Decisione del Consiglio di disciplina territoriale della Lombardia, del 29/11/2023, proc. 68/23; Pres. Deponti – Rel. Della Sala
Descrizione sommaria del fatto.
Nel profilo social di un noto quotidiano veniva pubblicato un post riguardante la proprietaria di un bar che palesava le proprie simpatie nei confronti del fascismo emettendo scontrini con impresso il volto di Benito Mussolini.
Tra i commenti al post compariva quello di un giornalista iscritto che lasciava intendere di aderire con entusiasmo all’iniziativa.
I quesiti affrontati dal Consiglio.
Il Consiglio si è trovato ad affrontare la questione se ed in che misura eventuali espressioni e opinioni apologetiche del fascismo o di figure o simboli fascisti possano, se utilizzate da giornalisti iscritti, rientrare nel perimetro della violazione disciplinare.
Il principio di diritto affermato.
Il Consiglio ha riaffermato il principio secondo cui il giornalista è sanzionabile anche per espressioni da lui utilizzate in contesti pubblici – quali indubbiamente sono i social network – o i commenti in calce ad articoli on line, eccetera. Sul punto specifico ha tuttavia ricordato che la nostra legislazione, anche grazie all’alveo protettivo dell’art. 21 Cost., non presenta significativi esempi di censura e si tende ad intervenire solo «allorquando le espressioni utilizzate finiscono con il porre in pericolo o concretamente violare altri beni giuridici la cui inviolabilità è parimenti garantita». Ciò in quanto la libertà di espressione, tutelata dall’art. 21 della Costituzione repubblicana, costituisce un caposaldo della nostra democrazia e ne incarna la più alta dignità garantendo a tutti la possibilità di esprimere il proprio pensiero, per quanto sgradevole, rozzo o di basso livello.
Pertanto non è sanzionabile il giornalista che pone in essere, anche pubblicamente, una mera condotta di elogio, evocazione, commemorazione del fascismo o di personaggi di esso particolarmente evocativi purché ciò avvenga nei limiti tracciati dalla giurisprudenza costituzionale (in particolare Corte cost., sent. n. 1 del 1957; Corte cost., sent. n. 74 del 1958) e, altresì, con modalità o condotte sufficientemente “continenti” da poter essere considerate manifestazioni del pensiero.
Diversamente, invece, laddove l’azione “apologetica” si indirizzasse – in termini di contenuti o di condotte – verso concetti inaccettabili in sé (p.es. elogio leggi razziali del 1938) il tema disciplinare verrebbe a porsi con tanta maggiore intensità quanto più profonda fosse la lesione di valori altrettanto costituzionalmente garantiti.