Editori sull’orlo di una crisi di nervi? Ci vuole etica, competenza e fantasia – Newsletter n° 10-2019 in Newsletter AWT

Newsletter n° 10/2019 – In questo numero

  • Editoriale di Fabio Cavalera
  •  Noa, la storia vera e la storia falsa:
    il caso mediatico sui quotidiani italiani
    di Lucia Bocchi
  • Giornalisti curiosi? D’istinto!
    di Federico Baccini

 

Corsi di formazione:
“La parola è un’opera pubblica.
Manipolazione linguistica tra diritti soggettivi,
interessi collettivi, consenso e sovranità popolare”
 

19 settembre (h. 14,30-17,30.)
sede: Anci Lombardia, via Rovello 2, Milano.

Relatori: Alessandro Galimberti (presidente Ordine giornalisti Lombardia), Nino La Lumia (avvocato), Gianni Clocchiati (FronteVersoNetwork), Diana De Marchi (Consigliera Comune Milano e Presidente diritti civili), Maria Grazia Monegat (Presidente sezione milanese A.D.G.I.). Coordinamento lavori: Ileana Alesso (avvocato) e Fabio Cavalera (Consigliere Ordine giornalisti Lombardia
e presidente Associazione Walter Tobagi per la formazione al giornalismo)

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Legittima difesa: profili storici, la nuova normativa
e cenni di cronaca attuale
 

23 ottobre (h. 14,30-17,30.)
sede Anci Lombardia, via Rovello 2, Milano.

Relatori: Corrado Limentani (avvocato), Alberto Nobili (magistrato), Luigi Ferrarella (giornalista). Moderano: Ilaria Li Vigni (avvocato) e
Fabio Cavalera (Consigliere Ordine giornalisti Lombardia
e presidente Associazione Walter Tobagi per la formazione al giornalismo)

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Narrare la Storia. Prima parte” 

5 novembre (h. 14-17)
sede: 
Università Iulm- Edificio 6 – Aula dei 146, Via Carlo Bo, Milano.

Relatori: Daniele Biacchessi (giornalista) Alberto Negri (giornalista)

 

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Editori sull’orlo
di una crisi di nervi?
Ci vuole etica, competenza e fantasia

Cara Collega, caro Collega

va detta una cosa con chiarezza, la vera emergenza che tutte le testate giornalistiche e radiotelevisive stanno affrontando ha un un nome: editori, sia privati sia pubblici (penso alla Rai). Sì, siamo in piena emergenza editori.

Nessun paese avanzato ha una casta di proprietari e manager di quotidiani (nella foto sopra il titolo segnaliamo l’ultimo dato disponibile della diffusione dei quotidiani italiani elaborata da Prima Comunicazione), periodici, emittenti e siti online così così miope, così intellettualmente pigra e così scroccona, nel senso peggiore della parola, come l’Italia.

Idee zero, progetti di medio e lungo termine zero, consapevolezza di svolgere un ruolo essenziale per lo sviluppo democratico sotto zero. Gli editori italiani sono tutto tranne che editori, non hanno conoscenza del futuro tecnologico e delle opportunità che offre o se ne hanno un pochino, ma molto pochino, lo prendono in considerazione unicamente e lo valutano o sotto il profilo della convenienza politica o sotto il profilo industriale dei risparmi e dei costi, ovvero l’occasione di tagliare (a spese nostre e del nostro ente previdenziale), chiudere, ridimensionare, limitarsi a qualche illusorio e inutile restyling grafico, quasi che un “vestito nuovo” sia la soluzione miracolosa, nulla di più.

Gli editori italiani e i loro manager non hanno una minima consapevolezza etica del ruolo e della funzione del giornalismo sempre più importanti in un contesto di grandi cambiamenti sociali e economici. Non investono un euro sulle persone, sul lavoro, non danno prospettiva ai giovani colleghi ai quali chiedono quantità e non qualità, piegano le redazioni all’obbedienza servile alle logiche del marketing e del finto giornalismo del copia e incolla, della poltrona, della riverenza, spezzano la rete della solidarietà coi colleghi più in difficoltà.

Abbiamo le nostre responsabilità. Soprattutto le ha chi per opportunismo o per convenienza accetta di piegarsi a queste logiche meschine spacciate per novità. E le ha chi fra noi abdica alla missione del giornalismo di testimonianza diretta e di denuncia, i pupazzi del Potere, lasciando delusi e interdetti i lettori. Tutto ciò è sotto i nostri occhi.

Abbiamo commesso molti errori in questi anni e dovremmo discuterne a fondo ma cerchiamo almeno di non smarrire la nostra libertà di richiamare una banale verità: la crisi di oggi in Italia si spiega, oltre che con il cannibalismo dei padroni mondiali dei social network, anche con il deficit di fantasia, di responsabilità etica, di programmazione, di conoscenza dei nostri editori impegnati solo a nascondere e scaricare il loro fallimento Ed è un’emergenza molto italiana.

