A cura di: Federico Riboldi e Tommaso Tedeschi
Il Codice di Procedura Penale, oltre a disciplinare le diverse tipologie di mezzi di prova (che costituiscono oggetto di specifica trattazione in altra sezione del toolkit) regolamenta alcune delle modalità tipicamente utilizzate per la ricerca e l’acquisizione delle prove, dettando regole di natura procedurale che, nell’ambito di attività svolte a sorpresa e senza la garanzia del contraddittorio, istituiscono limiti e regole all’attività di ricerca.
In sostanza, volendo tracciare una distinzione di massima, i mezzi di provarappresentano lo strumento – acquisito nel contraddittorio tra le parti (si pensi all’esame del testimone nel dibattimento che prevede domande di tutte le parti processuali attraverso la cd. cross examination) – utilizzato dal giudice ai fini della decisione; i mezzi di ricerca della prova, invece, sono attività normalmente svolte nel corso delle indagini preliminari dall’Autorità Giudiziaria o dalla Polizia Giudiziaria, che consentono di acquisire elementi eventualmente utilizzabili, in seguito, quali prove (si pensi, ad esempio, al sequestro di un computer, all’interno del quale possono rinvenirsi documenti utili ai fini probatori).
Il codice di procedura penale disciplina quattro mezzi di ricerca della prova “tipici” (ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni), ma la prassi investigativa conosce anche mezzi di ricerca “atipici”, in quanto privi di specifica regolamentazione (si pensi ai pedinamenti, alla collocazione di un gps su un’autovettura per tracciarne la posizione, etc.), che vengono considerati legittimi dalla giurisprudenza, purché rispettosi dei diritti fondamentali.
La disciplina delle ispezioni, perquisizioni, sequestri ed intercettazioni ha come riferimento costituzionale gli artt. 13,14 e 15 della Costituzione che sanciscono l’inviolabilità rispettivamente della libertà personale, del domicilio e della libertà nonché della segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione. Le norme costituzionali richiamate sanciscono che l’intrusione nella sfera delle libertà del singolo è coperta dalla riserva di legge, – che rimette al Legislatore l’individuazione tassativa dei casi in cui essa è consentita – e dalla riserva di giurisdizione, che attribuisce all’autorità giudiziaria, salvo i casi eccezionali di necessità ed urgenza, il potere di adottare provvedimenti invasivi o limitativi.
Da qui, dunque, consegue la disciplina di dettaglio contenuta nel codice di procedura penale.
LE ISPEZIONI
Le ispezioni, disciplinate dagli artt. 244, 245 e 246 c.p.p., consistono in attività visive con finalità descrittive, volte a rilevare tracce e altri effetti materiali del reato, che siano presenti su cose, luoghi o persone.
L’attività ispettiva è, in sostanza, finalizzata a ricontrare la presenza di impronte, macchie o altri effetti prodottisi in conseguenza del reato (si pensi a ferite, effrazioni, spostamenti di oggetti, etc.) o, comunque, a descrivere quale sia lo stato attuale di un oggetto, di un luogo o di una persona (perché anche l’assenza di una traccia o la sua scomparsa può rappresentare un dato valutabile da un punto di vista probatorio), ove possibile indicando quello preesistente (poiché, al di là della traccia in sé, l’esistenza di differenze tra il “prima” e il “dopo” può avere significato probatorio).
Nell’ambito delle ispezioni rientrano anche i rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e le operazioni tecniche su sistemi informatici e telematici. Proprio l’ispezione informatica ha assunto, nel corso degli anni, una rilevanza sempre maggiore nell’ambito delle attività d’indagine e, più in generale, l’evoluzione tecnico-scientifica ha portato a sviluppare attività – riconducibili alla nozione d’ispezione – sempre più sofisticate (si pensi, ad esempio, alle ricostruzioni in 3D di determinate scene, all’utilizzo di scanner in luogo dei rilievi topografici classici, etc.). Da questo punto di vista la normativa contenuta nel codice di procedura penale risulta non del tutto adeguata a disciplinare quel tipo di attività. Va inoltre considerato che l’ispezione è un’attività che, in alcuni casi, risulta affine ad altri mezzi di ricerca (in particolare alle perquisizioni e sequestri). Distinguere tra le diverse attività d’indagine, dunque, è rilevante al fine d’individuare la disciplina in concreto applicabile (anche con riguardo alle garanzie difensive previste dal codice di procedura penale).
