Decisione del 21 dicembre 2023, procedimento numero 58/22. Collegio composto da Antonella Crippa (presidente); Paolo Della Sala (relatore); Laura Silvia Battaglia (Consigliere)
Fatto
E’ pervenuto per competenza territoriale un procedimento trasmesso dal Consiglio di Disciplina delle Marche datato 7 novembre 2022 e relativo a una doppia segnalazione. Ci si duole, in entrambi i casi, di una locandina riportante lo strillo Il baby bullo aveva già aggredito la lesbica; la questione è correlata ad un episodio di possibile bullismo di cui un quotidiano regionale aveva dato conto con articoli di cronaca il cui contenuto era, altresì, oggetto di doglianza nella parte in cui, a dire del secondo esponente, l’omosessualità della minorenne coinvolta era data per “scontata” sulla base di una superficiale lettura dei fatti.
L’articolo non è oggetto di valutazione di questo Consiglio posto che il suo contenuto – con riguardo alla posizione del Direttore della testata – non è tale da comportare una possibile ragione di “responsabilità per omesso controllo”.
Motivazione
Va premesso che è dubbio che il Direttore di un quotidiano sia responsabile del contenuto delle locandine pubblicitarie poste nelle edicole a richiamare l’attenzione sul contenuto del giornale.
Nello specifico, tuttavia, si ritiene che tale questione possa considerarsi assorbita in quella di merito e, cioè, che questo Consiglio non ritiene che lo strillo di richiamo nella locandina abbia un contenuto tale da potersi considerare rilevante sul piano disciplinare. «Il baby bullo aveva già aggredito la lesbica» è indubbiamente locuzione inelegante ma non tale da superare il confine dell’art. 5 bis del Codice Deontologico. In particolare va sottolineato che, ad avviso del Consiglio, il termine lesbica non può e non deve essere considerato offensivo o, come scritto in uno degli esposti, “sgradevole”. E’ appena il caso di ricordare che l’acronimo LGBT parte proprio dal richiamo, sia in inglese che in italiano, al sostantivo identificativo dell’orientamento omosessuale femminile che, anzi, ne rappresenta in qualche misura un concetto bandiera. Nè pare che si possa condividere la critica secondo cui «a nessun genitore farebbe piacere vedere bollata sua figlia con il termine lesbica in prima pagina» (contenuta in uno dei due esposti) che, per come è riportata, sembra quasi una sorta di “fuoco amico” lessicale rispetto ai diritti che si vorrebbero difendere.
Entrambi gli esposti mirano – va precisato – a difendere la riservatezza della minorenne coinvolta ma, a parere del Consiglio, né il richiamo pubblicitario in locandina né l’articolo contengono elementi atti a consentire l’identificazione della minorenne. L’articolo, peraltro, pare scritto con continenza e attenzione e anche il titolo (riportato nel secondo esposto: “Aggressione gay sul corso Ancona: la ragazzina era già finita nel mirino del 14enne”) non sembra indulgere ad una particolare spettacolarizzazione.
Il punto che sembra stare a cuore agli esponenti, quindi, sottintende che, non essendo la ragazzina omosessuale o potendo non esserlo, la stessa e i suoi familiari (che ovviamente sarebbero in grado di immedesimarsi nell’articolo) potrebbero subire una lesione alla propria dignità – o comunque subire un aggravamento dello stato di profondo smarrimento conseguente alla aggressione – per un articolo/locandina in cui l’omosessualità si dà per presunta.
Nel ribadire che – nello specifico – in nessun modo la ragazzina risulta identificabile a terzi e che, da una serie di particolari non messi in discussione, di una aggressione omofoba si sia trattato, l’eventuale profilo di inaccurata verifica sulla effettiva propensione sessuale della minorenne non pare possa essere ascritto al direttore, da un lato, e appaia marginale rispetto ad altri profili di attenzione – di certo maggiore importanza – che risultano rispettati.
Da una serie di particolari (il tipo di borsa portata, i primi sviluppi investigativi, la indicazione di precedenti specifici) si evince che la giornalista ha attinto a fonti affidabili, a partire dagli operanti interessati al caso. Ciò poteva bastare al direttore per considerare il contenuto dell’articolo accettabilmente comprovato.
Decisione
Ciò premesso, anche in considerazione del fatto che questo Consiglio ritiene si debba evitare l’apertura di procedimenti disciplinari quando la lesione del bene giuridico tutelato appaia, nella peggiore delle ipotesi, di particolare tenuità così da determinare un probabile proscioglimento all’esito del giudizio, si dispone il non luogo a procedere nei confronti del direttore della testata, pur invitandolo ad una più attenta gestione dei toni quando si tratta di materie particolarmente sensibili.