Giustizie penale: la conclusione delle indagini preliminari 

di Arianna Filisetti

La chiusura delle indagini preliminari costituisce il momento nel quale il Pubblico Ministero deve optare per l’esercizio dell’azione penale oppure per la richiesta di archiviazione. Si tratta di determinazioni necessitate ed alternative tra loro. 

L’esercizio dell’azione penale segna il passaggio dalla fase procedimentale a quella processuale vera e propria, con la conseguente assunzione della qualità di imputato in capo alla persona sottoposta alle indagini.

L’opzione tra agire (formulando l’imputazione) o arrestare il procedimento (richiedendo l’archiviazione) è coltivata all’esito delle indagini preliminari che, fatte salve eventuali proroghe a norma dell’art. 406 c.p.p., devono essere ultimate nei termini fissati dagli artt. 405-407 c.p.p.

Cosa significa esercitare l’azione penale e quando viene esercitata? 

Il Pubblico Ministero esercita l’azione penale nelle ipotesi in cui non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione e, dunque, quando nel corso delle indagini preliminari siano stati raccolti sufficienti prove per sostenere la colpevolezza della persona sottoposta alle indagini in fase di giudizio. In particolare, esercitando l’azione penale il Pubblico Ministero richiede i) il rinvio a giudizio; ii) l’applicazione della pena c.d. patteggiata; iii) il giudizio direttissimo; iv) il giudizio immediato; v) il decreto penale di condanna; v) la sospensione del 

Quando il Pubblico Ministero richiede l’archiviazione del procedimento?

Il Pubblico Ministero, quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca, formula la richiesta di archiviazione.

Vi sono ulteriori ipotesi in cui il PM può richiedere l’archiviazione del caso: i) quando risulta che manca una condizione di procedibilità (es. manca la querela nel caso di reato procedibili a querela); ii) la persona sottoposta alle indagini non è punibile ai sensi dell’articolo 131bis del codice penale per particolare tenuità del fatto; iii) il reato è estinto; iv) il fatto non è previsto dalla legge come reato. 

La valutazione richiesta al Pubblico Ministero nel valutare l’archiviazione di un caso, dunque, con la Riforma Cartabia è diventata sempre più affine a quella che opera il Giudice quando emette una sentenza di condanna (in questo caso il criterio è quello della colpevolezza “al di là di ogni ragionevole dubbio”).

L’archiviazione ha la specifica funzione di tutelare l’efficienza del processo, evitando che arrivino a giudizio i procedimenti che ragionevolmente non si concluderanno con una sentenza di condanna. L’idea è di alleggerire la macchina giudiziaria che negli anni si è appesantita alquanto.

Come funziona il procedimento di archiviazione?

La richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero deve necessariamente essere valutata dal Giudice.

Alla persona offesa, invece, è attribuita la facoltà di opporsi. Quest’ultima viene a conoscenza della richiesta di archiviazione nelle sole ipotesi in cui, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia esplicitamente dichiarato di voler essere informata in tal senso. Dal momento in cui viene informata, decorre il termine di 20 giorni per chiedere copia del fascicolo e presentare opposizione.

Con l’opposizione la persona offesa chiede la prosecuzione delle indagini e deve necessariamente indicare, a pena di inammissibilità, l’oggetto dell’investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova. 

Se l’opposizione è inammissibile e la notizia di reato è infondata, il giudice dispone l’archiviazione con decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero.

Sulla richiesta di archiviazione sulla quale non vi è stata opposizione, il Giudice decide de plano e, nel caso di accoglimento, pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al Pubblico Ministero.

Se non accoglie la richiesta, il Giudice entro tre mesi fissa la data dell’udienza in camera di consiglio. 

In udienza, nel contraddittorio delle parti, il Giudice può pronunciare tre diversi provvedimenti: i) può non accoglierla, allo stato, indicando con ordinanza al PM di effettuare ulteriori indagini, riservandosi di decidere al loro esito; ii) può non accogliere la richiesta di archiviazione in via definitiva, rigettandola e disponendo con ordinanza che il PM formuli l’imputazione c.d. coatta; iii) il Giudice emette ordinanza di archiviazione se al termine del contraddittorio ritiene che sussistano i presupposti per confermare la richiesta del Pubblico Ministero.

L’archiviazione disposta dal Giudice non ha un’efficacia preclusiva sostanziale. Infatti il PM, se sopravvengono esigenze di nuove investigazioni, può chiedere al Giudice la riapertura delle indagini.

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