In arrivo una direttiva Ue contro le querele temerarie

La vicepresidente Jourová: «Abbiamo promesso di difendere meglio i giornalisti e gli attivisti contro coloro che cercano di silenziarli»

di Alessandra Tommasi

praticante della scuola Walter Tobagi di Milano, ora in stage a Eunews . L’articolo è stato originariamente pubblicato dalla testata con sede a Bruxelles, che ha concesso l’autorizzazione a replicarla, il 27 aprile.

BRUXELLES – C’è un «imperativo morale» dietro alla proposta legislativa e alla raccomandazione contro le querele temerarie, presentate oggi (27 aprile) dalla Commissione Europea: la memoria della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, assassinata da un’autobomba il 26 ottobre del 2017 per le sue inchieste anti corruzione. «Abbiamo promesso di difendere meglio i giornalisti e gli attivisti contro coloro che cercano di silenziarli», ha spiegato la vicepresidente della Commissione Europea, Věra Jourová, «la nuova legge lo fa».

Cause legali strategiche contro la pubblica partecipazione. È questo il nome tecnico dello strumento di deterrenza utilizzato, oltre alle minacce di morte, contro Caruana Galizia da chi non voleva che continuasse a pubblicare gli articoli di denuncia sul suo blog, Running Commentary. Si tratta di cause intentate contro gli operatori dell’informazione (e non solo) allo scopo di intimidirli e prosciugarne le risorse economiche. Che da molti vengono definite “la museruola del giornalismo libero”, pur colpendo anche attivisti e spesso ricercatori e accademici.

La famiglia di Caruana Galizia stava affrontando oltre 40 cause di questo tipo dopo la sua morte, alcune delle quali all’estero, soprattutto nel Regno Unito. La direttiva presentata oggi punta, insieme alla raccomandazione per gli Stati membri, a prevenire e scoraggiare questa pratica. Prima di diventare legge, dovrà essere approvata dal Consiglio e dal Parlamento Europeo.

La proposta riguarda le sole cause civili con implicazioni transfrontaliere. Ovvero i procedimenti di interesse pubblico «rilevante per più di uno Stato membro» o diverse cause presentate contro lo stesso imputato in più Paesi della Ue. La direttiva permette ai giudici la rapida archiviazione delle cause «manifestamente infondate» e di imporre al richiedente il pagamento di tutte le spese procedurali, comprese quelle legali dell’accusato, già all’inizio del procedimento nel caso ci siano elementi riconducibili a una querela temeraria, ma non sufficienti a richiedere la rapida archiviazione. Possibili anche «penalità dissuasive» contro chi sporge querele temerarie, mentre le vittime potranno chiedere il risarcimento dei danni materiali e morali subiti. La direttiva assicura inoltre la protezione di giornalisti e attivisti domiciliati nell’Unione Europea contro le sentenze emesse dai tribunali dei Paesi extra UE, in base a procedimenti ritenuti «infondati» dalla legge dello Stato membro.

La raccomandazione incoraggia invece i Paesi europei ad allineare le loro norme con la proposta di legge anche per i casi nazionali e in tutti i procedimenti, non solo quelli civili. Invita gli Stati membri a tenere corsi di formazione e sensibilizzazione per i professionisti del diritto, i giornalisti, gli attivisti e i diversi interessati. Chiede infine il monitoraggio sistematico e la raccolta dei dati sulle querele temerarie e i relativi processi, da inviare, in caso di adozione, alla Commissione entro il 2023. Quest’ultimo punto è di particolare importanza secondo la Commissione. «È difficile avere una visione completa dei diversi casi al momento», ha dichiarato Jourová.

Secondo i dati del Rapporto 2022 rilasciato della piattaforma per la protezione dei giornalisti del Consiglio d’Europa, il fenomeno delle querele temerarie sarebbe in crescita. Nel 2021, le richieste di risarcimento per danni da diffamazione, l’accusa in genere utilizzata come base legale di partenza, hanno superato il mezzo milione di euro.

Nell’Unione Europea gli attacchi legali e fisici a giornalisti e operatori dell’informazione sarebbero stati 439 nel solo 2021. Per gli attivisti in difesa dei diritti umani, il dato, in questo caso legale, è di 42 procedimenti giudiziari “bavaglio” dal 2015. I più colpiti sono coloro che si occupano di tematiche ambientali.

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