28 maggio 1980 – 28 maggio 2019 – Noi non dimentichiamo – Newsletter n° 8/2019

Newsletter n° 8/2019 – In questo numero

  • Editoriale di Fabio Cavalera
  • Se si parla di migranti,
    la matematica diventa un’opinione
    di Marinella Rossi

  • Perché, nel mezzo della crisi,
    ho deciso di fare il giornalista
    di Giacomo Cadeddu

  •  I giornalisti fanno i contenuti
    Google e Facebook fanno i soldi
    di Eugenio Gallavotti

 

Corso di formazione:
“Decreto sicurezza e immigrazione” 
28 maggio (h. 14,30-17,30.) – Aula 146, Iulm, v. Carlo Bo, Milano.
Relatori: Valerio Onida, Gherardo Colombo, Livio Neri,
Marinella Rossi, Fabio Cavalera

Corso di formazione:
“Opinione, libertà e verità nell’era dell’informazione globale”
6 giugno (h. 15- 18) – Sala Napoleonica, Università Statale
via Festa del Perdono 3, Milano.
Relatori: Cardinale Angelo Scola, Luigi Geninazzi, Elio Franzini

 

 

Tobagi-assassinio
L’assassinio di Walter Tobagi, giornalista del Corriere della Sera, il 28 maggio 1980

28 maggio 1980
28 maggio 2019
Noi non dimentichiamo

Cara Collega, caro Collega

il 28 maggio di trentanove anni fa veniva ammazzato Walter Tobagi. La retorica commemorativa non mi piace. Il modo migliore di ricordare Walter e, assieme a lui,  tutte le giornaliste e tutti i giornalisti caduti per il coraggio e il rigore con cui esercitavano la professione, credo sia quello di dimostrare nei fatti e coi fatti che il loro esempio e il loro insegnamento non vengono dimenticati.
Il nostro 28 maggio 2019, come Associazione Walter Tobagi, passa attraverso l’impegno alla riflessione e all’aggiornamento sulle tematiche dell’attualità perché è nostro dovere, e Walter lo ripeteva spesso, studiare ed essere informati per informare di più e meglio. Il nostro 28 maggio dunque non può che essere un corso deontologico di alto livello.
Lo scorso anno scegliemmo la problematica delle false notizie. Oggi, nel nostro 28 maggio, mettiamo al centro della formazione il “decreto sicurezza e immigrazione”, questioni con le quali dobbiamo fare i conti quotidianamente e sulle quali non possiamo permetterci di essere superficiali. Ne dibatteremo con i relatori Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale, Gherardo Colombo, ex magistrato e coordinatore della commissione trasparenza e legalità del Comune di Milano, infine con l’avvocato Livio Neri. Moderati dalla collega Marinella Rossi.
Credo che sia questa la strada corretta di tenere viva la memoria e l’esempio dei nostri amici che purtroppo non ci sono più.
Grazie dell’attenzione

Fabio Cavalera
Consigliere Ordine Giornalisti Lombardia
Presidente Associazione Walter Tobagi

Se si parla di migranti
la matematica diventa un’opinione

di Marinella Rossi
Comitato di indirizzo Master in giornalismo Walter Tobagi 

 