In ogni caso, quale forma di garanzia, peraltro comune a tutti i mezzi di ricerca della prova, è previsto che, per poter procedere ad ispezione, venga emesso un decreto motivato dell’Autorità Giudiziaria (di regola il P.M., che può delegare l’effettuazione dell’atto alla Polizia Giudiziaria).
Che differenza c’è tra ispezione e perquisizione?
l’ispezione è un’attività che si esaurisce nella descrizione e rilevazione di dati oggettivi, mentre la perquisizione è un’attività di ricerca preordinata all’apprensione mediante sequestro dell’entità materiale ricercata (corpo del reato o cosa ad esso pertinente).
Le ispezioni personali come sono disciplinate?
Considerata l’incidenza con la sfera della libertà personale e i principi costituzionali più sopra richiamati, il codice di procedura penale prevede che prima di procedere ad ispezione personale l’interessato sia avvisato della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia (purché prontamente reperibile). Inoltre, l’art. 245 c.p.p. prescrive che l’ispezione sia eseguita nel rispetto della dignità e, nei limiti del possibile, del pudore chi vi è sottoposto.
Le ispezioni di luoghi e cose come sono disciplinate?
La norma prevede la consegna del decreto motivato dell’Autorità Giudiziaria (sempre nel rispetto della disciplina costituzionale) che dispone l’ispezione all’imputato (o indagato) e in ogni caso a chi ha la disponibilità del luogo o della cosa da ispezionare. E’ inoltre previsto che, nel procedere a ispezione, si possa imporre alle persone presenti di non allontanarsi prima della conclusione delle operazioni.
Il difensore che facoltà può esercitare in relazione ad attività ispettive?
Quando l’attività ispettiva richieda la presenza della persona indagata, il codice prevede che il difensore sia preventivamente avvisato (salvo che non vi sia il pericolo di dispersione o alterazione delle tracce del reato che impongano d’intervenire con urgenza) e possa partecipare all’atto.
Va poi considerato che i difensori, nell’ambito delle prerogative riconosciute loro dalla disciplina delle investigazioni difensive (artt. 391 bis e ss. c.p.p.), hanno la possibilità di svolgere attività in qualche misura equiparabili alle ispezioni di luoghi e cose (stilando un verbale che dà conto delle attività svolte, tra cui anche eventuali rilievi tecnici, grafici, fotografici, etc.). Ovviamente, non avendo i poteri concessi all’Autorità Giudiziaria, i difensori, allorché sia necessario accedere a luoghi privati o non aperti al pubblico e non vi sia il consenso di chi ne ha la disponibilità, possono chiedere al giudice di autorizzare l’accesso.
LE PERQUISIZIONI
Come anticipato, le perquisizioni, disciplinate dagli artt. 247 e ss. c.p.p., sono uno strumento finalizzato all’apprensione di una cosa o, anche, all’arresto di un imputato o dell’evaso.
Analogamente alle ispezioni, la perquisizione può avere ad oggetto luoghi o persone e richiede, per essere eseguita, un decreto motivato dell’Autorità Giudiziaria (che può procedere personalmente o delegandola ad ufficiali di Polizia Giudiziaria), nel quale vanno indicati i “fondati motivi” che la giustificano. E’ prevista, peraltro, anche la possibilità di perquisizioni svolte d’iniziativa dalla Polizia Giudiziaria (che devono essere successivamente convalidate dall’Autorità Giudiziaria), in situazioni eccezionali (in caso di flagranza di reato o di evasione o in occasione dell’esecuzione di fermi, ordinanze di custodia cautelare, ordini di carcerazione) o sulla base di disposizioni contenute in norme speciali (in materia di armi, droga, criminalità mafiosa, immigrazione clandestina, etc.).
Quali garanzie sono previste in caso di perquisizione?
Le attività di perquisizione prevedono una serie di garanzie. Per quanto riguarda le perquisizioni personali, che possono essere disposte solo quando si ha fondato sospetto di ritenere che sulla persona siano occultate cose o tracce pertinenti al reato, valgono le medesime regole previste per l’ispezione, relative al diritto di farsi assistere da persona di fiducia così come quelle sul rispetto della dignità personale. Inoltre, anche per le perquisizioni, è previsto che il difensore sia avvisato e possa partecipare allo svolgimento dell’atto.
