C’è bisogno di dimostrare che occorre trasformare radicalmente l’Ordine dei giornalisti? Non credo: le grandi mutazioni e le forti sollecitazioni a cui è sottoposto il nostro mondo richiedono un Ordine diverso, che diventi protagonista – insieme ad altri – nel compito di sostenere i colleghi durante questa fase convulsa di cambiamento.
Anche gli Ordini regionali, che sono i più vicini ai giornalisti, possono fare molto sotto questo punto di vista. L’Ordine lombardo, per le sue dimensioni e per le caratteristiche della regione in cui agisce, ritiene di avere il dovere di essere attivo su tutti i fronti.
L’obiettivo di medio periodo va tenuto bene in vista: l’Ordine deve riconquistare un ruolo di protagonista – insieme ai tanti che condividono lo stesso obiettivo – nel compito di ricostruire la fiducia dei cittadini nei confronti nostri e del nostro lavoro. Deve dunque contribuire a creare una nuova cultura del giornalismo, che di questo rapporto di fiducia si prenda cura. Ecco i nostri primi passi.
Riconoscere i giornalisti
L’Ordine lombardo presterà molta attenzione al mondo dei free lance, che tendono a sfuggire alla sua vista. Ha allo studio un’iniziativa a loro favore, per facilitare l’incontro della domanda di collaborazione da parte delle testate con l’offerta di competenze da parte dei colleghi, nel rispetto di condizioni di lavoro dignitose e retribuzioni eque. Un primo passo, anche per illuminare meglio un mondo finora sfuggente.
Il primo compito dell’Ordine è proprio quello di riconoscere chi svolge davvero l’attività di giornalista, un’attività protetta dall’Ordinamento giuridico, che le attribuisce diritti e doveri specifici. Occorre allora che impari a vedere gli “invisibili”, coloro che svolgono la nostra professione ma non hanno un riconoscimento pieno della loro attività. Alcuni di essi sono iscritti ai nostri albi ed elenchi, ma in un Ordine disegnato attorno alla figura dei lavoratori dipendenti, vedono negati i diritti e sfuggenti i doveri.
Diritti
La libertà di informazione e critica dei giornalisti deve essere davvero incomprimibile, ed quindi è compito imprescindibile dell’Ordine aiutare i colleghi che vedono questa libertà compressa o negata.
In concreto, e solo per cominciare, il consiglio dell’Ordine si è già espresso, in via generale, a favore di un sostegno per tutti i colleghi vittime di minacce e violenze. Alcuni di loro, i più deboli, non denunciano. L’Ordine lombardo si affiancherà a loro, se possibile costituendosi parte civile nei processi.
Gli sviluppi più recenti hanno anche sottolineato come la legge Cartabia, che ha recepito con un evidente eccesso di zelo una direttiva del Parlamento europeo, sta rendendo sempre più complicato il lavoro dei cronisti giudiziari. L’Ordine lombardo al più presto avvierà una serie di iniziative presso Procure e altre istituzioni perché la legge sia applicata in modo che non comprima il diritto di ricevere e la libertà di dare informazioni; e auspica che l’Ordine nazionale si muova per ottenere una correzione delle norme o, almeno, linee guida interpretative generali che la rendano pienamente compatibile con i diritti dei giornalisti.
La formazione
Rispettare la “verità sostanziale dei fatti”, in società complesse come quelle contemporanee richiede competenze sempre più profonde. La formazione continua deve allora evolvere di conseguenza. All’attuale offerta di lezioni, l’Ordine lombardo vuole allora affiancare una serie di Corsi ad alto contenuto professionalizzante, ed esplorare la possibilità – sulla base dell’esperienza internazionale dei Mooc, i Massive open online courses – di costruire percorsi professionali completi in grado di offrire ai colleghi specializzazioni spendibili anche sul mercato del lavoro.
