Informazione e misinformazione: cosa ci insegna la guerra in Ucraina

Di Andra Nicastro, Corriere della Sera, presidente dell’associazione Walter Tobagi 

Questo testo è la trascrizione di una masterclass tenuta all’università di Catania da Andrea Nicastro, inviato speciale del Corriere della Sera, che sta seguendo la guerra in Ucraina dall’inizio del conflitto. Su questo tema Andrea ha scritto L’Assedio, il romanzo di Mariupol, SolferinoLibri.In questa lezione si analizzano obiettivi e tecniche della narrazione del conflitto operata dalle parti in causa. 
La sintesi (dell’autore): «La Russia minaccia, l’Ucraina fa propaganda, l’Occidente narra ma sempre bufale sono». Una frase che riassume la difficoltà per il lettore di distanziarsi quotidianamente da ciò che viene narrato per cogliere i “fatti” retrostanti al racconto degli stessi. Il conflitto è qui considerato un «caso di studio in vivo» per misurare come si “pesa” una fonte, come si decontamina la narrazione che la fonte ha interesse a diffondere, e soprattutto come, nell’osservare, sia necessario mettersi in guardia nei confronti dei nostri stessi pre-giudizi. Tutto ciò che dovrebbe essere il lavoro dei giornalisti prima ancora che dei lettori. 

Voi state credendo alle notizie sulla guerra ucraina? Quanto ci credete? A chi credete? Alla tv? Ai giornali? Ai social? Italiani? O inglesi? O ucraini? O russi? Se ci credete, in genere, fate male. L’inganno è parte delle strategie militari e tutti sanno che la prima vittima della guerra è la verità. Traduco: i giornalisti che dovrebbero raccontarvela potrebbero essere a loro volta vittime della battaglia sul racconto della verità oppure essere consapevoli complici di chi vuole travisare l’informazione in tempo di guerra perché giornalisti di regime, al servizio di una delle tante parti in conflitto.

Tutto questo è ovvio. C’è qualcuno che si stupisce? Oggi, con voi, voglio andare ed esaminare ciò che sta succedendo all’informazione da quando è cominciata la guerra in Ucraina. Vorrei invitarvi a riflettere sul conflitto come case study in vivo. Interessante perché relativamente nuovo in quanto lo scontro avviene ai tempi dei social media e dei citizen journalist, dei blogger e degli influencer. Mi spiego: la propaganda e l’inganno ci sono sempre stati, solo che oggi usano strumenti nuovi: cellulari, meme, youtube, Telegram, eccetera.

Sepoltura per i morti di Bucha. Nella cittadina di 30.000 abitanti a nord-ovest di Kiev è stato compiuto uno dei massacri più efferati nel conflitto in Ucraina: nel marzo 2022, oltre 1.200 ucraini, in gran parte  civili, sono stati uccisi dalle truppe di occupazione russe. Varie inchieste, come quella pubblicata nel maggio 2022 dal New York Times, hanno fornito prove difficili da smentire sul massacro.
Sepolture per i morti di Bucha. Nella cittadina di 30.000 abitanti a nord-ovest di Kiev è stato compiuto uno dei massacri più efferati nel conflitto in Ucraina: nel marzo 2022, almeno 458 ucraini, in gran parte civili, sono stati uccisi dalle truppe di occupazione russe. Varie inchieste, come quella pubblicata nel maggio 2022 dal New York Times, hanno fornito prove difficili da smentire sul massacro.

Semplificando, questa guerra mi sembra stia mostrando quattro modalità diverse di mistificazione della realtà. Il terreno è complicato perché abbiamo a che fare con strategie di comunicazione costruite da Stati, con budget milionari e tecnologia d’avanguardia. Prima di cominciare mettiamoci d’accordo sulla differenza tra informazione e comunicazione. Entrambe hanno come materia prima le notizie, la trasmissione di dati, foto, video, racconti, testimonianze, storie. 