Per quanto riguarda, invece, le perquisizioni locali o domiciliari, oltre alla consegna del decreto motivato all’imputato che sia presente (da cui si può ricavare la ragione della perquisizione e, dunque, anche la contestazione che la giustifica) o, in sua assenza, a un congiunto, a persona coabitante, etc., è sempre prevista la possibilità di farsi assistere da persone di fiducia.
Un regime particolare di garanzia è istituito per perquisizioni presso il domicilio, che non possono iniziarsi prima delle ore 7.00 e dopo le ore 20.00, salvo contraria disposizione scritta dell’A.G. nei casi di urgenza.
Come viene documentata l’attività di perquisizione?
Le attività di perquisizione vengono descritte all’interno di un verbale che viene sottoscritto da tutte le parti presenti all’atto, all’interno del quale si fa riferimento sia alle modalità di svolgimento dell’atto sia ai relativi esiti.
Quali possono essere gli esiti delle perquisizioni?
Le perquisizioni possono avere esito positivo, allorché viene rinvenuto il corpo del reato o cose ad esso pertinenti. In tal caso alla perquisizione fa seguito il sequestro (di cui si dirà nel successivo paragrafo).
Ove, invece, la perquisizione abbia esito negativo, l’attività si conclude con la semplice verbalizzazione dell’attività svolta.
Sono previste disposizioni particolari per le perquisizioni informatiche?
Vista la diffusività che i sistemi informatici hanno assunto e la circostanza che all’interno degli stessi transitano dati di ogni tipo, il legislatore ha ritenuto opportuno dettare una disposizione ad hoc in tema di perquisizione informatica.
In particolare, è previsto che, nella flagranza del reato o quando si deve procedere all’esecuzione di misure restrittive della libertà personale, sempre che ricorrano le ulteriori condizioni di legge, gli ufficiali di polizia giudiziaria adottando misure tecniche dirette a alla conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione, procedono alla perquisizione di sistemi informatici e telematici, quando hanno fondato motivo di ritenere che in questi si trovino occultati dati, informazioni, programmi informatici o tracce pertinenti al reato che potrebbero essere cancellati o dispersi.
Come si dirà meglio in seguito, trattando il tema dei sequestri, le attività di cd. perquisizione informatica devono essere rispettose del principio di proporzionalità e non possono avere carattere meramente esplorativo.
Le perquisizioni possono essere impugnate?
Quando la perquisizione sfoci in un sequestro, il codice di procedura penale prevede strumenti per contestare detto provvedimento (di cui si dirà nel paragrafo successivo).
Con una recente modifica al codice di procedura penale, inoltre, si è prevista la possibilità, allorché alla perquisizione non sia seguito alcun sequestro, di proporre un’opposizione, da parte dell’indagato e del soggetto perquisito (se diverso dal primo), allorché si ritenga che l’atto sia stato disposto fuori dai casi previsti dalla legge.Va inoltre considerato che il codice penale (art. 609 c.p.) prevede una specifica ipotesi di reato per i casi in cui i pubblici ufficiali svolgano perquisizioni (e anche ispezioni) arbitrariamente, abusando dei poteri inerenti alle proprie funzioni. Si tratta di un’ipotesi del tutto residuale che ricorre solo quando la perquisizione (o l’ispezione) sia svolta in totale assenza dei requisiti necessari al compimento dell’atto o con modalità che fuoriescano totalmente da quelle ordinarie di esplicazione del pubblico potere, tali da connotare la condotta del deliberato proposito di eccedere le proprie attribuzioni per finalità diverse da q
Cosa accade se la perquisizione è stata disposta o eseguita illegittimamente?
L’ordinamento processuale prevede, in caso di perquisizione disposta illegittimamente, una nullità derivata per gli atti che ne sono conseguiti. In sostanza, secondo la formula latina “male captum bene retentum”, il sequestro effettuato sulla base di una perquisizione svolta fuori dai casi consentiti dalla legge va annullato.
Il sequestro probatorio
Il sequestro probatorio – che si distingue dal sequestro preventivo (quest’ultimo volto a evitare che la disponibilità del bene consenta la reiterazione del reato o ne aggravi le conseguenze oppure finalizzato ad anticipare cautelarmente la confisca) e dal sequestro conservativo (che viene disposto a garanzia degli eventuali risarcimenti e delle obbligazioni civili) – è lo strumento attraverso il quale vengono coattivamente appresi il corpo del reato (vale a dire la cosa su cui o mediante cui il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo) o le cose ad esse pertinenti.
