Le carte di Le Monde per capire meglio il mondo 

Come lavora la sezione Infographie: quindici persone che su carta e web spiegano ciò che avviene con mappe e infografiche. Un caso unico di “giornalismo grafico”
di Elena Esposto

Questo articolo è parte di  Tabloid Project, il magazine multimediale dell’OgL  

«Quando nel 2020 è uscito la prima versione del piano di Trump per la pace israelo-palestinese lo abbiamo tradotto in una carta e in un’illustrazione» racconta Francesca Fattori, giornalista di Le Monde. L’idea era permettere al lettore di visualizzare come l’idea si traduceva sul territorio per «fargli capire che c’erano delle implicazioni geografiche e anche delle difficoltà nella proposta».

Integrare questo tipo di visualizzazioni non è sempre semplice. Richiede competenze tecniche e risorse che le redazioni talvolta non hanno e si scontrano con una cultura che tende a non valorizzare le conoscenze geografiche.

Non è così ovunque, però. Il quotidiano Le Monde, agganciandosi alla solida tradizione cartografica francese, ha scelto di investire risorse economiche e professionali creando un intero servizio dedicato alla creazione di carte e infografiche.

L’esperienza del servizio di Infographie è un po’ un unicum in un panorama giornalistico che spesso fatica a trovare risorse. «L’utilizzo delle mappe alla redazione di Le Monde risale alla fondazione del giornale» spiega Fattori, che lavora all’Infographie. «La prima venne pubblicata nel 1945 e mostrava i movimenti della resistenza sul plateau du Vercors. Da quel momento si è sempre usato questo strumento, in particolare per mappe di localizzazione e mappe elettorali, che sono molto radicate nel giornalismo francese».

Fattori è arrivata a Le Monde nel 2012 dopo aver lavorato alla trasmissione televisiva Le Dessous de cartes, del canale franco-tedesco Arte. «Sono laureata in scienze politiche, ma in quel contesto ho iniziato a occuparmi di cartografia. Il mio lavoro consisteva nello scrivere dei testi di una decina di minuti su temi internazionali, ma era un lavoro di scrittura particolare perché tutto ciò che raccontavo doveva essere animato e visibile su di una carta». 

Riccardo Pravettoni, oggi vicecapo del servizio Infographie, ha una laurea in geografia all’università di Bologna, dove ha partecipato al laboratorio di giornalismo e cartografia Cartografare il presente che gli ha aperto la porta di Le Monde Diplomatique. «Quello che mi sembra importante sottolineare è che, pur non avendo fatto un percorso classico, come la scuola di giornalismo, quello che facciamo è a tutti gli effetti un lavoro giornalistico che si esprime non con un testo, ma con degli elementi visuali» specifica.

Vita in redazione

La giornata all’Infographie inizia alle 7.30. I colleghi che arrivano a quest’ora si occupano di terminare le carte che saranno pubblicate sul giornale che va in stampa tra le 8.30 e le 10.30 e che sono state definite il giorno prima, se i temi sono caldi, o nei giorni precedenti in caso di soggetti più freddi o di carte complesse.

Verso le 9.15 si riunisce il servizio web. «Qui è dove si inizia a delineare l’agenda del giorno – spiega Fattori – , dove mettiamo a fuoco gli argomenti che verranno trattati nel corso della giornata e riceviamo le prime richieste dai colleghi. Quello che produciamo per il web può essere poi riadattato per l’edizione cartacea che viene discussa nella riunione generale della redazione a mezzogiorno».

«Il lavoro si compone di due parti fondamentali. C’è la parte più intellettuale, di concetto, di ricerca dei dati e delle informazioni e di creazione della storia che la carta dovrà rappresentare, e poi la parte pratica, di effettiva realizzazione» spiega Pravettoni.

Il servizio conta tra le 12 e le 15 persone, tra collaboratori fissi e freelance, tutti con profili molto diversi. C’è chi ha una formazione in geografia, cartografia e geomatica, chi invece ha studiato storia, scienze politiche o relazioni internazionali e, in passato, anche persone con un background statistico. Ci sono poi illustratrici scientifiche e sviluppatori informatici, ciascuno con il suo compito.

Infographie collabora con tutta la redazione su tutti gli argomenti, dagli esteri all’economia, dalla politica allo sport, oltre che per i supplementi e i numeri speciali. «Spesso siamo noi stessi a proporre dei soggetti che fanno parte del nostro interesse o della nostra competenza giornalistica» aggiunge Pravettoni. «Questo tipo di lavoro richiede più tempo, ed è l’equivalente di un reportage. Si deve parlare con le persone, analizzare le fonti, creare la scaletta e poi, invece che scrivere si inizia a disegnare. Questi sono i progetti che ci stimolano di più, e sono quelli che ci fanno rimanere qui nonostante il ritmo sia molto intenso» conclude sorridendo.

Una volta che la carta è pronta va passata al vaglio del fact checking e dell’editing, per verificare il linguaggio grafico e le parti di testo come le legende. Tutto il processo può richiedere dalle poche ore, in caso di semplici carte di localizzazione, fino a qualche giorno se si tratta di carte analitiche più complesse.

