Di chi sono le immagini create con Intelligenza Artificiale?

Boris Eldagsen e la foto PSEUDOMNESIA/The Electrician

Il mese scorso la foto che vedete in basso – dal titolo PSEUDOMNESIA | The Electrician – ha vinto il Sony World Photography Awards (SWPA), considerato uno dei più importanti concorsi di fotografia al mondo. A presentarla è stato il fotografo tedesco Boris Eldagsen, che qualche giorno dopo ha deciso di rifiutare il premio, affermando di averla realizzata con Stable Diffusion, una delle più avanzate tecnologie basate sull’intelligenza artificiale. «Le immagini create con l’IA e la fotografia non dovrebbero competere tra loro in un premio come questo – ha dichiarato -. Sono cose diverse. L’intelligenza artificiale non è fotografia. Pertanto non accetterò il premio». Partecipando al concorso, Eldagsen ha detto di volere «accelerare il processo di presa di coscienza della differenza tra le fotografie scattate da esseri umani e quelle generate dall’intelligenza artificiale».
La questione è dunque: a chi appartengono le immagini create con sistemi di intelligenza artificiale? Chi ne è l’autore?
È il tema di questo articolo

di Alberto Contini – Avvocato in Milano (avv.albertocontini@gmail.com)

L’avvento di sistemi di intelligenza artificiale sempre più evoluti ed in grado di realizzare, a fronte di un semplice input dell’utente, articolati testi scritti e financo immagini fotografiche, pone per testate, giornalisti e fotografi professionisti nuove ed importanti sfide non solo economiche ma anche di corretta gestione dei diritti di proprietà industriale e intellettuale.

Contesto normativo

Prima di esaminare quelle che sono le principali criticità connesse a questo nuovo contesto di operatività per il mondo del giornalismo e della fotografia, si ritiene necessario fornire alcuni principi essenziali del diritto d’autore che, come noto, costituisce forse il più importante tra i diritti di proprietà industriale e intellettuale di tale settore.

In particolare, sia l’art. 2576 del Codice Civile italiano, sia l’art. 6 della L. 633/41 (legge speciale sul diritto d’autore: di seguito anche LdA) stabiliscono che il diritto d’autore su un’opera letteraria e/o una fotografia sorge con la semplice creazione dell’opera stessa (non occorrendo cioè, diversamente da quanto ad esempio accade per marchi e brevetti, alcuna formalità e/o procedura di registrazione).

Allo stesso tempo, l’art. 2580 del Codice Civile stabilisce che la titolarità del diritto d’autore appartiene all’autore e ai suoi aventi diritto. Inoltre, l’art. 7 LdA prevede che, nel caso di opere collettive (cioè opere la cui creazione ha richiesto il contributo di più soggetti) si debba considerare come creatore la persona che ha organizzato e gestito la creazione stessa. Va inoltre considerato che l’art. 10 LdA prevede che se l’opera d’arte è stata creata con il contributo indistinguibile di più persone, il diritto d’autore appartiene congiuntamente a tutti gli autori. Infine, l’art. 12 bis LdA prevede che, nel caso di software realizzato da un dipendente (ma il principio è pacificamente applicabile a qualsiasi altro tipo di opera commissionata a terzi), la titolarità dei diritti di sfruttamento economico sul relativo diritto d’autore appartiene alla parte committente, salvo patto contrario.

Infine, a livello più generale, non va dimenticato che, quantomeno nel nostro ordinamento, per essere titolari di un diritto è necessario possedere la c.d. “capacità giuridica” che, attualmente, è riconosciuta unicamente alle persone fisiche e ad alcune specifiche categorie di persone giuridiche (come società, fondazioni ecc.). Software e dispositivi vari in quanto tali, pertanto, non possedendo capacità giuridica, non possono essere titolari di diritti.