Il problema dell’informazione è che nessuno sa davvero cos’è vero e cos’è falso, ma l’intenzione di informare è schietta, nell’informare non c’è volontà di ingannare. Per questo ad informare devono esserci esperti in buona fede: sui rischi dell’Etna sono titolati ad informarci gli scienziati, al loro meglio. Sulla guerra dovrebbero esserlo dei giornalisti, degli studiosi di tattiche militari, che seguono procedure di verifica dei fatti e hanno la cultura e la libertà necessaria per distinguere se il racconto degli accadimenti è plausibile o improbabile. La comunicazione, invece, ha solo il problema di essere efficace o meno. Per comunicare bene non è necessario trasmettere informazioni vere. All’interno del grande cesto della comunicazione c’è la pubblicità che sicuramente non ha l’obbiettivo di spiegare se il biscotto è buono e sano, ma solo di venderlo. Accanto alla pubblicità, nello stesso cesto, c’è la propaganda che non vuole spiegare chi ha ragione nella guerra o chi ha davvero compiuto quel determinato atto, ma solo convincere che il nemico ha torto.

In anni recenti siamo arrivati a riconoscere che notizie spacciate per vere non lo erano affatto. Nel frattempo però le guerre che quelle notizie false avevano aiutato ad attizzare hanno già provocato migliaia di morti. È successo per due volte ai danni di Saddam Hussein (e nostri) con le inesistenti incubatrici rovesciate nel 1990 (prima guerra del Golfo) e l’altrettanto fantasmatica antrace del segretario di Stato Colin Powell nel 2003 (seconda Guerra del Golfo o invasione dell’Iraq). E’ successo anche in Afghanistan dove siamo intervenuti, secondo la narrativa prevalente, non per semplice vendetta contro l’attentato delle Torri Gemelle (la vendetta, non è un sentimento che richiama a raccolta masse accondiscendenti, soddisfatte di se stesse), ma siamo andati in Afghanistan per “aiutare le donne afghane prigioniere del burqa”. Abbiamo sparato e speso miliardi per aiutarle, poi quando abbiamo deciso di andarcene, di quelle poverine col burqa non ci è improvvisamente importato più niente.

Va beh… la forza delle narrative.

La mia interpretazione sullo stato di salute dell’informazione in questi 15 mesi di guerra in Ucraina è la seguente: la Russia mette in campo due tecniche comunicative che sono altrettanti assassini della verità: una è destinata al pubblico interno e la seconda al resto del mondo. L’Ucraina invece usa una propaganda più tradizionale, uguale per l’interno e l’estero. Un complesso di tecniche utilizzato per indurre in chi ascolta considerazioni su ciò che sta succedendo favorevoli alle necessità di Kiev. Non importa siano vere o false. E’ sempre successo in tutte le guerre. E’ la classica propaganda. Infine, ed è la quarta modalità di falsificazione della realtà che sottopongo alla vostra attenzione, c’è la narrativa occidentale. L’Occidente, Italia compresa, sta mettendo in campo il grado di mistificazione più sofisticato, dove le notizie sui fatti, in genere, sono disponibili per i cittadini, ma vengono confezionate in modo che la stragrande maggioranza del pubblico le percepisca in modo favorevole alla politica scelta dal governo. Narrativa, non censura o addirittura minaccia, ma sempre controllo e manipolazione dell’opinione pubblica.

Nei manuali del Pentagono ciò che io ho chiamato “narrativa” è definitaPsychological operation. In sostanza significa raccontare panzane miste a verità per (e cito da un manuale di West Point) «indirizzare le emozioni del pubblico, il suo ragionamento razionale e in ultima analisi le decisioni dei governi».

La censura russa e i metodi di Mosca.


