La critica non è un errore. È un diritto. È inaccettabile dunque la direttiva interna che il Segretario generale del Comune di Como Mari Lamari ha emanato il 5 luglio, invitando i dirigenti a leggere “entro le 10” i giornali e a segnalare all’Ufficio comunicazione gli articoli “lesivi dell’immagine del Comune e/o del suo apparato tecnico amministrativo”, ricordando che “eventuali calunnie” – ma la calunnia è giuridicamente un’altra cosa – “possono essere portate in giudizio”.
La direttiva identifica la critica, che è un diritto sacrosanto e centrale nelle democrazie liberali, con l’errore sulle circostanze di fatto e di diritto che guidano l’organizzazione comunale che sono quindi considerate dall’amministrazione come inoppugnabili. Questa identificazione tra critica ed errore è inaccettabile. La direttiva non intende infatti favorire la conoscenza delle circostanze che guidano l’azione del Comune, ma replicare ad articoli “lesivi nei confronti dell’Ente e dei Direttori”. La confusione, l’ambiguità, rivelano le reali intenzioni dell’amministrazione.
La posizione dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia è chiara e immutata nel tempo: gli enti pubblici – soprattutto gli enti pubblici – sono chiamati a favorire la libertà di espressione, “diritto fondamentalissimo” secondo la Corte costituzionale, e la libertà giornalistica che ne fa parte e che risponde al diritto di informazione dei cittadini. Informazione che non sempre porta al consenso, ma può alimentare critiche e dissensi. La direttiva del Comune di Como va in una direzione decisamente opposta.