Auspica quindi che l’Ordine nazionale voglia rendere permanente l’uso dei corsi in streaming e dei webinar e conceda alla Lombardia la possibilità, oggi a lui riservata, di creare e mettere a disposizione dei colleghi corsi online.
Una formazione di qualità può permettere ai giornalisti una forte crescita professionale, utile anche da un punto di vista economico. Occorre allo stesso tempo evitare la burocratizzazione del sapere e della cultura, la creazione di un mercato artificiale in cui si scambiano tempo libero con crediti. Per recuperare il rapporto di fiducia con i cittadini occorre innanzitutto giornalismo di precisione, accurato, al quale si può accedere solo con competenze sicure.
La deontologia
La deontologia, e il suo rapporto con la libertà e la verità, deve essere al centro, oltre che della formazione, anche dell’attività di elaborazione e proposta culturale dell’Ordine, un compito che va svolto proponendo corsi e occasioni di discussione, aprendosi all’esperienza concreta dei Consigli di disciplina territoriali, alla ricerca accademica, a contributi esterni e internazionali..
La codificazione dei doveri – che è l’essenza della deontologia – è il contraltare della codificazione dei diritti, e trae le sue origine dalla stessa cultura, quella illuminista. I codici dei diritti vanno però scolpiti nel marmo, e arricchiti nel tempo; quelli dei doveri richiedono un esame e un riesame continuo, per evitare la burocratizzazione dell’etica, quell’ethical red tape che in campo sanitario, per esempio, rischia di bloccare la ricerca.
La pubblicazione, nelle forme più rispettose della privacy, delle decisioni del Consiglio di disciplina darà inoltre visibilità all’enorme quantità di lavoro che viene svolto e darà un contributo importante, anche in termini di certezze delle norme, a quello che è e resta un diritto vivente, in continua evoluzione, spesso giurisprudenziale.
Allo stesso Consiglio di disciplina sarà garantita, in modo rigoroso, l’indipendenza necessaria per il suo funzionamento: la separazione dei compiti tra Consiglio dell’Ordine e Consiglio territoriale andrebbe anzi ulteriormente approfondita.
Il fronte economico
L’Ordine nazionale è impegnato nelle discussioni sull’equo compenso a livello politico, ma la Carta di Firenze contro il precariato impegna tutti i giornalisti, e gli Ordini regionali, a verificare che non venga lesa, anche dal punto di vista economico, la dignità professionale. Sarà un punto fermo della nostra attività, facendo anche leva sulla possibilità di cooperare con il sindacato, nel rispetto delle rispettive autonomie e nella consapevolezza della natura pubblica dell’Ordine, senza timore di scatenare una forma di competizione distruttiva per la categoria.
L’Ordine non ha più un tariffario cogente per le collaborazioni: le vecchie indicazioni possono costituire solo un punto di riferimento, da usare nella consapevolezza che adottare compensi minimi, equi, è un’operazione chirurgica necessaria ma delicata: un livello troppo basso significherebbe dare ufficialità allo sfruttamento, uno troppo alto danneggerebbe i più deboli e ridurrebbe la domanda di collaborazioni.
Anche l’attività di elaborazione e proposta culturale dell’Ordine deve occuparsi degli aspetti economici della professione
L’attuale modello di business, basato sulla pubblicità, non esiste più e difficilmente tornerà, e occorre esplorare le possibili alternative. Occorre che diventi chiara la natura specifica del mercato dei media. Abbiamo un po’ dimenticato – rincorrendo i click ed entrando in competizione con i social – l’attività di gatekeeping, con la quale i giornalisti decidono quali notizie siano rilevanti per il loro pubblico di riferimento: nel mercato dei media – come, ancora di più, in quello della sanità – l’offerta (il nostro lavoro) indirizzza e influisce sulla domanda.
Questo rende il mercato dei media delicatissimo anche da un punto di vista economico, che si aggiunge alla banale considerazione che un’informazione corretta e accessibile è fondamentale per un’economia equa ed efficiente, per una società aperta, per un sistema politico liberaldemocratico.
