La propaganda e la censura di regime lavorano su molti livelli: alcune storiche testate di opposizione si sono spostate all’estero ma fanno i conti con attacchi informatici che ne limitano le attività. Una panoramica di ciò che resta di indipendente e affidabile
di Silvia Lazzaris
Quando Navalny è morto nel carcere di Kharp è passata un’ora prima che la televisione russa ne parlasse. E anche quando è stato annunciato, nessuno si è preso la briga di spiegare chi fosse Navalny e perché fosse in prigione. Un commentatore ha provato in diretta televisiva a esprimere le sue condoglianze per la morte dell’avversario politico di Putin ed è stato interrotto dal conduttore del programma: «Cosa c’entra con l’argomento della nostra discussione?» Margarita Simonyan, direttrice generale dell’emittente Russia Today, ha ridicolizzato la reazione occidentale e le accuse al Cremlino: «Non inizierò nemmeno a spiegare che tutti lo hanno da tempo dimenticato, che non c’era motivo di ucciderlo». Il presentatore di Channel One Anatoly Kuzichev ha detto che Navalny era stato dimenticato pure dai suoi seguaci. Durante il funerale, però, le forze dell’ordine russe hanno dovuto interrompere la connessione alle reti ad alta velocità.
«Stiamo precipitando di nuovo in un vuoto informativo che ci porterà alla morte per nostra stessa ignoranza» la giornalista Anna Politkovskaja lo diceva già prima di essere uccisa a colpi di pistola nella lobby di casa sua il 7 ottobre 2006, il giorno del compleanno di Putin. Scriveva per il quotidiano indipendente Novaya Gazeta articoli di inchiesta che esponevano le politiche del Cremlino in Cecenia. La sua uccisione ha avuto molta eco, ma la lista dei giornalisti uccisi da quando Putin è salito al potere conta altre quarantadue persone che il mondo ha più velocemente dimenticato.
Oggi, riferire verità contrarie alla narrazione dello Stato anche quando non porta a morti misteriose è comunque perseguibile dalla legge con multe e prigionia. Secondo i dati di Committee to Protect Journalists e di Reporters Without Borders, organizzazioni non profit che difendono la libertà di informazione nel mondo, sotto il governo di Putin sono state arrestate centinaia di giornalisti. Il Cremlino ha approvato leggi che rendono il giornalismo un crimine. Un esempio: il giornalista Ivan Safronov è stato condannato a ventidue anni di prigione per aver rivelato presunti segreti di Stato che erano liberamente disponibili online e che lui aveva solo aggregato. Evan Gershkovich del Wall Street Journal è detenuto dal 2023 con l’accusa di spionaggio.
Fin dal suo arrivo in carica Putin ha iniziato a prendere il controllo dei media. Ma la situazione è degenerata nel 2012, quando i manifestanti sono scesi in strada per protestare contro il suo ritorno alla presidenza. In quel momento il governo ha introdotto una legge sugli “agenti stranieri”. L’idea era di imporre limiti alle organizzazioni della società civile che ricevevano finanziamenti internazionali. L’accusa: se siete contro di me è perché ricevete finanziamenti dall’estero e rispondete più o meno consapevolmente all’agenda di qualcun altro. La legge sugli “agenti stranieri” negli anni si è allargata per fagocitare fette sempre crescenti di libertà: prima limitava i finanziamenti stranieri, poi i media stranieri, ora potenzialmente qualsiasi organizzazione della società civile. Oggi essere un agente straniero significa di fatto ricevere l’etichetta di “spia” o “traditore”.
Dopo l’invasione dell’Ucraina, la repressione legale del giornalismo non poteva che peggiorare. Nel 2022 il Cremlino ha adottato nuove leggi che rendono punibile con cinque anni di prigione qualsiasi “discredito” delle forze armate russe. La diffusione di “informazioni non affidabili” sull’esercito può essere punita con una pena che può arrivare fino a quindici anni di galera. Questo rende di fatto illegale qualsiasi critica alla guerra.
Oltre a privare il paese della sua libertà di stampa, il Cremlino si è assicurato anche che chiudessero quelle organizzazioni della società civile che denunciano la privazione di libertà di stampa come violazione di un diritto umano. Nel 2021 la Corte Suprema della Russia ha ordinato all’organizzazione Memorial, che si occupava di diritti civili, di chiudere. La motivazione: «Aver creato un’immagine falsa della Russia come Stato terroristico». A febbraio 2024 è arrivato il colpo finale: il co-presidente di Memorial, Oleg Orlov, è stato condannato a due anni di prigione per “ripetuto screditamento” delle forze armate russe.