Ma partiamo dal caso più semplice da comprendere per noi che è la censura russa sulla guerra in Ucraina.Mosca ha usato due metodi di controllo della verità. Per la propria opinione pubblica, la Russia usa la minaccia: fisica, reale. Risulta efficace per cambiare la verità degli eventi perché fa leva sulla paura. Il 4 marzo, 8 gg dopo l’inizio del conflitto russo-ucraino, una legge federale ha stabilito che la guerra non si potesse chiamare “guerra”, e neppure “offensiva” o “invasione”, ma solo “operazione militare speciale”. Poco dopo è stata emanata una legge per punire chi avesse scritto fake-news con 15 anni di carcere. A decidere cos’è una notizia falsa è il dipartimento Roskomnadzor (l’agenzia governativa preposta al monitoraggio dei mass media). Ciò avviene nonostante sia ancora in vigore l’articolo 29 della Costituzione russa che sancisce la libertà di espressione, è ovvio che la prospettiva di 15 anni di cella abbiano “risvegliato i censori interni dei colleghi russi che consciamente o inconsciamente” da allora “si trattengono dallo scrivere o pubblicare qualcosa che potrebbe metterli nei guai”. Questa è la prima tecnica russa, piuttosto rustica, adatta ad uno Stato di polizia, praticamente dittatoriale. La seconda tecnica di comunicazione russa è rivolta al pubblico straniero. Mosca cerca di creare una “nebbia di guerra” in modo da seminare nelle menti delle persone l’opinione che la verità sia impossibile da individuare e che, in sostanza, di notte tutti i gatti sono neri, cioè in guerra hanno tutti torto.

Il dibattito stesso che si è sviluppato sui social italiani sulle responsabilità russe negli orrori della guerra ucraina è grottesco . Il tentativo di negarle è ridicolo. Eppure ha avuto successo su una larga fetta di pubblico. L’affermazione secondo cui «l’esercito russo non colpisce i civili», non è credibile davanti a decine di migliaia di condomini bombardati . Si qualifica da sé un governo che chiama «operazione militare speciale» l’invasione di uno Stato sovrano, un blocco navale, una campagna missilistica e di bombardamento aereo da migliaia di tonnellate di tritolo; un Paese che intende «denazificare» il vicino quando questi ha un presidente ebreo e una florida comunità giudaica. Queste tesi funzionano con un pubblico che non ha accesso ad altre fonti informative se non quelle statali russe. Eppure, per mesi c’è chi ha seguito, anche qui da noi, questi distinguo capziosi. Gli americani la chiamano: hybrid warfare. Oggi la propaganda russa all’estero conta non solo sui propri “agenti” che mettono in rete notizie false e fuorvianti, ma anche su una nuova “quinta colonna” di collaborazionisti inconsapevoli. Questi “collaborazionisti” siamo tutti noi quando generiamo traffico on line senza leggere e ragionare su quel che ripostiamo, ma ci limitiamo a “vedere” le “notizie”, soffermandoci sul titolo ad effetto o su una foto o un video impattante. Così facendo aiutiamo la hybrid warfare russa che si diffonde tra gruppi di lettura insospettabili. Le tecniche per diffondere all’estero idee favorevoli al Cremlino includono account falsi, immagini manipolate e addirittura i cosiddetti deepfakes che grazie all’intelligenza artificiale mischiano immagini reali sino a creare immagini totalmente nuove mai esistite. Come il papa con il Moncler. Più seriamente si producono documenti contraffatti o video con marchi di tv rispettate come BBC or Al Jazeera.

Secondo l’ultimo report del Centro di monitoraggio della disinformazione sul conflitto Russia-Ucraina di NewsGuard, la maggior parte delle fake news che circolano online negano le atrocità e gli abusi che sarebbero stati compiuti dalla Russia in Ucraina, colpevolizzano gli ucraini stessi o ingigantiscono i successi militari della Russia. Gli analisti hanno rintracciato centinaia di caricamenti di documentari sulla guerra prodotti da RT (testata russa, principale fonte della propaganda del Cremlino), e diffusi da più di 100 canali YouTube. Tra le affermazioni false diffuse da questi film vi sono la teoria secondo cui le autorità ucraine avrebbero commesso un «genocidio» dei russofoni nel Donbass e l’affermazione secondo cui il «nazismo» sarebbe prevalente nella politica e nella società ucraine. Bisogna tenere bene a mente che al Cremlino non importa convincere chi cerca di informarsi e ha altre fonti a disposizione, ma gli è sufficiente creare abbastanza nebbia per chi non vuol vedere, non ha tempo di capire, non ha voglia di informarsi oppure si sente più libero ad andare controcorrente.