Carte come notizie

Nel corso della storia umana le carte geografiche hanno giocato un ruolo importante nei processi di conquista, colonizzazione e in situazioni di conflitto. Spesso i Paesi con una più forte tradizione cartografica sono anche quelli che si sono trovati in posizioni dominanti sullo scenario geopolitico. Ciò non toglie che le carte geografiche possano anche essere inestimabili strumenti di conoscenza e di narrazione dei territori e dei fenomeni che li attraversano.

Se spesso in ambito giornalistico le carte sono state usate solo a corredo di pezzi scritti, Le Monde negli ultimi anni ha scelto di fare un passo avanti e oggi alcune delle carte prodotte dall’Infographique vengono presentate da sole, senza un articolo che le accompagni. «Nell’edizione del week-end ci sono sempre quattro pagine che trattano argomenti di geopolitica, e almeno una di queste pagine è interamente dedicata alla cartografia» spiega Fattori.

Proprio come farebbe un articolo o un reportage, le carte raccontano storie e danno notizie. E proprio come per ogni notizia che si rispetti c’è bisogno di un’attenta riflessione sul taglio e sulle fonti che vengono utilizzate. «Siamo perfettamente coscienti del fatto che una carta, come qualsiasi altra rappresentazione grafica, non rispecchia esattamente la realtà così com’è ma è frutto di precise scelte» spiega Fattori. Si pensa sempre che quando una cosa è disegnata su una mappa è per forza vera, ma proprio come fa il giornalista che scrive e decide quale parte della storia raccontare, anche il cartografo seleziona ciò che vuole mostrare. «La differenza è che quando scrivi, pur dovendo stare nel limite dei caratteri, hai più libertà di dare delle sfumature a ciò che vuoi dire, usando ad esempio gli avverbi. Nel caso della carta geografica invece il testo è limitato a poche parole e i colori e i simboli vanno scelti con cura, mai perdendo di vista il preciso messaggio che mandano».

Nel caso delle mappe, un altro fattore che incide è quello della proiezione, dal momento che rappresentano su due dimensioni qualcosa che nella realtà è in tre. In base al tipo di rappresentazione che si sceglie le proporzioni saranno diverse: è il caso della visione di Mercatore che distorce il planisfero facendo apparire l’Africa molto più piccola di quello che è in realtà rispetto all’Europa, mentre la proiezione di Peters mostra un continente Africano molto più esteso.

«Attualmente nei Paesi dell’Unione Africana si discute la possibilità di cambiare la rappresentazione che si usa comunemente, perché offre una visione ancora coloniale» dice Fattori. «Anche noi ogni volta che facciamo una carta dobbiamo porci queste domande e sapere che le nostre scelte avranno un effetto. La grande sfida oggi ci viene posta dalla velocità dell’informazione che non sempre ci consente di prenderci il tempo per riflettere su questi aspetti; siamo costantemente alla ricerca di un equilibrio tra rendere un buon servizio ai nostri lettori, mantenendo qualità e rigore, e rispettare le tempistiche».

Un altro degli elementi che va tenuto in conto per la creazione di una carta è quello estetico. «Dicendo estetica sembra di parlare di qualcosa di superficiale, ma in realtà il tipo di rappresentazione, i colori che vengono scelti e l’equilibrio tra il testo e la grafica sono molto importanti. Puoi avere il contenuto più preciso e rigoroso del mondo ma se non è accattivante i lettori non ci si soffermano e il lavoro diventa inutile».

Per Fattori il rischio, soprattutto con le tecnologie più recenti, è che l’aspetto estetico prenda il sopravvento sul contenuto. «A volte capita di chiedersi se quell’effetto che è stato utilizzato serva davvero a far passare il messaggio o invece sia stato scelto solo perché è bello» racconta. «Oggi i software di cartografia sono sempre più performanti e permettono delle sottigliezze grafiche che prima non esistevano».

Semplificare senza rendere semplicistico 

Quando le si chiede perché integrare la cartografia al giornalismo è una buona idea Francesca Fattori non ha dubbi. «Le carte sono fondamentali perché riescono a ridurre la complessità del mondo, pur mantenendo profondità di analisi. In francese si dice la cartographie simplifie la complexité sans être simplificatrice; insomma, la carta è un supporto leggibile rapidamente, che riesce a catturare l’occhio e che permette di mostrare le stratificazioni e le diverse connessioni tra fenomeni. Se ad esempio si vogliono rappresentare le violenze nel Sahel, su una carta si può mostrare in modo semplice se è un fenomeno che si verifica in zone in cui ci sono attori stranieri, o nelle quali l’agricoltura è stata danneggiata dal cambiamento climatico».

Un altro vantaggio della rappresentazione cartografica è la possibilità di rappresentare ciò che con un testo scritto richiederebbe molto più spazio e molta più difficoltà di comprensione per chi legge. Ci sono poi quei fenomeni che secondo Fattori è impossibile poter comprendere appieno senza una carta, come le questioni migratorie o le dinamiche dei conflitti. Talvolta le rappresentazioni cartografiche possono anche diventare il punto di partenza per andare a cercare delle storie perché mettono in evidenza fenomeni o anomalie che altrimenti non si sarebbero notati.

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