Ilaria-Alpi-1

Se si parla di migranti, la matematica è un’opinione. La loro presenza sul territorio nazionale, oltre la fisiologica aleatorietà nel quantificare i flussi migratori, subisce la pressione di forze potenti, quanto poco scientifiche:politica e informazione. La loro sommatoria produce, spesso, un’opinione pubblica manipolata. Se assecondiamo quanto di recente ha dichiarato il Ministro dell’Interno Matteo Salvini, risulterebbe che dal 2015 (e quindi in epoca assai precedente all’attuale governo giallo-verde) “il numero massimo stimabile di irregolari in Italia è di circa 90 mila persone, un numero molto più basso rispetto a quanto qualcuno va narrando in questi giorni”. Qualcuno chi, ci si chiede? Occorre infatti ricordare che lo spettro dell’invasione dello straniero è ed è stato cavallo di battaglia dello stesso ministro, prima di divenire tale; lui a dire di “mezzo milione di clandestini in giro per l’Italia a campare di furti e illegalità” (8 febbraio 2018), quando non (27 dicembre 2017) di “5 milioni di poveri, 4 milioni di disoccupati, 1 milione di clandestini”. Certo, ad assecondare i numeri ridimensionati dal capo del Viminale, c’è da chiedersi se a fronte della complessa composizione di normative integratesi negli anni – dalla Turco-Napolitano del ‘98, alla Bossi/Fini del 2002, al pacchetto sicurezza Maroni del 2009 che apre al diritto penale con il reato di immigrazione clandestina – vi fosse quell’emergenza nazionale tale da mandare in onda una normativa improntata a restrizione dell’accoglienza e dell’ospitalità e voluta proprio da chi ora “restringe” l’allarme. Sia pure con dati non sempre combacianti tra stime Ocse, Istat, Ispi e Ismu, un fatto pare palmare: il numero degli stranieri è stabile dal 2013, e la loro incidenza aumenta di pochissimi decimali all’anno soprattutto per via della diminuzione della popolazione italiana. Il centro studi Idos, ad esempio, smentisce la favola dell’assedio, mentre un sondaggio dell’Istituto Cattaneo ci indica tra gli europei con la percezione più lontana dalla realtà riguardo al numero di stranieri nel Paese, stimati più del doppio dei presenti. In Europa, dove gli stranieri sono 38,6 milioni (di cui 21,6 extracomunitari) e incidono per il 7,5 per cento sulla popolazione complessiva, secondo il rapporto Idos, l’Italia è terza (vedi grafico verde) dopo Germania (9,2 milioni) e Regno Unito (6,1); con i nostri 5 milioni superiamo la Francia (4,6) e la Spagna (4,4).Ma riguardo invece alla quota di extracomunitari, secondo TrueNumbers, l’Italia si posiziona al quinto posto in Europa, dietro Germania, Inghilterra, Francia e Spagna (grafico rosso e blu). E secondo il Dipartimento di pubblica sicurezza, infine, il vero crollo (grafico in basso) delle migrazioni degli extracomunitari, in Italia, dopo 40 anni, si è verificato nel luglio 2017, subito dopo l’accordo tra l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti e la Libia. Secondo Eurostat, nel 2017 nell’Unione europea c’è stato sia un drastico calo degli attraversamenti irregolari delle frontiere (diminuiti di nove volte rispetto al 2015) che delle richieste di asilo, con il 43,5% in meno sul 2016. Eppure il 4 ottobre 2018, sotto la pressione di una fantasmatica invasione, agevolata da parcellizzate e micidiali fake news, è passato il decreto legge 113 convertito in legge 132 l’1 dicembre 2018.  Si tratta di 42 articoli suddivisi in 4 titoli sotto i quali sono mescolati argomenti eterogenei, dall’immigrazione, alle occupazione abusive, ai beni confiscati ai mafiosi.  Un melting pot, per restare in argomento. E quello di cui andremo a parlare il 28 maggio nel nostro corso di formazione deontologica con un parterre di qualificatissimi relatori (il costituzionalista Valerio Onida, l’ex magistrato Gherardo Colombo e l’avvocato giuslavorista e membro Asgi Livio Neri) sarà il core business del decreto: le nuove norme sull’immigrazione, il loro impatto sulla Costituzione e sulle leggi internazionali sul diritto d’asilo, e di cui qui si fa solo un brevissimo cenno, lasciando ai relatori e al convegno la miglior trattazione, all’abolizione di fatto della protezione per motivi umanitari. Un tempo, secoli fa, la xenia greca, induceva a trattare l’ospite con calore e rispetto,perché, si diceva, nello sconosciuto si poteva celare un Dio. Il Ciclope, con la sua cecità fisica e d’animo, che dello straniero vorrebbe fare polpette per la cena, riceve, oltre che il disprezzo omerico, un trattamento crudelmente farsesco.  Era molto tempo fa, e alcuni uomini sono di scarse letture o memoria.