Il sequestro, che determina lo spossessamento coattivo della res e la creazione di un vincolo d’indisponibilità, viene disposto dall’Autorità Giudiziaria mediante provvedimento motivato, che deve indicare le finalità probatorie perseguite. Eccezionalmente è prevista la possibilità di sequestri effettuati d’iniziativa da parte della Polizia Giudiziaria, quando vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi si alterino o si disperdano o comunque si modifichino e il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente, ovvero non ha ancora assunto la direzione delle indagini. In ogni caso è previsto che il sequestro venga successivamente (e in tempi stretti) convalidato dal Pubblico Ministero.
Cosa può essere oggetto di sequestro probatorio?
Come detto, il codice rimanda, per l’individuazione di ciò che è sequestrabile, alla nozione di corpo del reato e di cosa ad esso pertinente. In teoria, dunque, qualsiasi oggetto, documento, corrispondenza, etc. può essere sequestrata.
Tuttavia, sono dettate disposizioni specifiche con riguardo alla corrispondenza, ai dati informatici e ai sequestri presso banche.
Come è disciplinato il sequestro di corrispondenza?
Per quanto attiene alla corrispondenza, le previsioni contenute nel codice sono giustificate dalla particolare natura del dell’oggetto del sequestro, che attiene alla sfera della riservatezza personale (costituzionalmente tutelata). In particolare, il sequestro di corrispondenza, definizione nel cui ambito rientrano “lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi e altri oggetti di corrispondenza, anche se inoltrati per via telematica”, è consentito solo quando l’autorità giudiziaria ritenga, fondatamente (non sono consentiti, dunque, sequestri meramente esplorativi), che la corrispondenza abbia pertinenza col reato e abbia l’imputato come mittente o destinatario. Inoltre, l’ufficiale di Polizia Giudiziaria che esegue il sequestro non può procedere all’apertura della corrispondenza, dal momento che gli oggetti sequestrati vanno consegnati integri all’autorità giudiziaria. E’ inoltre previsto, nel caso di sequestro disposto illegittimamente, l’immediata restituzione della corrispondenza e la sua inutilizzabilità.
Come è disciplinato il sequestro di dati informatici?
Il sequestro di dati informatici, che rappresenta, nell’ambito della ricerca delle prove, uno strumento sempre più rilevante avuto riguardo al processo di costante informatizzazione di ogni attività, da un lato è oggetto di una disciplina specifica, dall’altro è sottoposto a dei limiti individuati dalla giurisprudenza.
Innanzitutto, sono dettate disposizioni volte ad assicurare, allorché il sequestro venga eseguito presso i fornitori di servizi informatici, telematici o di telecomunicazioni, la conformità tra i dati acquisiti, compresi quelli di traffico o di ubicazione, e quelli originali, con la previsione per i providers di conservare gli originali.
In secondo luogo, la giurisprudenza della Cassazione ha posto dei limiti a sequestri meramente esplorativi attraverso i quali si tenda ad acquisire una massa indistinta di dati, per violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza. E’ dunque necessario, allorché si proceda al sequestro di dati informatici, indicare la selezione di quanto si intende apprendere e, comunque, precisare i criteri di selezione. Si tratta di una garanzia essenziale, ove si consideri che, normalmente, all’interno di computers, smartphones e altri dispositivi sono contenuti dati di diversa natura, spesso afferenti alla sfera personale del proprietario/utilizzatore, che non v’è ragione vengano conosciuti dall’Autorità Giudiziaria.
Il tema – su cui si tornerà nel focus relativo alle indagini rivolte nei confronti dei giornalisti – si è posto anche con specifico riguardo all’attività giornalistica, avuto riguardo al tema della tutela del segreto professionale.
Come è disciplinato il sequestro di documentazione bancaria?
Il codice di procedura penale detta una disciplina specifica anche con riguardo al sequestro presso banche, prevedendo la possibilità di acquisire, presso le stesse, documenti, titoli, valori, somme depositate in conto corrente, anche se contenute in cassette di sicurezza, quando si abbia fondato motivo di ritenere siano pertinenti al reato, anche se non appartenenti all’imputato
E’ possibile procedere a sequestro per acquisire informazioni coperte da segreto?
L’art. 256 c.p.p. regolamenta l’ipotesi in cui la richiesta di acquisire documenti o atti sia rivolta nei confronti di soggetti che possano opporre il segreto in ragione della propria qualifica (segreto professionale e segreto d’ufficio).