La narrazione dalla parte ucraina.

Passiamo all’Ucraina.
Nel marzo 2022, il presidente Zelensky blocca per decreto l’attività e i conti di undici partiti politici con l’accusa di essere filorussi. Nel maggio 2022 questi partiti sono definitivamente banditi. Il più grande è Piattaforma di Opposizione – Per la Vita, che alle elezioni parlamentari del 2019 aveva raccolto poco meno di due milioni di voti ed espresso 43 parlamentari su 450 totali. Era il partito dall’oligarca filorusso Viktor Medvedchuk, amico personale di Putin, che si dice sia il padrino di sua figlia. Però il controllo dell’opposizione politica non basta, Zelensky pone sotto il suo controllo anche l’informazione:
1)               La televisione ucraina è monopolizzata dallo Stato, con un unicoprogramma trasmesso su tutti i canali di notizie centrali, la United Marathon. Chiuse tutte le tv locali e le sedi regionali. Tutte le frequenze trasmettono la stessa cosa.
2)             Un’eccezione viene fatta per i canali Pryamyi, Espresso e Channel 5 associati all’ex presidente Petro Poroshenko, che trasmettono la loro “maratona informativa”. Ma dura appena un mese, ad aprile un decreto presidenziale li costringe a passare alla United Marathon. In più vengono rimossi dal pacchetto di tv digitale più economico del Paese. La loro colpa? ” eccessivo narcisismo” di Poroshenko.
Va notato che Poroshenko, che ha perso contro Zelenskyi nelle elezioni del 2019, è visto come un possibile concorrente dell’attuale presidente.
Prima dell’invasione russa esisteva già una legge che giustificava la chiusura dei media filo russi. Dallo scoppio della guerra le tv vengono chiuse senza alcun procedimento giudiziario, non si cercano neppure le prove per dimostrare l’accusa. “Stiamo cercando di proteggere il nostro marchio, come quello di una nazione onesta e di un popolo per bene che racconta la verità” ha detto a Time magazine il ministro per la trasformazione digitale Mykhailo Fedorov. 

Come si “protegge” il “marchio Ucraina”? Promuovendo ogni notizia vera o falsa che evidenzia i “valori” ucraini e svilisce quelli russi. L’Ucraina ha grande successo in questa operazione. L’unico difetto di un ufficio stampa da manuale è la tendenza ad esagerare. Cosa c’è più grave di strage, massacro o crimine di guerra? Il genocidio. Per qualche settimana Kiev ha battuto sul tasto del genocidio. Il massimo dei massimi in termini di riprovazione. C’è voluto l’intervento irritato di Israele per convincere Kiev ad abbandonare l’uso del vocabolo. Vediamo i principali argomenti della propaganda ucraina, tenendo comunque sempre bene a mente che Kiev è davvero sotto attacco e la Russia è davvero il Paese l’aggressore. Uno dei messaggi ripetuti con più insistenza è che i difensori ucraini sono eroici e i russi crudeli

Ecco alcuni esempi:

1)  Sull’Isola dei Serpenti, proprio nei primi giorni di guerra, i difensori ucraini dell’isola rispondono via radio all’ultimatum della marina russa con un messaggio che diventa virale: “Nave da guerra russa vai a farti fottere”. Poi silenzio radio e i russi annunciano la conquista dell’isola. Ve li ricordate? La stessa sera Zelensky proclama “eroi dell’Ucraina” i doganieri che si sono opposti allo strapotere russo e per questo sono stati sterminati senza pietà sullo scoglio. Ovviamente le smentite russe non sono minimamente prese in considerazione. In pochi giorni compaiono t-shirt, adesivi, meme che glorificano l’estremo sacrificio. L’Isola dei Serpenti diventa l’esempio del fulgido coraggio ucraino. Meglio di Pietro Micca, meglio di difensori di Fort Alamo. Teneteli a mente. Serviranno quando parleremo della narrativa Occidentale.