Fabio Cavalera

Consigliere Ordine Giornalisti Lombardia
Presidente Associazione Walter Tobagi

Noa, la storia vera e la storia falsa
il caso mediatico sui quotidiani italiani

di Lucia Bocchi
Consigliere Ordine giornalisti Lombardia

 

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La notizia della morte
della ragazza olandese anoressica
è stata trattata 
in modo scorretto
e strumentalizzata per il dibattito
eutanasia sì/eutanasia no

I fatti: il 2 giugno 2019, Noa Pothoven di 17 anni muore, circondata dai familiari e a casa sua,

a Arnhem (Paesi Bassi). La giovane era depressa grave e anoressica a causa di ripetute molestie e violenze sessuali subite da ragazzina, come lei stessa aveva dichiarato. Noa aveva in precedenza chiesto l’eutanasia a una clinica autorizzata, se l’era però vista negare. Un secondo fatto è che in Olanda l’eutanasia è legale dal 2001 e può venir concessa anche ai minorenni, solo a specifiche condizioni e con valutazioni caso per caso, rafforzate rispetto agli adulti. 

I titoli e l’enfatizzazione in Italia: i quotidiani pubblicano la notizia della morte di Noa Pothoven il 4 giugno (online) e il 5 (su carta): in prima pagina con foto della minorenne, titoli che parlano di eutanasia e corredo di commenti moralistici a botta calda. Un trattamento non informato a sufficienza sui fatti e tendenzioso. La notizia è proseguita i giorni dopo, con dettagli penosi e morbosi; soprattutto con altri “pareri autorevoli” di contorno. Oltre che sul fronte etico del fine vita, il dibattito si è acceso tra i media, infatti altri giornali internazionali smentivano che si fosse trattato di eutanasia o di suicidio assistito. Ancora più dirimente, da noi, il tweet del 4 giugno di Marco Cappato (il politico radicale pro-eutanasia): “L’Olanda ha autorizzato l’eutanasia su una 17enne? FALSO!!! I media italiani non hanno verificato. L’Olanda aveva RIFIUTATO l’eutanasia a Noa. Lei ha smesso di bere e mangiare e si è lasciata morire a casa, coi familiari consenzienti. Si attendono smentita e SCUSE”. Rettifiche però non se ne sono viste, sarebbero dovute per deontologia ma evidentemente sono cadute in disuso. Di peggio, i quotidiani nazionali in prima battuta sembra abbiano hanno fatto copia & incolla dai tabloid scandalistici britannici come il Dayly Mail. Quindi anche la regola deontologica che un’altra testata non è una fonte valida è stata palesemente violata.

I due maggiori quotidiani nazionali “La Repubblica” 5/6/2019, taglio alto in prima pagina, con foto della ragazza e due pagine interne. Titolazione: “La scelta di Noa/Dopo uno stupro ha voluto l’eutanasia a 17 anni”. Oltre a firme note è stata scomodata la scrittrice Michela Marzano e intervistati Eugenio Borgna, anziano psichiatra, e Paolo Picchio della Fondazione Carolina, padre della quattordicenne suicida per video stalking. L’approfondimento giornalistico è ottima cosa, non lo è richiedere pareri su fatti non certi e non legati tra loro. La Repubblica è arrivata ad accusare di indifferenza gli olandesi e i loro quotidiani per non aver dato risalto alla supposta morte per eutanasia, perché “assuefatti a essa come a una routine”. Nei giorni seguenti il quotidiano ha parzialmente corretto il tiro, negando l’eutanasia ma senza arrivare a una rettifica.

Il “Corriere della Sera” dal canto suo, solo il 6/6/2019 manda un’inviata in Olanda a verificare cosa in realtà fosse successo ad Arnhem. E dopo aver già titolato: “Noa Pothoven: ecco cosa dice la legge dell’Olanda sull’eutanasia”. In questo caso è stata usata una scheda informativa che, con la sua oggettività, faceva da legame fattuale con la cronaca. I commenti del Corriere suonano come un rimprovero generale: “non doveva succedere, non dovevano permetterlo”. L’appello è a tutti perché non si faccia morire così un minore. Come negare l’evidenza che le morti per anoressia siano un fatto tristemente noto. Alla fine di strazianti percorsi personali, anche terapeutici, alcuni si lasciano morire come Noa. Non è eutanasia.