Perché, nel mezzo della crisi
ho deciso di fare il giornalista

di Giacomo Cadeddu
Master in giornalismo Walter Tobagi – XIII° biennio

 

Verifica-delle-fonti

Sono laureato in giurisprudenza e molti in famiglia mi avrebbero voluto giudice.«Sei bravo nello studio, prova il concorso in magistratura, se lo passi sei a posto». Non senza provocare qualche storcimento di naso, ho deciso di fare il giornalista. Non èil calvario dell’esame di Stato che mi ha portato ad abbandonare la strada delle professioni legali. Sono convinto che la forza di volontà, unita a una buona dose di vocazione, vinca su qualsiasi altra cosa. E allora perché intraprendere una via come quella del giornalismo, mai così insidiosa come oggi? Mi sono iscritto alla Scuola di Giornalismo Walter Tobagi consapevole delle difficoltà che questo mondo ha in serbo,soprattutto per noi giovani. La professione è bistrattata. Lo sappiamo tutti, sarebbe sciocco negarlo e ancor di più tapparsi occhi e orecchie. La crisi dell’editoria, un mercato del lavoro difficile, un sentir comune della cittadinanza che non ha poi molta stima di chi decide di voler fare il giornalista, non rendono appetibile la carriera ai più. Credo fermamente però in una cosa. Se le aziende possono attraversare qualsiasi tipo di tempesta economica e organizzativa, c’è qualcosa che in crisi non andrà mai. Fare informazione, raccontare le sfumature del mondo. La crisi c’è, ma è del giornalismo come lo abbiamo sempre inteso. Quando un modello vacilla, si rimane spiazzati. Noi però, che quel mondo lo abbiamo solo sfiorato, da fruitori,possiamo sognare di essere il cambiamento che tutti aspettano. L’impegno sarà tanto, i punti incerti sul futuro anche. Cogliere nuove sfide significa però avere nuove possibilità e, se si guarda alla crisi della professione da questo punto di vista, la prospettiva cambia: dalla paura si passa allo stimolo. Dovremo saper fare tutto, ce lo dicono spesso, utilizzare tutti i mezzi e scoprirne le potenzialità. Anche di quelli che in principio sono stati accolti come un nemico dei canali di comunicazione tradizionale, vedi i social, e perché no, inventarne di nuovi. Non credo che la professione in cui stiamo entrando tramonterà mai e, un po’ romanticamente, sto scoprendo che imparare a raccontare gli altri vuol dire anche scoprire un po’ se stessi. A Scuola non siamo così tanti. Siamo trenta. Eppure, siamo trenta sguardi diversi sulla realtà. Trenta visioni che si scontrano, si incrociano e a volte si contaminano a vicenda. Imparando ad ascoltare nuove voci, adottare nuove lenti di ingrandimento sul mondo, stare insieme e confrontarsi. Accorgersene è stato forse il passaggio che più di tutti mi ha convinto: ho fatto la scelta giusta.

I giornalisti fanno i contenuti
Google e Facebook fanno i soldi

di Eugenio Gallavotti
Docente Iulm, ex vicedirettore Elle

Pendolare-del-giornalismo

Dopo la vertenza Mondadori appena conclusa (tagli del 13 per cento agli stipendi dei giornalisti), ecco lo stato di crisi Hearst con riduzioni annunciate del 30 per cento, segno che la fusione delle testate Elle e Gioia non ha portato i benefici sperati. Sappiamo quanto traballante sia l’alibi di un management che dichiara: “Non è colpa nostra, ma del mercato”; un management ha competenze di visione, progettazione, gestione e dovrebbe essere in grado di definire il modello di business di un giornale.
D’accordo la crisi Lehman Brothers, d’accordo Google & Facebook che hanno vampirizzato la nostra professione – abituando la gente all’idea che le notizie siano a costo zero come l’aria – ma a questo punto è evidente che l’ex quarto potere ha anche un problema di amministratori, negli ultimi 10/15 anni certamente più attratti da altri settori produttivi.
Già perché il nostro comparto, un tempo la Premier League nella classifica delle imprese, adesso è una specie di Empoli in lotta per la salvezza. Perciò non stupisce che tanti Ceo e dintorni sognino di essere cooptati dalla Tim o da Amazon, più che ingegnarsi a far funzionare quotidiani e periodici.