In sostanza, i destinatari del provvedimento di sequestro sono obbligati a consegnare i documenti o gli atti richiesti, salvo che dichiarino per iscritto che si tratti di segreti di Stato ovvero di segreto inerente al loro ufficio o professione. L’opposizione del segreto può essere superata allorché l’Autorità Giudiziaria accerti l’infondatezza dei presupposti per opporre il segreto e non possa procedere in assenza di quei documenti/atti.
Nel caso del segreto di Stato, ove la Presidenza del Consiglio dei Ministri ne confermi la sussistenza e la prova da acquisire mediante sequestro sia essenziale, il giudice dichiara non doversi procedere per l’esistenza di un segreto di Stato (ipotesi verificatasi nella storia giudiziaria italiana, ad esempio nel caso relativo al rapimento Abu Omar).
Che rimedi sono esperibili nei confronti di un sequestro?
L’ordinamento processuale prevede sia la possibilità di chiedere la restituzione delle cose sequestrate, allorché siano venute meno le ragioni probatorie che avevano giustificato il provvedimento, sia la possibilità d’impugnare, con richiesta di riesame, il provvedimento di sequestro avanti al Tribunale, contestandone la legittimità e, ulteriormente, di ricorrere in cassazione (impugnazioni che non hanno effetto sospensivo).
In caso di sequestro è possibile ottenere copia di quanto sequestrato?
Quando il sequestro riguardi documenti, l’autorità giudiziaria può sia estrarne copia restituendo gli originali si autorizzare al rilascio gratuito di copia autentica a coloro che li detenevano legittimamente.
Qual è la durata del sequestro probatorio?
Di regola il vincolo del sequestro probatorio può essere mantenuto fino a quando sussistono le esigenze investigative.
Venute meno le finalità probatorie, la restituzione delle cose sequestrate può essere disposta dal giudice con ordinanza o, se sono ancora in corso le indagini preliminari, dal pubblico ministero con decreto motivato.
In ogni caso, quando viene pronunciata sentenza irrevocabile le cose sequestrate a fini probatori devono essere restituite agli aventi diritto, salvo che ne sia ordinata la confisca.
LE INTERCETTAZIONI DI CONVERSAZIONI E COMUNICAZIONI.
Le intercettazioni rappresentano il mezzo di ricerca della prova più diffuso, utilizzato in moltissime indagini.
Le intercettazioni possono riguardare conversazioni che intercorrono tra gli interlocutori telefonicamente oppure in presenza (le cd. intercettazioni ambientali) e sono caratterizzate dal fatto che la captazione viene effettuata nel momento in cui la conversazione si tiene all’insaputa degli interlocutori.
Oltre alle intercettazioni di conversazioni, sono previste anche quelle relative a flussi di comunicazioni relativi a sistemi informatici o telematici oppure intercorrenti tra più sistemi.
L’attività d’intercettazione è sottoposta ad una serie di limiti, che derivano dalla necessità di tutelare la sfera di riservatezza, e ad una disciplina molto articolata, finalizzata a garantire la genuinità dei dati acquisiti, a selezionare le comunicazioni rilevanti eliminando quelle irrilevanti, nonché ad evitare indebite diffusioni dei contenuti.Le intercettazioni telefoniche possono essere effettuate solo in forza di un provvedimento autorizzativo di un giudice (il GIP) che ne dispone l’effettuazione in relazione a utenze, luoghi o sistemi informatici individuati e per periodi di tempo prefissati (con la possibilità di proroghe che devono essere sempre motivate). Solo eccezionalmente e per ragioni d’urgenza è possibile che l’intercettazione venga disposta dal PM. In tali casi, tuttavia, è sempre richiesta una successiva convalida del giudice che deve verificare non solo la originaria ricorrenza dei presupposti per dar corso all’intercettazione, ma anche la sussistenza dell’urgenza che ha determinato la deroga al procedimento ordinario.
Le intercettazioni possono essere disposte in qualsiasi procedimento?
No, poiché il Legislatore ha individuato la possibilità di ricorrere a questo mezzo di ricerca della prova solo per i reati che siano puniti con pene superiori a determinati limiti o in relazione ad alcuni reati specificamente indicati.