2)  Altro esempio di mitologico coraggio è il “fantasma di Kiev” che riesce ad abbattere caccia russi a ripetizione. L’aviazione ucraina non dovrebbe volare, ma un misterioso pilota si alza in cielo e fa strage di nemici. E’ la capacità del singolo ucraino, astuto, capace, coraggioso, contro i piloti russi considerati alla stregua dei soldati imperiali di Star Wars, anonimi sotto le loro armature nere, crudeli e capaci di combattere solo come automi senza cervello. Al “fantasma” vengono attribuite vittorie su vittorie anche se si tratta di guasti e colpi della contraerea. Sfortunato quel Paese che ha bisogno di eroi? L’Ucraina ha (o si è inventata) il suo “fantasma”. Altro messaggio su cui insiste la propaganda ucraina è l’incapacità militare di Mosca. I russi sono sempre presentati come disobbedienti, disorganizzati, con armi vecchie come Stalin anche quando, probabilmente non è vero. 

I missili, ad esempio, si è scoperto che l’Ucraina non sapeva intercettare quelli supersonici russi solo quando ha ricevuto la promessa di batterie anti aeree occidentali che potevano fermarli. Prima non venivano mai menzionati.

Un altro esempio eclatante è il rovesciamento della realtà durante la ritirata russa da Kherson del novembre 2022. Gli esperti militari occidentali prevedevano potesse venir compiuta solo in settimane. C’erano da trasferire quasi 40mila fanti, migliaia di blindati e tank, centinaia di cannoni. Le perdite rischiavano di essere ingenti, i combattimenti feroci. Quando però le avanguardie ucraine hanno cominciato ad avanzare guardinghe verso Kherson senza trovare resistenza, la propaganda ucraina si è messa a parlare di soldati russi che annegano mentre attraversano con le barche il grande fiume sotto bombardamento; militari abbandonati dalle loro unità e costretti a travestirsi da civili e occupare gli appartamenti vuoti di Kherson; di una centrale elettrica fatta brillare. Non c’è prova di quanto racconta Kiev, neppure un’immagine di un russo nel fiume, ma quel che conta è il racconto sui soliti russi incapaci di coordinare le loro stesse azioni. La ritirata è stata un grande successo russo, ma a sentire la versione ucraina è stata l’ennesimo caos moscovita.
Altro tema preferito dalla propaganda ucraina è la demolizione dell’immagine del principale avversario: il Presidente russo. La stampa ucraina, una settimana sì e una anche, riporta notizie (e devo mettere le virgolette sulla parola “notizie”) che indicano Putin come paranoico tanto da affidarsi a sosia per paura di attentati. Oppure il presidente nemico è assente dalla scena pubblica perché malato, gonfio, incapacitato da un cancro terminale. L’insistenza sulle debolezze fisiche del leader del Cremlino vogliono convincere la società civile russa ad abbandonare il proprio presidente incapacitato e gli alleati che l’avversario principale è umanamente debole.

Tra il 6 e il 7 giugno ha ceduto la diga Syl Dnipro nelle vicinanze della città di Nova Kakhovka nella regione di Kherson, controllata dall’esercito russo. La piena del fiume ha sommerso la regione circostante e ha compromesso gli ecosistemi della regione. L’ipotesi più probabile è che sia stato un danneggiamento o un cedimento della struttura per cattiva manutenzione. Si calcola che siano almeno 40.000 le persone sfollate.