I media di governo (o vicini)
Basterebbe forse dire solo questo per capire che oggi in Russia, come in qualsiasi dittatura, fare giornalismo indipendente è impossibile. Ma per inquadrare il panorama dei media russi occorre fare alcune distinzioni. Esistono i media statali, che sono esplicitamente proprietà del governo russo: per esempio le televisioni RT, Rossija 1 e Rossija 24e il quotidiano Rossijskaja Gazeta. Poi ci sono i media che non sono di diretta proprietà dello stato russo, ma di aziende in cui lo stato detiene una partecipazione di maggioranza, come NTV e Pervyj Kanal (Chanel One Russia). E ancora media più strutturalmente indipendenti ma comunque filogovernativi, come i quotidiani Izvestija, Moskovskij Komsomolets, e Gazeta.ru.
Queste testate sono il megafono più o meno consapevole del Cremlino e negli ultimi anni hanno distribuito informazioni palesemente false. Vladimir Solovyov, presentatore di punta di un programma che va in onda su Rossija 1in prima serata, nel giro di due settimane ne ha dette di tutti i colori: il 30 gennaio 2022 Gran Bretagna, Polonia e Ucraina pianificavano un attacco nei confronti della Russia. Il 6 marzo gli ucraini inscenavano attacchi falsi. Il 12 marzo il Pentagono sviluppava armi biologiche in Ucraina. Il 16 marzo gli ucraini uccidevano i propri civili per incolpare la Russia.
Nel marzo di quest’anno, Solovyov elencava le città europee su cui, secondo lui, la Russia dovrebbe sganciare l’atomica. «Io non riesco proprio a decidere: Parigi o Marsiglia? Bucarest, naturalmente, ma poi? Lione? Amburgo? Forse Monaco?» Un ospite del programma esperto di politica gli rispondeva che si sbagliava, l’Europa non è il bersaglio giusto. «Il problema non è se usare le armi nucleari, ma è contro chi usarle». C’è un altro Paese che rappresenta un pericolo più grosso di tutti i Paesi europei, diceva l’esperto: gli Stati Uniti. Parlava di Trump come se la sua vittoria alle elezioni fosse la soluzione per tutti. «Per noi è importante continuare quello che abbiamo già iniziato quest’anno. Gli Stati Uniti sono il giocatore principale, tutti gli europei di cui parliamo sono marionette. Dobbiamo creare una situazione per cui questo giocatore principale non sarà in grado di giocare».
Si può guardare questo agghiacciante e bambinesco scambio televisivo perché esiste il Russian Media Monitor. Julia Davis, giornalista e analista media ucraino-americana nata nell’Ucraina sovietica degli anni Settanta, ogni giorno carica su Youtube spezzoni di televisione russa sottotitolata in inglese. Davis fino al 2014 è stata una giornalista investigativa e produttrice cinematografica. Ma quando è iniziato il conflitto in Ucraina ha deciso di dedicarsi all’analisi e alla divulgazione dei media russi fuori dalla Russia. Nel 2022, poco dopo l’aggressione dell’Ucraina, il Russian Media Monitor è stato sanzionato dal governo russo. Davis però è andata avanti, e sul suo sito ci tiene a sottolineare che il suo è un progetto completamente indipendente e autofinanziato. Lo dice perché oggi le testate dei giornalisti in esilio corrono il rischio di dover rispondere alle necessità dei finanziatori occidentali. C’è il timore di essere accusati di fare controinformazione. E in effetti se l’unica informazione che si fa è un tentativo di dimostrare la corruzione del regime, anche questa non è libertà.
Le testate che resistono
Ma quando parliamo di media russi non dobbiamo commettere l’errore di pensare che tutte le testate si dividano tra propaganda e controinformazione. Alcune testate sono riuscite a conservare una propria indipendenza, come Novaya Gazeta, Meduza, e Kommersant. Hanno storie diverse. Kommersant è un quotidiano finanziario di proprietà di Ališer Usmanov, oligarca a cui non piace essere definito tale, che vive per lo più in Uzbekistan e sostiene di non percepire pressioni né di interferire sul lavoro della redazione. Kommersant ha la fama di essere un giornale cauto ed equilibrato e di pubblicare senza paura articoli scritti da politici e alti funzionari nazionali e internazionali, inclusi gli individui etichettati come “agenti stranieri” dal governo russo.
Meduza è nato fuori dalla Russia, fondato a Riga, in Lettonia, da alcuni giornalisti russi espatriati. Come il Russian Media Monitor, è stato fondato nel 2014 per rispondere alla stretta del Cremlino sulla libertà di stampa. Dalla morte di Navalny però Meduza sta affrontando la più intensa campagna di attacchi informatici della sua storia. Qualcuno cerca in continuazione di disabilitarne il sito.