Ma come mai, se eravamo la Premier League, siamo diventati l’Empoli? E qui torniamo ai giganti dell’online, anno 2004: «Lasciate pure che riutilizzino gli articoli dei nostri giornalisti. Ci fanno solo pubblicità», fu il coro incauto e un po’ snob dei publisher di mezzo pianeta. Con il risultato che i grandi motori di ricerca e social network, “gonfiati” dal lavoro gratuito dei giornalisti – in spregio anche alla recente direttiva Ue sul copyright – oggi guadagnano a dodici cifre, rastrellando i tre quarti del fatturato pubblicitario mondiale.
Ora, provando a guardare avanti, pensiamo a come favorire, con ogni strumento possibile, l’accesso al mondo dell’informazione di manager accorti, motivati, realmente interessati e disposti a investire la loro carriera nei giornali. I Paesi nordeuropei, oltre a Stati Uniti, Canada e Australia, hanno saputo sviluppare nel tempo formazione e competenze specifiche molto più evolute rispetto all’Italia, dove ancora si pensa che bastino “fiuto” e “coraggio” e dove esistono numerose scuole per giornalisti, ma nessun master per i manager editoriali. Intanto, due misure porterebbero la questione in primo piano, rappresentando anche un contributo per una maggiore attenzione a progetti e iniziative:
1) il parere – non vincolante – dei giornalisti sulle nomine dei dirigenti editoriali;
2) la presenza – non maggioritaria – di giornalisti qualificati all’interno degli organismi apicali delle aziende. 

 

Newsletter dell’Associazione Walter Tobagi per la formazione al giornalismo
Università Statale di Milano – 
Ordine dei giornalisti della Lombardia

Presidente AWT: Fabio Cavalera Segretario: Lucia Bocchi, Tesoriere/Consigliere rappresentante Alg: Rosi Brandi Presidente OgL/Consigliere: Alessandro Galimberti. Consiglieri: Francesco Ordine, Rossella Verga, Gegia Celotti, Roberto Di Sanzo, Ilaria Li Vigni, Francesco Caroprese, Consigliere rappresentante Cnog: Giorgio Gandola, Consigliere rappresentante Fieg: Edoardo Zucca Consigliere rappresentante Fnsi: Marina Cosi Consigliere ex allievo Ifg:Carlo Ercole Gariboldi Consigliere ex allieva Ifg: Daniela Stigliano. Revisori dei conti: Maria Ancilla Fumagalli, Carlotta Scozzari, Simone Filippetti Componenti Comitato di indirizzo: Maria Elena Barnabi, Massimo Borgomaneri, Marco Foroni, Rosanna Massarenti, Anna Migliorati, Giancarlo Perego, Marinella Rossi, Gaia Scacciavillani. Direttore della Scuola di giornalismo Walter Tobagi – Università Statale di Milano: Venanzio Postiglione Vice direttore: Claudio Lindner

Gli studenti del Master in giornalismo Walter Tobagi di Milano: Alberto Mapelli, Andrea Ciociola, Andrea Galliano, Andrea Prandini, Bernardo Cianfrocca, Caterina Zita, Edoardo Re, Elisa Cornegliani, Emanuela Colaci, Fabrizio Papitto, Federico Baccini, Gaia Terzulli, Giacomo Cadeddu, Giacomo Salvini, Giada Giorgi, Giorgia Fenaroli, Giulia Giaume, Luca Covino, Lucio Palmisano, Marco Bottiglieri, Marco Capponi, Marco Rizza, Marco Vassallo, Maria Laura Iazzetti, Maria Vittoria Zaglio, Martina Piumatti, Riccardo Congiu, Riccardo Lichene, Roberta Giuili, Valeria Sforzini.

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