varie volte di suoi organismi di controllo.
Soprattutto divenne una fonte permanente di aggiornamenti sull’informazione, con un proprio sito e una newsletter che quotidianamente raggiungeva migliaia di persone.
Impossibile dimenticare discussioni accanite e contrasti molto aspri, sfociati persino in fatti giudiziari, che portarono a rotture, e anche a riconciliazioni. Ma nessuno potrebbe trascurare due qualità che Abruzzo aveva: la competenza ampia e puntigliosa, e la passione che non l’ha mai abbandonato. Anche di recente, chi gli telefonava, si trovava a discutere dei nodi della professione e dello stato problematico del settore dei media. Come sempre.
Addio Ciccio, resti una presenza eccezionale nel giornalismo che riflette su se stesso e cerca di aggiornarsi e migliorarsi.
Marco Volpati