La stampa cattolica Il mondo cattolico, schierato ovviamente contro l’eutanasia, si è fatto sentire su Avvenire online, il 6 giugno, titolando: “La legge in Parlamento. Il caso Noa ‘obbliga’ l’italia a scegliere”. L’articolo sorvola sui dettagli della vicenda ma la lega alla coincidenza che, in quegli stessi giorni, a Montecitorio si discuta in commissione su quattro proposte di legge sulla ‘morte a richiesta’; con interviste a esponenti di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega. L’Osservatore Romano, in contemporanea, pubblica un articolo apparentemente slegato al caso Noa, dal titolo “La persona più della malattia/Il trattamento del disagio mentale”, firmato dallo psichiatra romano Cristiano Maria Gaston. Infine quasi tutta la stampa, non solo quella cattolica, riporta il tweet di Papa Francesco: “L’eutanasia e il suicidio assistito sono una sconfitta per tutti. La risposta a cui siamo chiamati è non abbandonare mai chi soffre, non arrendersi, ma prendersi cura e amare per ridare la speranza”. 

Due fuori dal coro: Libero e Il Post online sono molto diversi tra loro ma entrambi non si sono precipitati alla cieca sul caso Noa, solo per non “bucare” rispetto agli altri. Per Libero probabilmente Vittorio Feltri ha fiutato che la news dell’eutanasia di Stato per Noa non reggeva, peccato il solito tono da Vernacoliere del titolo “Suicidio di Noa – Quante balle hanno detto sulla povera olandesina”. Inoltre lo stesso Feltri, a lato, invoca l’intervento disciplinare dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia contro i colleghi che sono andati a testa bassa con giudizi sulla vicenda, mentre lamenta di essere ingiustamente bersaglio della Disciplina per “la qualità stilistica dei nostri titoli”, quindi strumentalizza pro domo sua sempre Noa e si commenta da sé.

Mentre Il Post, avvantaggiato dal far spesso notizia in seconda battuta ma con argomentazioni approfondite, già il 5 giugno titolava correttamente: “La storia della diciassettenne olandese Noa Pothoven/Una ragazza si è lasciata morire dopo aver subito anni di violenze, e dopo che la sua richiesta per un suicidio assistito era stata respinta”. In più, in fondo al pezzo, ha aggiunto ‘Dove chiedere aiuto’ e il link diretto a Telefono Amico. E il 6 giugno, sempre Il Post, esplicitamente titolava “L’eutanasia non c’entra con il caso di Noa Pothoven”: 

Social media in subbuglio planetario. Eppure non era difficile verificare la fondatezza o meno dell’eutanasia di Noa, come ha fatto la giornalista irlandese Naomi O’Leary che ha telefonato al collega olandese del giornale locale, vicino alla famiglia di Noa. O’Leary su politico.eu, il 6 giugno, commentava: “La storia profondamente scioccante su un tema tanto controverso risultava irresistibile, è diventata una top news in tutto il mondo nel giro di una notte. Il nome Pothoven è stato presto virale su Twitter in Italia. Report che ripetevano falsità sono stati pubblicati dall’Australia all’India, agli Stati Uniti”.

Simile il parere del New York Times, lo stesso giorno: “La storia è riecheggiata come una metastasi nel globo intero. Ha provocato fiumi di condoglianze sui social media e ha innescato dibattiti sulla legge olandese sull’eutanasia e la diffusione della disinformazione. Nell’assenza iniziale di informazioni precise dai medici o dalla famiglia Pothoven, internet è stato inondato da racconti imprecisi sulla sua morte per eutanasia legale, sollevando domande su come a qualcuno così giovane fosse permesso di morire volontariamente”.

A distanza di un mese e più, il dramma di Noa Pothoven è quasi un cold case. L’abbiamo ripreso perché intorno a questi casi, purtroppo, il trattamento giornalistico potrebbe ancora essere superficiale e/o orientato ad altri fini. Molti giornalisti si sono sentiti tirati in causa dalla vicenda, anche se non ne hanno scritto; alcuni hanno fatto notare quanto sia diventato pressante il lavoro di redazione che non permetterebbe le verifiche necessarie. Altri hanno lamentato la mancanza di inviati e la cronica gara sul tempo tra i media online, nonché la rincorsa della carta che commenta il giorno dopo. Se la vita perduta di Noa ha fatto notizia è anche perché lei stessa, dopo aver serbato a lungo i suoi dolorosi segreti di vittima sessuale, ha voluto essere una testimone con l’autobiografia “Vincere o imparare”. Desolante pensare che sia stata fraintesa, che non ci siano stati approfondimenti sulle violenze né sui metodi e gli istituti per il recupero dall’anoressia. Per il grande pubblico, che si ferma alla prima notizia, Noa resta la minorenne che è morta di eutanasia legale. Anche se non è andata così.

