“Abbiamo bisogno di un giornalismo libero, al servizio del vero, del bene, del giusto; un giornalismo che aiuti a costruire la cultura dell’incontro”. Era il 3 maggio 2019, giornata della libertà di stampa, e papa Francesco in un suo tweet legòinsieme alcuni dei valori della nostra professione, che sia svolta da laici o da religiosi: è il richiamo a un giornalismo mite, simile a quello che l’Ordine dei giornalisti della Lombardia ha proposto in diverse occasioni, a cominciare dall’incontro con l’Arcivescovo di Milano Mario Delpini e i giornalisti lombardi, nel 2024.
Papa Francesco preferiva, religiosamente, il concetto di umiltà: “L’umiltà può essere la chiave di volta della vostra attività – disse – Ognuno di noi sa quanto sia difficile e quanta umiltà richieda la ricerca della verità. E quanto sia più facile non farsi troppe domande, accontentarsi delle prime risposte, semplificare, rimanere alla superficie, all’apparenza; accontentarsi di soluzioni scontate, che non conoscono la fatica di un’indagine capace di rappresentare la complessità della vita reale. L’umiltà del non sapere tutto prima è ciò che muove la ricerca. La presunzione di sapere già tutto è ciò che la blocca”. “Il giornalista umile – aggiunse – è un giornalista libero. Libero dai condizionamenti. Libero dai pregiudizi, e per questo coraggioso. La libertà richiede coraggio!”
Non è stato l’unico invito che Bergoglio ha rivolto ai giornalisti italiani e internazionali. “La Chiesa vi stima, anche quando mettete il dito sulla piaga, e magari la piaga è nella comunità ecclesiale. Il vostro è un lavoro prezioso perché contribuisce alla ricerca della verità, e solo la verità ci rende liberi”, disse il 18 maggio del 2019 ai colleghi dell’Associazione stampa estera in Italia, citando Giovanni Paolo II, quando nel 1988 ricordò che «La Chiesa sta dalla vostra parte. Siate cristiani o no, nella Chiesa troverete sempre la giusta stima per il vostro lavoro e il riconoscimento della libertà di stampa».
Non esitò a parlare di vocazione al giornalismo, sottolineando il carattere profondo della nostra professione: “Essere giornalisti è una vocazione – disse ai giornalisti vaticani il 22 gennaio 2024 – un po’ come quella del medico, che sceglie di amare l’umanità curandone le malattie. In un certo senso il giornalista fa lo stesso, scegliendo di toccare personalmente le ferite della società e del mondo. È una chiamata che nasce in giovane età e che spinge a comprendere, a fare luce e a raccontare. Vi auguro di tornare alle radici di questa vocazione, di richiamarla alla mente, di ricordare la chiamata che vi unisce in un compito così importante. Quanta necessità di conoscere e di raccontare da una parte, e quanta necessità di coltivare un amore incondizionato per la verità dall’altra!”
Ai giornalisti cattolici dell’Ucsi chiese, il 23 settembre 2019, di “parlare con lo stile evangelico: “sì, sì”, “no, no”, perché il di più viene dal maligno (Mt 5,37). La comunicazione – aggiunse – ha bisogno di parole vere in mezzo a tante parole vuote. E in questo avete una grande responsabilità: le vostre parole raccontano il mondo e lo modellano, i vostri racconti possono generare spazi di libertà o di schiavitù, di responsabilità o di dipendenza dal potere”.
Soprattutto, nell’ultima giornata delle Comunicazioni sociali, il 24 gennaio scorso, invocò la necessità di “disarmare la comunicazione”. “Troppo spesso oggi – spiegò – la comunicazione non genera speranza, ma paura e disperazione, pregiudizio e rancore, fanatismo e addirittura odio. Troppe volte essa semplifica la realtà per suscitare reazioni istintive; usa la parola come una lama; si serve persino di informazioni false o deformate ad arte per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire. Ho già ribadito più volte la necessità di “disarmare” la comunicazione, di purificarla dall’aggressività. Non porta mai buoni frutti ridurre la realtà a slogan. Vediamo tutti come – dai talk show televisivi alle guerre verbali sui social media – rischi di prevalere il paradigma della competizione, della contrapposizione, della volontà di dominio e di possesso, della manipolazione dell’opinione pubblica”.
L’Ordine dei giornalisti della Lombardia si associa al cordoglio per la morte dI Papa Francesco.