Novaya Gazeta ha chiuso in Russia da marzo 2022 per via della censura governativa e ha aperto a sua volta a Riga il mese successivo. Ma il sito in Russia è bloccato e si può accedere solo con una connessione VPN. Da novembre 2023 le autorità russe hanno dichiarato invalido il certificato di registrazione ufficiale della testata. Secondo il Roskomnadzor, il “Servizio federale per la supervisione delle comunicazione, della tecnologia dell’informazione e dei mass media”, la redazione non avrebbe inviato il suo statuto entro il tempo stabilito dalla legislazione sui media. Dmitry Muratov, il direttore della testata, ha un’altra versione: Novaya Gazeta stava provando a coprire il conflitto in Ucraina in modo indipendente, e al Roskomnadzor questo non piaceva. Novaya Gazeta ora farà parte di un nuovo pacchetto di canali televisivi via satellite dedicati alla Russia e annunciato da Reporters Without Borders. Si chiamerà Svoboda Satellite – “svoboda” in russo significa libertà – e la maggior parte dei canali ospiterà giornalisti russi che sono stati costretti a lasciare il paese dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Il pacchetto satellitare potrebbe riuscire a raggiungere le 4,5 milioni di famiglie in Russia che hanno una parabola satellitare. Ma c’è una complicazione: gli organi di censura stanno iniziando a prendere di mira non solo le testate, ma anche gli strumenti attraverso cui i cittadini possono connettersi a testate non riconosciute ufficialmente dalla Russia, incluse connessioni VPN e satellitari.
La censura di Stato: attori e azioni
Conosciamo da tempo il Roskomnadzor come l’organo responsabile per la censura della stampa in Russia. Grazie agli hacker di Anonymous ora sappiamo anche nello specifico cosa fanno e cosa si dicono i suoi dipendenti. A marzo 2022, Anonymous ha pubblicato 820 GB di file e scambi mail del Roskomnadzor. Così ora ci sono le prove che, da un edificio anonimo ricoperto di piastrelle bianche con l’ingresso simile a quello di una clinica, gli impiegati del Roskomnadzor danno indicazioni su cosa può o non può essere detto, ordinano ai media di eliminare le storie che chiamano l’operazione militare russa un’ “invasione” dell’Ucraina, bloccano l’accesso a Facebook, minacciano l’accesso a Wikipedia, multano Google per più di due miliardi di rubli (94 milioni di dollari statunitensi) per non aver rimosso da Youtube un “contenuto illegale”. Rimuovono dai principali motori di ricerca russi come Yandex e Mail.Ru qualsiasi materiale riguardi l’uccisione di civili e le perdite di personale e attrezzature durante gli attacchi. Anonymous ha fatto i conti: solo nel terzo trimestre del 2022, il Roskomnadzor ha bloccato ottantanovemila pagine web, tra cui collegamenti a contenuti etichettati come “mobilizzazione Putin”, “ragazzi russi che si arrendono”, “per cosa stanno morendo i ragazzi russi in Ucraina”.
Ma non c’è solo il Roskomnadzor. Il GRFC, il Centro Generale delle Frequenze Radio, in teoria dovrebbe occuparsi solo di aspetti tecnici della copertura radio. La realtà è un po’ diversa. Un’inchiesta di Radio Free Europe ha rivelato che uno dei compiti del centro è identificare i “mood di protesta” e segnalarli – attraverso un sistema di messaggistica interno – ad altre agenzie governative per emettere avvertimenti e proporre sanzioni. Dentro la chat “mood di protesta” ci sono sessanta persone. Tra queste anche quindici membri del ministero degli interni, nove dipendenti della procura, un membro dei servizi segreti. Per identificare i “mood di protesta”, il GRFC monitora quotidianamente i siti web, i social media e le app di messaggistica istantanea. Dall’estate 2022, il centro ha creato bot che imitano account umani per assicurarsi l’accesso a chat room chiuse al pubblico. Nell’ultimo anno ha pagato l’equivalente di ottocentomila dollari per sviluppare un sistema di intelligenza artificiale chiamato Oculus e usato per classificare in automatico i contenuti problematici. Il classificatore automatico cerca, tra le altre cose, “immagini offensive del presidente” e “paragoni del presidente con personaggi negativi”. Tra le etichette più gettonate si trovano: Putin granchio, Putin falena, Putin vampiro, Putin Hitler.
«Qualsiasi regime può essere sostenibile solo se si basa sul sostegno di un gruppo significativo di elettori» ha detto il politologo Abbas Gallyamov a Radio Free Europe commentando le operazioni di censura. Gallyamov è stato uno degli autori dei discorsi di Putin tra il 2008 e il 2012. Ora è nella famosa lista degli “agenti stranieri” per essersi espresso contro l’operazione militare in Ucraina e aver partecipato come esperto su piattaforme d’informazione straniera. «Non puoi costruire un regime stabile basato solo sui fucili, se sei odiato dal tuo popolo a un certo punto le tue forze di sicurezza si libereranno di te». Più Putin sentirà che il consenso si sgretola sotto i suoi piedi, più feroci saranno i suoi attacchi contro chi osa criticarlo. Più giornalisti russi emigrano, maggiore sarà la pressione per trovare finanziamenti da fonti che non sono i loro stessi lettori. Per questo oggi ogni notizia dalla Russia e sulla Russia va scandagliata con scrupolo.