Come l’Occidente «racconta» la guerra.

Passiamo ora alla narrativa Occidentale o come la chiamano gli americani la psycological warfare. In Occidente non abbiamo censura, non abbiamo minacce, non abbiamo neppure un ufficio governativo di propaganda che dice ai media cosa può o non può scrivere. Eppure la narrazione della guerra è generalmente a senso unico, allineata con la versione ucraina a cui viene dato enorme credito e di certo precedenza acritica. Per come funziona il nostro sistema informativo la prima notizia è quella che si fissa di più e meglio nella coscienza collettiva. Non mancano da noi le notizie contrastanti, anzi direi che non mancano proprio le informazioni, le abbiamo in genere quasi tutte, ma è il rilievo, l’insistenza e la velocità a vincere e a dettare il clima. Ad esempio, sui giornali occidentali la storia degli eroi dell’Isola dei Serpenti è andata in prima pagina e nei tg con grande effetto. Proprio come sperava la propaganda ucraina. Nessuno ha dato peso alle smentite russe. Quelli del “nave da guerra russa vai a farti fottere” sono diventati trendig topic per giorni. Peccato però che settimane dopo siano stati scambiati vivi e vegeti con altrettanti prigionieri russi dopo qualche settimana. In Occidente la notizia è stata correttamente data, ma il titolo del loro eroico sacrificio era in prima pagina, meritandosi servizi e approfondimento sui tg. Il loro rilascio era un articolo piccolo nelle pagine interne e qualche parola dentro ad un servizio tv più generale sulla guerra. Il risultato, ammettetelo, che pochi di voi sapevano com’era andata davvero a finire e hanno continuato  a credere alla epica storia dei piccoli coraggiosi che si oppongono all’acciaio della cannoniera cattiva. 

Anche per noi, i russi sono crudeli. Ad esempio bombardano i civili o sparano sulla folla. Il problema per i russi è che in parte è vero, ma non sempre come noi abbiamo finito per convincerci.
1)  Io lo so perché ero a Mariupol durante l’assedio e lì di case civili ne sono state abbattute in quantità, ma non ovunque è successo così: per mesi si è parlato di scuole bombardate senza specificare che erano chiuse. Durante le manifestazioni di protesta contro l’occupazione russa a Kherson si è reiteratamente parlato di “spari sulla folla” da parte dei militari di Mosca che invece sparavano solo in aria.
2)  A Kherson e Bucha e Irpin si è parlato di camere di tortura e sequestri di civili. Tutte cose vere, ma sapere che i russi cercavano gli ucraini che si opponevano all’occupazione e davano informazioni alle forze di Kiev per i bombardamenti forse avrebbe fatto apparire le crudeltà commesse sotto una luce diversa.
3)     Che dire poi dei casi di prigionieri di guerra russi giustiziati dagli ucraini che sono sostanzialmente stati ignorati. Finiamo per considerarli un’eccezione che verrà perseguita dalla giurisprudenza militare, quelle russe invece, siamo convinti che siano la regola.
4)     Lo stesso vale per le decine forse centinaia di migliaia di renitenti alla leva ucraini che non vengono raccontati. Per i russi c’è grande attenzione: servizi in Georgia e Uzbekistan o Kazakistan dove si sono rifugiati, ma nulla sulle cucine dove si nascondono i maschi ucraini che non vogliono andare a combattere. Attenzione, non è che l’esistenza di una certa frangia di renitenti al reclutamento da parte ucraina venga nascosta, qualcosa viene pubblicato, ma come per la liberazione degli eroi dell’Isola dei Serpenti, non viene loro concesso rilievo, approfondimenti, commenti, ritorni, analisi e così finiscono per non rientrare nella narrativa comune.

