di Ester Castano, consigliera dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia con deleghe su Giovani, nuovi giornalismi e pari opportunità.
Giornalismo italiano ‘Paese per donne’? La risposta è no. Lo dicono i dati con pochissime professioniste nelle posizioni apicali, lo dicono le esperienze delle colleghe da nord a sud dello Stivale. Non sono parole intrise di pessimismo, ma di realtà: nella nostra società le donne sono troppo spesso sole nell’affrontare relazioni violente e precarietà economica. L’emergenza sanitaria, se ne è discusso più volte, forse non abbastanza, rende ancor più difficile la piena autonomia: ha intensificato lo sfruttamento del lavoro domestico, di relazione e cura. L’occupazione femminile è scesa al 49%, dato peggiore dal 2013.
Se il dibattito oggi è vivo vuol dire che crediamo in un cambiamento anche interno al nostro settore – il giornalismo, l’informazione – e ci facciamo portatrici dello stesso nel nostro agire quotidiano. Ci vorranno 136 anni a colmare il divario, dicono, e forse è per questo che è ancora necessaria una Giornata internazionale dei diritti delle donne.
In queste due settimane di guerra siamo state travolte da una sovrabbondanza di informazioni. Cosa sono i conflitti militari se non la massima espressione della violenza maschile sui corpi? A riempire le pagine dei quotidiani sono foto di donne, come emerso dalla ‘Rassegna sui generis’ realizzata da GiULiA (Giornaliste unite libere e autonome). Ma quali foto?
Madri in fuga, bambine che stringono il proprio giocattolo, ragazze col fucile, tra molotov e barricate, sicuramente bellissime. Il rischio, ancora una volta, in una narrazione eccezionalista ed eurocentrica, è quello di un racconto sessualizzato. Titoli come: “Anastasiia, dalla fascia di miss Ucraina alla guerra”. Non è la prima volta. Quando la combattente curda Asia Ramazan Antar cadde in battaglia fu eletta a simbolo di guerra dai media occidentali solo per la sua bellezza: “Siria, uccisa in battaglia l’Angelina Jolie del Kurdistan”.
Se sulla stampa si parla di donne sembra indispensabile parlare di corpo. Ogni tanto, evidenziano le colleghe di GiULiA, “si presta attenzione al cosiddetto sport in rosa”. Lo si fa, si legge nel report, “non per sottolineare le capacità sportive delle protagoniste, ma per indagare nella loro vita privata, per evidenziare il look esibito, per sottolineare eventuali difetti fisici”. Insomma, l’aspetto pruriginoso c’è sempre. Forse ciò che rappresentiamo sulle pagine dei giornali non è poi tanto diverso dalla mentalità, dall’atmosfera, di cui sono intrisi i nostri luoghi di lavoro, tra battute e stereotipi.
E il corpo femminile nelle redazioni? Non è normale chiedere a una dipendente di indossare scarpe col tacco, abiti più succinti, gonne e non pantaloni larghi. Eppure pare che nelle redazioni milanesi e lombarde ci siano ancora uomini, superiori, capi, a cui viene permesso di avanzare tali pretese. Ne parleremo ancora. Non solo l’8 marzo.
La ‘Rassegna sui generis’, ’, realizzata da GiULia, è stata presentata l’8 marzo in occasione dell’incontro ‘Media e web: dove sono le donne?‘ alla Casa delle Donne di Milano da Maria Luisa Villa, coordinatrice GiULiA Lombardia, le giornaliste di GiULiA Barbara Consarino e Paola Rizzi, e Ester Castano.