Lucia Bocchi

Giornalisti curiosi

di Federico Baccini
Studente Master in giornalismo Walter Tobagi – XIII° biennio

Perché mai vorresti diventare giornalista? Questa è la domanda che chiunque frequenti una scuola di giornalismo si sarà sentito rivolgere più volte. E ancora più spesso la risposta sarà stata vaga, sull’impronta di «vorrei dare ai lettori una descrizione della realtà più dettagliata possibile». Risposte corrette e logiche, certo, ma in questo articolo vorrei spiegare davvero perché ho scelto e credo fermamente di voler diventare giornalista.

La verità è che il giornalismo dà una risposta al senso di irrequietezza che anima lo spirito di chi è nato curioso e non può fare altro che assecondare questo istinto. Per una persona alla continua ricerca di stimoli, sia nella vita in generale, sia nella quotidianità di ogni giorno, il giornalismo è la risposta più completa. Nessuna giornata è uguale a se stessa, ogni momento può stravolgere il lavoro fatto in precedenza: è questa la marcia in più a livello emotivo e psicologico per chi non sa stare nella routine di un impiego monotono, ma che sa anche gestire la frustrazione che alla lunga rischierebbe di derivarne. Lo stimolo costante non è qualcosa di creato artificialmente, è la quintessenza del lavoro stesso, qualcosa da cui non si può prescindere. È la necessità di seguire la notizia, di non perderla, di coglierla al volo e saperla riportare con tempestività. È una questione di gestione del tempo e dello stress. Ma soprattutto è il vestito più adatto quando si deve rispondere alla domanda più profonda che si possa rivolgere a sé stessi: come vuoi spendere le energie nella tua vita?

C’è poi sicuramente un istinto innato al lavoro per il bene altrui, che in molti chiamano “missione”, ma che sarebbe meglio definire “spendersi per”: spendersi per il lettore, spendersi per il servizio pubblico. Se la professione giornalistica fosse solo la ricerca della soddisfazione dell’ego personale, prima o poi il piano deontologico scoppierebbe come una bolla. Avere sempre in mente che riportare fedelmente gli eventi accaduti ogni giorno attorno a noi, anche attraverso la propria interpretazione personale, deve essere la bussola che guida il cammino professionale e che il rispetto del lettore passa prima di tutto dall’integrità con cui il giornalista si approccia al racconto della realtà. E solo il giornalismo vero, con la schiena dritta, è in grado di rispondere a questo appello di onestà verso colui che viene servito attraverso il nostro lavoro.
Per questi motivi, che sono tutti personali, ho deciso di voler diventare giornalista.

Newsletter dell’Associazione Walter Tobagi per la formazione al giornalismo
Università Statale di Milano – 
Ordine dei giornalisti della Lombardia

Presidente AWT: Fabio Cavalera Segretario: Lucia Bocchi, Tesoriere/Consigliere rappresentante Alg: Rosi Brandi Presidente OgL/Consigliere: Alessandro Galimberti. Consiglieri: Francesco Ordine, Rossella Verga, Gegia Celotti, Roberto Di Sanzo, Ilaria Li Vigni, Francesco Caroprese, Consigliere rappresentante Cnog: Giorgio Gandola, Consigliere rappresentante Fieg: Edoardo Zucca Consigliere rappresentante Fnsi: Marina Cosi Consigliere ex allievo Ifg:Carlo Ercole Gariboldi Consigliere ex allieva Ifg: Daniela Stigliano. Revisori dei conti: Maria Ancilla Fumagalli, Carlotta Scozzari, Simone Filippetti Componenti Comitato di indirizzo: Maria Elena Barnabi, Massimo Borgomaneri, Marco Foroni, Rosanna Massarenti, Anna Migliorati, Giancarlo Perego, Marinella Rossi, Gaia Scacciavillani. Direttore della Scuola di giornalismo Walter Tobagi – Università Statale di Milano: Venanzio Postiglione Vice direttore: Claudio Lindner

Gli studenti del Master in giornalismo Walter Tobagi di Milano: Alberto Mapelli, Andrea Ciociola, Andrea Galliano, Andrea Prandini, Bernardo Cianfrocca, Caterina Zita, Edoardo Re, Elisa Cornegliani, Emanuela Colaci, Fabrizio Papitto, Federico Baccini, Gaia Terzulli, Giacomo Cadeddu, Giacomo Salvini, Giada Giorgi, Giorgia Fenaroli, Giulia Giaume, Luca Covino, Lucio Palmisano, Marco Bottiglieri, Marco Capponi, Marco Rizza, Marco Vassallo, Maria Laura Iazzetti, Maria Vittoria Zaglio, Martina Piumatti, Riccardo Congiu, Riccardo Lichene, Roberta Giuili, Valeria Sforzini.

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