Inoltre, va considerato, in termini generali, che l’intercettazione può essere disposta solo quando vi siano gravi indizi di reato e l’intercettazione risulti assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini (in teoria, quando la prova può essere acquisita in altro modo, dunque, non si dovrebbe ricorrere all’intercettazione).
Le intercettazioni ambientali possono essere effettuate negli stessi casi in cui si possono effettuare quelle telefoniche?
Si, ma quando esse debbono essere svolte nel domicilio (nozione ricostruita dalla giurisprudenza), l’intercettazione ambientale è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che in quel luogo si stia svolgendo l’attività criminosa (per i procedimenti di “mafia” l’intercettazione ambientale è consentita indipendentemente dalla sussistenza di quest’ultimo requisito).
Cosa è il captatore informatico? Quando può essere utilizzato?
Il captatore informatico, in gergo definito anche trojan, è un virus in grado d’insinuarsi all’interno di un sistema informatico/telematico, al fine di estrapolare i dati in esso contenuti o di attivare delle funzionalità che trasformano quel sistema (sia esso all’interno di computers, smartphones o altri devices) in un mezzo per effettuare intercettazioni – anche mediante video – di conversazioni.
L’intercettazione di comunicazioni tra presenti può essere svolta mediante captatore informatico alle medesime condizioni dell’intercettazione classica. Dunque, allorché le conversazioni si svolgono all’interno del domicilio, l’attivazione del captatore è possibile solo se e vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa (per alcune tipologie di reati, considerate di maggiore gravità, tra cui anche i reati contro la P.A. puniti con pene non inferiori ai 5 anni, è consentita l’utilizzo del captatore anche per le conversazioni che avvengano nel domicilio senza necessità di ulteriori presupposti).
Il captatore informatico può essere impiegato senza limiti?
La normativa processuale istituisce dei limiti all’operatività del captatore informatico. In particolare, è previsto che il decreto che ne autorizza l’uso indichi le ragioni che rendono necessaria tale modalità per lo svolgimento delle indagini e, se si procede per delitti diversi da quelli di cui all’ art. 51, co. 3 bis e 3 quater c.p.p., i luoghi e il tempo, anche indirettamente determinati, in relazione ai quali è consentita l’attivazione del microfono.
In sostanza, fatto salvo per le indagini riguardanti reati più gravi, l’utilizzo del captatore deve avvenire con tempistiche predeterminate e in luoghi determinati (per esempio, può essere consentito l’attivazione del captatore allorché il telefono si trovi all’interno di un ufficio, ma escluso allorché si trovi nell’abitazione privata).
L’acquisizione dei tabulati telefonici è soggetta alla medesima disciplina prevista per le intercettazioni?
L’acquisizione dei tabulati, sulla scorta di una normativa di recente introduzione, pur non essendo sottoposta alla medesima disciplina prevista per le intercettazioni, richiede oggi un provvedimento motivato da parte del giudice, nel quale si deve dare atto degli indizi di reità e della rilevanza del dato che s’intende acquisire, non essendo più sufficiente un mero decreto da parte del P.M.. Inoltre, l’acquisizione può essere disposta solo in relazione a determinati reati (quelli puniti con pene non inferiori a 3 anni o per il reato di minaccia grave a mezzo del telefono), entro il termine di conservazione previsto dalla legge.
Come si svolgono le attività d’intercettazione?
Il dettaglio esecutivo delle operazioni è descritto nell’art. 268 c.p.p. che, dopo la recentissima riforma approvato nell’agosto 2024, ha introdotto una serie di previsioni volte a evitare utilizzi indebiti delle intercettazioni.
Oltre alla materiale registrazione delle comunicazioni, che confluiscono su supporti tecnologici, è prevista la redazione di verbali che sintetizzano i contenuti delle intercettazioni da parte della Polizia Giudiziaria (i cd. brogliacci d’ascolto). Rispetto a detti verbali, utilizzati nelle indagini come sintesi delle conversazioni e spesso riversati negli atti (ad esempio nelle ordinanze di custodia cautelare), si è introdotta la previsione di non operare alcuna trascrizione di conversazioni irrilevanti.
E’ previsto, inoltre, che il Pubblico Ministero vigili sulle trascrizioni, affinché nei verbali non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano fatti e circostanze afferenti alla vita privata degli interlocutori, nonché quelle che consentono di identificare soggetti diversi dalle parti salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini.
In sostanza, le novità normative intendono evitare la diffusione di conversazioni irrilevanti, magari legate ad aspetti personali, non di rado comunicate all’esterno e poi pubblicate, con gratuito discredito o coinvolgimento di soggetti estranei all’indagine.