Gli ucraini restano per noi coraggiosi e desiderosi di difendere il proprio Paese.
Nei nostro immaginario i russi hanno anche poca disciplina, poco equipaggiamento, sostanzialmente un’armata brancaleone. Ma leggiamo con altri occhi un episodio famoso: la vecchietta ucraina che si avvicina ad un soldato occupante russo e tenta di consegnargli una manciata di semi di girasole. Lui è alto, armato, pieno di giberne, sa di essere un possibile bersaglio. Lei è in abiti civili, più bassa, evidentemente più fragile. Eppure le parole di lei sono taglienti: prendi questi semi e mettili in tasca, così quando morirai almeno servirai da concime. Tutti i media occidentali hanno letto la scena come il coraggio dei civili davanti all’occupante. Che è sicuramente vero. Ma guardate anche il soldato russo. Non fa una piega, non cade nella provocazione, non reagisce, pur potendolo fare all’augurio di morte che gli viene sputato in faccia. Resta disciplinato e controllato senza neppure muovere la canne del fucile verso la vecchietta. Non proprio un soldato senza addestramento e disciplina. Particolare accanimento viene esercitato nel descrivere imercenari Wagner. Si parla di carne da cannone, le loro offensive sono tritacarne, le reclute sono galeotti tolti dalla prigione per andare al macello. Il contrasto è stridente davanti alla cura che noi crediamo i comandi ucraini abbiano dei loro soldati.

Tutto vero, forse, chissà? Perchè le cifre delle vittime sono un segreto militare sia da parte russa sia ucraina e non sappiamo se a Bakhmut il tritacarne funzioni solo per chi attacca. Sappiamo che gli Usa descrivono la battaglia come uno scontro atroce da una parte e dall’altra e sappiamo anche che i funerali degli ucraini sono stati a lungo vietati ai giornalisti e sappiamo, infine, che i “musicisti” devono pur aver qualche capacità militare se combattono da anni con successo in svariati Paesi africani. Ce n’è abbastanza per dubitare di una versione manichea, a senso unico?
Prendiamo il ritiro da Kherson, invece di celebrarlo come successo tattico russo, visto che i nostri esperti lo descrivevano come difficilissimo, si è continuato a parlare di disorganizzazione e incapacità di comando.

Secondo la nostra percezione i russi usano armi d’antiquariato, eppure da novembre colpiscono infrastrutture energetiche e solo di tanto in tanto prendono qualche condominio. Quello di Dnipro con 45 vittime è il caso più grave. I russi sono attaccanti crudeli, ma volendo potrebbero bombardare a tappeto e non solo sulle infrastrutture. Se hanno armi così antiquate come fanno a preservare alcune fabbriche ed altre no? A distanza di pochi chilometri, in piena zona di combattimento alcune fabbriche di oligarchi favorevoli a Mosca sono intatte, altre di oligarchi anti Cremlino distrutte. Insomma, è evidente che esiste un pregiudizio dei media occidentali favorevole all’Ucraina che ci fa dimenticare l’obbiettività dell’informazione. O almeno la sua complessità. La sproporzione tra la violenza esercitata dai russi e quella subita dagli ucraini è tale che è comprensibile sorvolare sui dettagli.

E’ altrettanto comprensibile che dentro di noi scatti quel riflesso che ci fa parteggiare verso l’aggredito e verso chi è vicino ai nostri interessi nazionali. Però… Nella I Guerra Mondiale gli austriaci erano descritti sui nostri giornali come dei mostri che puzzavano, oggi, mi pare che tocchi ai russi la parte del mostro. Sempre e comunque. Anche quando probabilmente non se lo meritano. Il dovere dei giornalisti sarebbe quello di separare l’adesione istintiva e patriottica all’interessa nazionale dal dovere di informare con correttezza. E’ un fatto che non sempre ci si riesce.