Molti sono i temi da esplorare: i possibili modelli di business, la forma giudirica delle aziende di media, il ruolo di oligopoli e monopoli, anche a livello internazionale, le possibili forme, più o meno transitorie, di sostegno alle imprese.
Non possiamo dimenticare che negli ultimi anni il settore è andato avanti con sussidi ai prepensionamenti che hanno oggettivamente distrutto le redazioni: non sono stati interventi sani, visti nel loro complesso. Personalmente ritengo che aiuti e sussidi non siano lo strumento più adeguato per sostenere l’attività giornalistica, per le distorsioni che creano, per il pluralismo delle voci che tendono a distruggere. È un fatto però che, come accade nella sanità, il sistema non regge più se abbandonato a forme di mercato per così dire “spontaneo”, più adatte ad altri settori.
La fiducia dei colleghi
Occorre anche dare visibilità all’attività quotidiana, formale, dell’Ordine, che resta nascosta, persino misteriosa. Anch’essa richiede una trasformazione importante, mettendo ancora di più al centro gli iscritti. È la trasformazione più semplice: dipendenti e collaboratori dell’Ordine, scrupolosi e attenti, condividono già questa cultura, che va solo valorizzata e resa più evidente.
Non si possono però nascondere problemi e criticità, che anche i giornalisti lombardi hanno vissuto soprattutto in occasione delle elezioni e del cambio di piattaforma della formazione. Non tutti sono dovute all’Ordine lombardo, nessuno a questa consiliatura. Chi ha il compito di dare una direzione a un’istituzione come l’Ordine ha però responsabilità oggettive: le scuse sono doverose, la ricerca delle soluzioni necessaria.
Per diventare protagonista nella creazione di una nuova cultura del giornalismo, l’Ordine deve recuperare la fiducia dei colleghi nei suoi stessi confronti. Deve anche comunicare meglio quello che fa, ma la comunicazione è vuota se manca una strategia complessiva. Non serve l’ottimismo della volontà, l’elaborazione disordinata di nuove idee: la crisi radicale e strutturale della professione, di lungo periodo, richiede analisi e studio. La comunicazione non può limitarsi allora a mere operazioni di maquillage.
La solidità patrimoniale
Per realizzare progetti così ampi sono necessarie risorse anche importanti. Il controllo dei costi e la solidità patrimoniale dell’Ordine sono però fondamentali. Negli anni scorsi è stata realizzata un’opera di risanamento dei bilanci dell’Ordine lombardo che sarebbe ingiusto disconoscere, ma che sarebbe anche sbagliato ingigantire. Nello stesso periodo, sono stati accumulati crediti importanti verso i colleghi morosi, che potrebbero in futuro generare conseguenze non piacevoli. Occorre allora aprire una fase diversa: quella del rafforzamento patrimoniale.
Uno dei vincoli è stringente: le entrate non sono elastiche. Abbiamo lasciata ferma anche quest’anno – e con convinzione, tenuto conto della situazione complessiva – la quota, che resta piuttosto bassa rispetto a quelle delle altre grandi categorie professionali. Sarà difficile anche solo immaginare di aumentarla nel futuro prossimo. Il tema delle risorse a disposizione richiederà quindi grande attenzione da parte nostra.
Per concludere
L’obiettivo della nostra azione è chiaro e animerà ogni nostro passo: innovare l’Ordine dando un contributo visibile, in tutte le sue attività, allo sforzo di ridare un ruolo pieno al giornalismo in Lombardia – e, attraverso il nostro esempio e le nostre proposte, in Italia – e di recuperare la fiducia dei cittadini. L’Ordine è solo uno dei tanti protagonisti del mondo dei media. Riserva per sé soprattutto il compito di stimolare e di arricchire uno sforzo compiuto da molti. In base a questo criterio chiede di essere giudicato.
Il presidente
Riccardo Sorrentino