La notizia della morte
della ragazza olandese anoressica
è stata trattata in modo scorretto
e strumentalizzata per il dibattito
eutanasia sì/eutanasia no
I fatti: il 2 giugno 2019, Noa Pothoven di 17 anni muore, circondata dai familiari e a casa sua,
a Arnhem (Paesi Bassi). La giovane era depressa grave e anoressica a causa di ripetute molestie e violenze sessuali subite da ragazzina, come lei stessa aveva dichiarato. Noa aveva in precedenza chiesto l’eutanasia a una clinica autorizzata, se l’era però vista negare. Un secondo fatto è che in Olanda l’eutanasia è legale dal 2001 e può venir concessa anche ai minorenni, solo a specifiche condizioni e con valutazioni caso per caso, rafforzate rispetto agli adulti.
I titoli e l’enfatizzazione in Italia: i quotidiani pubblicano la notizia della morte di Noa Pothoven il 4 giugno (online) e il 5 (su carta): in prima pagina con foto della minorenne, titoli che parlano di eutanasia e corredo di commenti moralistici a botta calda. Un trattamento non informato a sufficienza sui fatti e tendenzioso. La notizia è proseguita i giorni dopo, con dettagli penosi e morbosi; soprattutto con altri “pareri autorevoli” di contorno. Oltre che sul fronte etico del fine vita, il dibattito si è acceso tra i media, infatti altri giornali internazionali smentivano che si fosse trattato di eutanasia o di suicidio assistito. Ancora più dirimente, da noi, il tweet del 4 giugno di Marco Cappato (il politico radicale pro-eutanasia): “L’Olanda ha autorizzato l’eutanasia su una 17enne? FALSO!!! I media italiani non hanno verificato. L’Olanda aveva RIFIUTATO l’eutanasia a Noa. Lei ha smesso di bere e mangiare e si è lasciata morire a casa, coi familiari consenzienti. Si attendono smentita e SCUSE”. Rettifiche però non se ne sono viste, sarebbero dovute per deontologia ma evidentemente sono cadute in disuso. Di peggio, i quotidiani nazionali in prima battuta sembra abbiano hanno fatto copia & incolla dai tabloid scandalistici britannici come il Dayly Mail. Quindi anche la regola deontologica che un’altra testata non è una fonte valida è stata palesemente violata.
I due maggiori quotidiani nazionali “La Repubblica” 5/6/2019, taglio alto in prima pagina, con foto della ragazza e due pagine interne. Titolazione: “La scelta di Noa/Dopo uno stupro ha voluto l’eutanasia a 17 anni”. Oltre a firme note è stata scomodata la scrittrice Michela Marzano e intervistati Eugenio Borgna, anziano psichiatra, e Paolo Picchio della Fondazione Carolina, padre della quattordicenne suicida per video stalking. L’approfondimento giornalistico è ottima cosa, non lo è richiedere pareri su fatti non certi e non legati tra loro. La Repubblica è arrivata ad accusare di indifferenza gli olandesi e i loro quotidiani per non aver dato risalto alla supposta morte per eutanasia, perché “assuefatti a essa come a una routine”. Nei giorni seguenti il quotidiano ha parzialmente corretto il tiro, negando l’eutanasia ma senza arrivare a una rettifica.
Il “Corriere della Sera” dal canto suo, solo il 6/6/2019 manda un’inviata in Olanda a verificare cosa in realtà fosse successo ad Arnhem. E dopo aver già titolato: “Noa Pothoven: ecco cosa dice la legge dell’Olanda sull’eutanasia”. In questo caso è stata usata una scheda informativa che, con la sua oggettività, faceva da legame fattuale con la cronaca. I commenti del Corriere suonano come un rimprovero generale: “non doveva succedere, non dovevano permetterlo”. L’appello è a tutti perché non si faccia morire così un minore. Come negare l’evidenza che le morti per anoressia siano un fatto tristemente noto. Alla fine di strazianti percorsi personali, anche terapeutici, alcuni si lasciano morire come Noa. Non è eutanasia.