Riflessioni preliminari

La prima domanda che viene da porsi è: in caso di articolo e/o di immagine generata da un sistema di intelligenza artificiale, può sussistere un diritto d’autore sugli stessi? E se sì, chi ne è titolare?

La risposta alla prima domanda non può che essere “certamente sì!”, pur con l’ovvia precisazione per cui dovranno comunque sussistere i requisiti di legge che sono, del resto, gli stessi previsti per le opere create da giornalisti e fotografi in “carne e ossa”. Pertanto l’opera creata tramite un sistema di intelligenza artificiale, per essere tutelabile, dovrà avere carattere creativo, ossia dovrà essere nuova (nel senso di non identica ad altre opere create in precedenza) ed originale (nel senso di essere il frutto dell’atto creativo dell’autore, di cui dovrà anzi riflettere la personalità: e qui, forse, qualche dubbio potrebbe in effetti essere avanzato essendo discutibile che un sistema software possa avere una “propria personalità”). 

Non si condivide, pertanto, l’impostazione che vorrebbe che le opere realizzate dai sistemi di intelligenza artificiale non fossero in alcun modo tutelabili e, quindi, liberamente sfruttabili da chiunque[1]. Ciò in quanto se può esistere un diritto d’autore (in quanto l’opera letteraria o fotografica realizzata possiede effettivamente carattere creativo) lo stesso deve essere gestito e protetto senza eccezioni.

La risposta alla seconda domanda è invece più complessa.

Evidentemente, alla luce di quanto esposto al paragrafo precedente circa l’assenza di capacità giuridica in capo ad un sistema di intelligenza artificiale in quanto tale, il relativo diritto (morale e di sfruttamento economico) non potrà essere “rivendicato” dal sistema stesso, benché possa formalmente apparire come l’autore dell’opera.

Il tema è invece aperto (specie in assenza di pronunce giurisprudenziali in merito) rispetto a chi, tra l’utente del sistema di intelligenza artificiale e lo sviluppatore di quest’ultimo, debba essere considerato autore e/o comunque titolare dei diritti di sfruttamento economico dell’opera.

Nulla quaestio, se il rapporto tra questi due soggetti sia stato previamente disciplinato contrattualmente. Ad esempio, nei Term of Use di ChatGPT (oggi forse il sistema di intelligenza artificiale per la creazione di testi letterari più noto ed usato al mondo), tra le altre cose, si prevede espressamente che l’utente “may provide input to the Services (“Input”), and receive output generated and returned by the Services based on the Input (“Output”). Input and Output are collectively “Content.” As between the parties and to the extent permitted by applicable law, you own all Input, and subject to your compliance with these Terms, OpenAI hereby assigns to you all its right, title and interest in and to Output. OpenAI may use Content as necessary to provide and maintain the Services, comply with applicable law, and enforce our policies. You are responsible for Content, including for ensuring that it does not violate any applicable law or these Terms.” La scelta contrattuale, insomma, è stata quella di “assegnare” (fatto salvo il solo diritto dello sviluppatore di usare il contenuto per la gestione ed il miglioramento del servizio offerto) all’utente la titolarità degli eventuali diritti di proprietà intellettuale sulla creazione del sistema.

Quale sarà, invece, la relativa disciplina in assenza di pattuizioni contrattuali esplicite? Personalmente ritengo che la soluzione al quesito dipenda dalla “qualità” dell’input fornito al sistema. 

Laddove tale input sia limitato alla semplice formulazione di una richiesta (ad es. “crea un articolo che riassuma i fatti legati a Tangentopoli” oppure “crea una fotografia che raffiguri due calciatori impegnati in un contrasto di gioco”) poi elaborata interamente dal sistema di intelligenza artificiale, la titolarità dovrebbe spettare allo sviluppatore del sistema stesso in quanto soggetto che ha realizzato un sistema in grado di crearla.

