Decisione del Consiglio di disciplina territoriale della Lombardia, del 17/04/2024, proc. 89/21; Pres. Benati – Rel. Deponti
Descrizione sommaria del fatto.
A seguito di una spiacevole vicenda giudiziaria veniva pubblicato un articolo su un giornale locale in cui venivano riportate sia le generalità sia le dichiarazioni rilasciate da un soggetto minorenne, nonché figlio della persona indagata, in seguito condannata, per omicidio nella relativa vicenda.
Il giornalista autore dell’articolo produceva, a sua difesa, dei documenti da cui emergeva l’esistenza di una sollecitazione alla pubblicazione sia del nominativo sia delle dichiarazioni da parte dell’avvocato di parte civile, autorizzata dalla curatrice del minore.
Il principio di diritto affermato.
Il Consiglio non mette in dubbio l’esistenza della sollecitazione e la relativa “autorizzazione”; tuttavia, ritiene che tale situazione non sollevi in alcun modo il giornalista dalla responsabilità in quanto, come sancito dalla Carta di Treviso, “va garantito l’anonimato del minore coinvolto in fatti di cronaca, anche non aventi rilevanza penale, ma lesivi della sua personalità, come autore vittima o teste; tale garanzia viene meno allorché la pubblicazione sia tesa a dare positivo risalto a qualità del minore e/o al contesto familiare e sociale in cui si sta formando”. Pertanto, ad avviso del Consiglio, il divieto va inteso in termini assoluti, salva l’eccezione contenuta nel secondo comma che nel caso di specie non si concretizza. Infatti, sia dal significato letterale che dalla costante interpretazione del divieto, emerge la possibilità di identificare un minore coinvolto solo qualora si tratti di atti positivi, quali ad esempio “un riconoscimento sportivo o di un premio per meriti scolastici o artistici, oppure di un positivo risalto delle qualità del minorenne” (Garante per l’infanzia e l’adolescenza, 2017, La tutela dei minori nel mondo della comunicazione).
