Decisione del Consiglio di disciplina territoriale della Lombardia, del 26/03/2024, proc. 83/23; Pres. Benati – Rel. Della Sala
Descrizione sommaria del fatto
Un’associazione a tutela degli uomini vittime di violenza segnalava a diversi Consigli di disciplina vari giornalisti per aver contribuito ad una diffusione di dati, rispetto al tema della violenza di genere – c.d. femminicidi –, enfatizzati per dimensione casistica.
In particolare, l’associazione lamentava da una parte la violazione del rispetto della verità sostanziale dei fatti (art. 2 della l. 69/1963), dall’altra la violazione dell’art. 5 bis del Testo Unico sui doveri del giornalista nella parte in cui il giornalista deve prestare attenzione a “evitare stereotipi di genere” e a “non alimentare la spettacolarizzazione della violenza”.
Principio di diritto affermato
Il Consiglio dopo aver analizzato – attraverso il reperimento di dati da fonti qualificate – la reale portata del fenomeno, giunge alla conclusione che effettivamente la quasi totalità della stampa italiana ha basato l’informazione sul tema in discorso su numeri concettualmente enfatizzati in chiave statistica. Pertanto, invita gli iscritti ad un utilizzo prudente ed accorto dei dati in modo da riportare al pubblico numeri corretti.
Ciononostante, il compito del Consiglio non è quello di analizzare le mancanze del sistema informativo, pertanto, non può dirsi che l’enfatizzazione di un dato statistico, nella misura in cui non alteri in modo inaccettabile la verità sostanziale del fatto riferito, comporti di per sé una violazione disciplinarmente sanzionabile. Ciò in quanto anche ove si sostituisse il dato reale al dato errato la percezione del concetto (nel caso specifico la indubbia gravità del fenomeno rappresentato dalla violenza di genere) non muterebbe.