La stampa cattolica Il mondo cattolico, schierato ovviamente contro l’eutanasia, si è fatto sentire su Avvenire online, il 6 giugno, titolando: “La legge in Parlamento. Il caso Noa ‘obbliga’ l’italia a scegliere”. L’articolo sorvola sui dettagli della vicenda ma la lega alla coincidenza che, in quegli stessi giorni, a Montecitorio si discuta in commissione su quattro proposte di legge sulla ‘morte a richiesta’; con interviste a esponenti di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega. L’Osservatore Romano, in contemporanea, pubblica un articolo apparentemente slegato al caso Noa, dal titolo “La persona più della malattia/Il trattamento del disagio mentale”, firmato dallo psichiatra romano Cristiano Maria Gaston. Infine quasi tutta la stampa, non solo quella cattolica, riporta il tweet di Papa Francesco: “L’eutanasia e il suicidio assistito sono una sconfitta per tutti. La risposta a cui siamo chiamati è non abbandonare mai chi soffre, non arrendersi, ma prendersi cura e amare per ridare la speranza”.
Due fuori dal coro: Libero e Il Post online sono molto diversi tra loro ma entrambi non si sono precipitati alla cieca sul caso Noa, solo per non “bucare” rispetto agli altri. Per Libero probabilmente Vittorio Feltri ha fiutato che la news dell’eutanasia di Stato per Noa non reggeva, peccato il solito tono da Vernacoliere del titolo “Suicidio di Noa – Quante balle hanno detto sulla povera olandesina”. Inoltre lo stesso Feltri, a lato, invoca l’intervento disciplinare dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia contro i colleghi che sono andati a testa bassa con giudizi sulla vicenda, mentre lamenta di essere ingiustamente bersaglio della Disciplina per “la qualità stilistica dei nostri titoli”, quindi strumentalizza pro domo sua sempre Noa e si commenta da sé.
Mentre Il Post, avvantaggiato dal far spesso notizia in seconda battuta ma con argomentazioni approfondite, già il 5 giugno titolava correttamente: “La storia della diciassettenne olandese Noa Pothoven/Una ragazza si è lasciata morire dopo aver subito anni di violenze, e dopo che la sua richiesta per un suicidio assistito era stata respinta”. In più, in fondo al pezzo, ha aggiunto ‘Dove chiedere aiuto’ e il link diretto a Telefono Amico. E il 6 giugno, sempre Il Post, esplicitamente titolava “L’eutanasia non c’entra con il caso di Noa Pothoven”:
Social media in subbuglio planetario. Eppure non era difficile verificare la fondatezza o meno dell’eutanasia di Noa, come ha fatto la giornalista irlandese Naomi O’Leary che ha telefonato al collega olandese del giornale locale, vicino alla famiglia di Noa. O’Leary su politico.eu, il 6 giugno, commentava: “La storia profondamente scioccante su un tema tanto controverso risultava irresistibile, è diventata una top news in tutto il mondo nel giro di una notte. Il nome Pothoven è stato presto virale su Twitter in Italia. Report che ripetevano falsità sono stati pubblicati dall’Australia all’India, agli Stati Uniti”.
Simile il parere del New York Times, lo stesso giorno: “La storia è riecheggiata come una metastasi nel globo intero. Ha provocato fiumi di condoglianze sui social media e ha innescato dibattiti sulla legge olandese sull’eutanasia e la diffusione della disinformazione. Nell’assenza iniziale di informazioni precise dai medici o dalla famiglia Pothoven, internet è stato inondato da racconti imprecisi sulla sua morte per eutanasia legale, sollevando domande su come a qualcuno così giovane fosse permesso di morire volontariamente”.
A distanza di un mese e più, il dramma di Noa Pothoven è quasi un cold case. L’abbiamo ripreso perché intorno a questi casi, purtroppo, il trattamento giornalistico potrebbe ancora essere superficiale e/o orientato ad altri fini. Molti giornalisti si sono sentiti tirati in causa dalla vicenda, anche se non ne hanno scritto; alcuni hanno fatto notare quanto sia diventato pressante il lavoro di redazione che non permetterebbe le verifiche necessarie. Altri hanno lamentato la mancanza di inviati e la cronica gara sul tempo tra i media online, nonché la rincorsa della carta che commenta il giorno dopo. Se la vita perduta di Noa ha fatto notizia è anche perché lei stessa, dopo aver serbato a lungo i suoi dolorosi segreti di vittima sessuale, ha voluto essere una testimone con l’autobiografia “Vincere o imparare”. Desolante pensare che sia stata fraintesa, che non ci siano stati approfondimenti sulle violenze né sui metodi e gli istituti per il recupero dall’anoressia. Per il grande pubblico, che si ferma alla prima notizia, Noa resta la minorenne che è morta di eutanasia legale. Anche se non è andata così.
Lucia Bocchi
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