Tabloid numero 7 (2024)

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Nel biennio 2022-2024 sono state registrate 250 segnalazioni di minacce e intimidazioni nei confronti dei media italiani, in aumento rispetto alle 74 del biennio precedente (a pagina 16). Un quarto di esse proviene da pubblici ufficiali o membri del governo. È un cambio di passo, un salto di scala nell’eterno confronto tra libera informazione e poteri pubblici. Forse fatichiamo a vederlo. Siamo pronti e concordi nel condannare la censura a una nostra (brava) giornalista (a pagina 7) se a farlo è uno Stato straniero che giustamente definiamo regime, marciamo divisi e discordi, nella nostra stessa categoria, quando a essere minacciati o censurati sono colleghi di casa nostra. Siamo coraggiosi o inerti a fasi alterne. Il rischio è quello della rana che finì bollita per non essersi accorta che qualcuno alzava un grado alla volta la temperatura in cui l’aveva immersa.

È per questo che abbiamo deciso di dedicare la copertina e il corpo centrale di questo numero di Tabloid al tema della libertà di informazione. Non per urlare alla censura (non serve), ma per dirci che la sentiamo quest’acqua. Non è però il caso di limitarci alla diagnosi. Ci sono forme di terapia per la narcosi indotta dal potere, di difesa dalla rassegnazione e dal pessimismo. Ci sono esperienze di giornalismo coraggioso (il caso Backstairs, a pagina 47) e di modelli stranieri a cui ispirarsi (BBC Eye e Al Jazeera international, a pagina 52; Lighthouse, a pagina 99). Ci sono anche questioni da affrontare con più forza al nostro interno, come quella di genere (a pagina 28) e confronti su cosa sia la libera informazione in zone di conflitto (a pagina 104).

 

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