Da un punto di vista operativo, poi, è previsto che le intercettazioni vadano svolte con impianti collocati presso le Procure, salvo il caso d’indisponibilità degli stessi, che autorizza il ricorso a impianti di privati.
Quanto tempo può durare un’intercettazione?
L’intercettazione non può avere una durata superiore ai 15 giorni; tale termine, tuttavia, può essere prorogato dal Giudice per le indagini preliminari con decreto motivato per periodi successivi di 15 giorni, sempre che permangano i presupposti previsti dalla legge.
Per alcuni reati di particolare gravità (come i delitti di criminalità organizzata), le durate possono essere superiori.
Chi può accedere alle intercettazioni?
Dopo il deposito delle intercettazioni, i difensori degli indagati possono prendere visione e procedere all’ascolto delle conversazioni intercettate (o dei flussi telematici captati).
Tale attività è propedeutica alla selezione delle intercettazioni rilevanti (con un vaglio operato avanti al Giudice), con lo stralcio di tutte quelle irrilevanti.
Le trascrizioni selezionate e acquisite al fascicolo vengono trascritte (per il tramite di un’attività svolta in forma peritale)
Le intercettazioni possono essere pubblicate?
L’art. 269 c.p.p. prevede che non sono coperti da segreto solo i verbali e le registrazioni delle comunicazioni e conversazioni acquisite al fascicolo di cui all’articolo 373, comma 5, o comunque utilizzati nel corso delle indagini preliminari.
Inoltre, la nuova disciplina contenuta nell’art. 114 c.p.p., stabilisce che è sempre vietata la pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni se non è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento.
In sostanza, dunque, le intercettazioni telefoniche sono coperte da segreto a meno che non siano state utilizzate nel corso delle indagini e comunque sono soggette ad un divieto di pubblicazione assoluto (anche il solo estratto) se non siano state riprodotte dal giudice in un proprio provvedimento oppure utilizzate durante il processo (non dunque nella fase delle indagini).
LE GARANZIE DEL DIFENSORE RISPETTO AD ATTIVITA’ DI RICERCA DELLA PROVA
Il codice di procedura penale, al fine di tutelare Il diritto di difesa costituzionalmente riconosciuto all’art. 24 Cost., ha previsto specifiche disposizioni, allorché le attività volte alla ricerca della prova possano interferire con il libero esercizio del mandato difensivo.
In particolare, l’art. 103 c.p.p. contiene maggiori garanzie a tutela dei difensori (e dei loro assistiti) ogniqualvolta nei loro confronti sia disposta un’ispezione, una perquisizione, un sequestro o l’intercettazione attenga a conversazioni tra difensore e proprio assistito. Ciò in ragione del carattere intrusivo di tali atti e della loro idoneità a interferire con la riservatezza che deve caratterizzare il rapporto tra difensore e assistito (presidiato, per altro verso, dalle norme sul segreto professionale).
E’ previsto, così, che:
– nei confronti di difensori, consulenti tecnici, investigatori non si può procedere a sequestro di carte o documenti inerenti all’oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato;
– è vietato il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza tra l’indagato/imputato e il proprio difensore nonché di ogni ulteriore forma di comunicazione;
– l’ispezione e la perquisizione negli uffici dei difensori sono consentite solo quando essi sono indagati/imputati, limitatamente ai fini dell’accertamento del reato loro attribuito, ovvero per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato;
– prima di procedere a un’ispezione, una perquisizione o un sequestro nell’ufficio del difensore, l’autorità giudiziaria deve avvisare il consiglio dell’ordine forense affinché il presidente o un consigliere dallo stesso delegato possa assistere alle operazioni;
– alle attività di ispezione, perquisizione, sequestro deve partecipare personalmente il giudice o il pubblico ministero procedente;
– è vietata ogni intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, consulenti tecnici e investigatori quando hanno ad oggetto fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio o della loro professione. Questa guarentigia è stata ulteriormente rafforzata da una recente riforma che ha previsto l’obbligo, per l’autorità giudiziaria o gli organi ausiliari delegati, d’interrompere immediatamente le operazioni di intercettazione quando risulta che la conversazione o la comunicazione rientra tra quelle vietate (e, dunque, tutte le volte che intercorra una conversazione tra l’indagato/imputato e il proprio assistito).