Laddove invece l’input fornito dall’utente sia “sostanziale” (perché prevede la messa a disposizione del sistema di una serie di dati fattuali, articolati e complessi, raccolti e selezionati secondo una logica dall’utente il quale poi chiede al sistema semplicemente di riorganizzarli in forma testuale estesa o di immagine ma sempre secondo una logica da lui imposta), allora la titolarità dovrebbe spettare all’utente o quanto meno essere gestita in comunione tra entrambi i soggetti, secondo quote da stabilire anche in base al concreto apporto delle rispettive attività alla creazione dell’opera.

Come già accennato, però, in assenza di una normativa e/o di una giurisprudenza specifica, si tratta chiaramente di una questione controversa. Allo stato attuale, però, la tesi secondo cui un’opera realizzata da un sistema di intelligenza artificiale ma con il contributo determinante dell’utente debba essere trattata alla stregua di un’opera collettiva (ovvero che il relativo diritto d’autore appartenga congiuntamente allo sviluppatore e all’utente) pare la più convincente. 

In base alle considerazioni precedenti, pare quindi evidente l’importanza di gestire su base contrattuale la titolarità dei diritti di sfruttamento economico di diritti d’autore eventualmente insistenti sulle opere letterarie e fotografiche realizzate da un sistema di intelligenza artificiale. In particolare, laddove una testata giornalistica e/o i singoli autori commissionino e/o acquisiscano in licenza un sistema di intelligenza artificiale in grado di realizzare tali opere, sarà molto importante regolare con consapevolezza la titolarità, tra gli altri, degli eventuali diritti d’autore sui “prodotti” del lavoro del sistema stesso. E qui, inevitabilmente, il fronte di discussione si sposta sul diverso fronte della effettiva “forza contrattuale” dei singoli contendenti. Ed in questo senso, è lecito immaginare che solo i grandi gruppi editoriali potranno avere la forza di negoziare simili clausole con i colossi informatici che sviluppano e gestiscono i sistemi di intelligenza artificiale senza cioè dover subire passivamente condizioni generali di utilizzo non negoziabili.

Ulteriori criticità

Ulteriore profilo di criticità legato alla creazione di opere letterarie e/o fotografiche dai sistemi di intelligenza artificiale riguarda la possibilità che l’opera così realizzata violi diritti di terzi.

Come noto, infatti, tali sistemi si fondano essenzialmente sulla loro capacità di acquisire ed elaborare una base di dati preesistente (ad esempio il contenuto della rete internet) con conseguente, e nemmeno troppo remoto, rischio che l’output fornito possa “derivare” da una o più opere preesistenti di cui potrebbe rappresentare una elaborazione non autorizzata[2].

Non è un caso, insomma, che nei già citati Terms of Use di ChatGPT sia espressamente indicato che “Due to the nature of machine learning, Output may not be unique across users and the Services may generate the same or similar output for OpenAI or a third party. For example, you may provide input to a model such as “What color is the sky?” and receive output such as “The sky is blue.” Other users may also ask similar questions and receive the same response. Responses that are requested by and generated for other users are not considered your Content” e sia al contempo già previsto una procedura di complaint per episodi di violaizone di diritti di terzi.

Una volta di più, insomma, l’uso di sistemi di intelligenza artificiale (che rappresenta certamente una sfida ma anche un’opportunità per giornalisti e fotografi) impone una conoscenza della disciplina dei diritti immateriali per evitare conseguenze dannose.


[1] Per una panoramica sulle attuali posizioni dottrinali in tema di sussistenza di diritti di proprietà intellettuale e loro gestione con riferimento alle opere realizzate dall’intelligenza artificiale, cfr. RACO, L’intelligenza Artificiale irrompe nel mondo dell’arte: l’apertura di nuove frontiere giuridiche, LLR 2, 2020, pp. 46 e ss.

[2] Proprio in tema di immagini generate da sistemi di intelligenza artificiale, la cronaca ha già riportato episodi di lamentata violazione: https://www.money.it/l-intelligenza-artificiale-viola-il-copyright-il-caso-di-getty-images

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