11 commenti su “Informazione e misinformazione: cosa ci insegna la guerra in Ucraina”

  1. Grazie. L’aggettivo che vince il titolo, a rappresentanza delle molteciplici sfaccettature che il tuo articolo ha saputo argomentare, è SEMPLICE!
    L’introduzione ai punti di vista, al confronto delle Verità, semplice come l’oggettività di un parare bilanciato. Semplice nel finale che incita nel risveglio collettivo di smetterla di agire per altri scopi ma di riemergere nella semplice verità. La verità che è quella del vero ruolo che tutti noi abbiamo all’interno della storia.
    Semplice, non sarà stata la mole di lavoro nello scrostare la superficie, creata dal muro delle mille informazioni a cui tutti noi disponiamo. Quindi grazie.

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  2. Per me ormai “le chiacchiere stanno a zero”. Questa è tutta l’attenzione che dedico ai media quando parlano della guerra in Ucraina. Il pensiero unico non mi è mai piaciuto. Mi è piaciuto molto il suo articolo, però è una “mosca bianca” difficile da trovare.

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  3. Interessante e condivisibile. Sulla propaganda bilaterale aggiungerei che, dopo aver ascoltato in Ministro degli Esteri ucraino a La7, rafforzo la mia convinzione che i governati ucraini siamo confusi e pericolosi. Con buona pace di quel dittatore reazionario di Putin. La Russia non conosce democrazia e gli ucraini non conoscono altro che la loro patria, peraltro dagli stravaganti confini.

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  4. Finalmente qualche giornalista (purtroppo un’eccezione su una massa di lecchini, bugiardi e prostrati, piegati a 90°) ci racconta la verità su questo conflitto (voluto dagli USA per salvaguardare le loro proprietà 40% della produzione di cereali in Ucraina)

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    • Questo conflitto voluto dagli USA all’interno della teoria della “New American C entury” (teoria ormai defunta, visto che di potenze nel mondo ce n’è più di una). che però è alimentato ancora dagli USA non solo per i cereali, ma per accontentare le lobby delle armi che campano e fanno soldi grazie alle guerre.

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  5. Sono una di quelle rarità in Italia che non crede una parola dei TG. So bene che l'”aggressore” è stato èprovocato per anni dalla NATO con la benedizione dell’America. M’informo con quei pochissimi libri pubblicati in Italia sull’argomento e su quei pochissimi articoli “non allineati” che raramente si trovano in Internet. Comunque le faccio i complimenti per l’obiettività e la correttezza del suo articolo: Mi ha fatto piacere leggerla.

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  6. Purtroppo la maggioranza degli italiani non ha la capacità di coltivare “il dubbio”. Riflettere è troppo faticoso: meglio abbandonarsi allo squallore di una vita giornaliera impegnata ad occuparsi delle difficoltà quotidiane e rimanere a bocca aperta davanti a quella scatoletta illuminata che ogni sera ci racconta bugie o “mezze verità”.

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  7. La Russia ha invaso l’Ucraina: un fatto.
    Quali sono le motivazioni che hanno spinta a tanto?
    Accadono molte inspiegabili cose in contrasto con il concetto di “guerra”:
    tu dai armi al mio nemico e io ti fornisco gas e grano.
    Ho finalmente in pugno il famigerato battaglione Azov e lo lascio andare.
    Zelenski alla TV che dice che potrebbe cedere la Crimea in cambio del ritiro nel Donbass (visto e sentito io stesso) e due giorni dopo annuncia che “combatteremo fino alla morte” senza alcuna cessione di territorio ucraino.
    …ma chi comanda, li?
    Come si può fare un fact checking di queste cose?
    Apprezzo comunque l’esortazione di Nicastro a non “prendere per buone le verità della televisione” (cit.De Andrè).
    Ma SAPERE la verità… è un’altra cosa.

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  8. Resta comunque un fatto : c’è un aggressore e un aggredito, senza che il primo abbia subito un minimo atto terroristico o di guerra dentro ai suoi confini da parte del secondo. Le provocazioni di voler accedere alla Nato non giustificano missili a palazzi civili di Kiev e altre città. La realtà è che è stata decretata la conquista di tutto il territorio ucraino sopra al Mar Nero

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