Affrontare temi che presentano livelli di complessità sempre più sofisticati richiede la condivisione di strumenti e competenze differenti, anche su scala internazionale. Lavorare in team è indispensabile. L’Ordine della Lombardia ha avviato un gruppo di lavoro su questo tema: ecco cosa vogliamo fare
Di Francesco Gaeta – francesco.gaeta@odg.mi.it
- È uscito il numero 3 – 2003 di Tabloid. Il titolo di copertina è Visioni. Come cambiano oggi alcuni generi giornalistici: la cronaca, l’inchiesta, il data journalism. Questo è uno degli articoli del numero, che potete sfogliare interamente a questo link
In questo articolo parleremo di inchieste, e di come l’Ordine dei giornalisti della Lombardia pensa di occuparsene, ma in linea con questa sezione di Tabloid – che ha per titolo Visioni – la prenderemo un po’ alla lontana, per cui mettetevi comodi. Partiremo cioè dai dati, quelli dell’ultimo Digital News Report 2023, lo studio del Reuters Institute considerato – per autorevolezza e completezza della fonte – un riferimento sui trend del giornalismo globale.
I dati che qui ci interessano sono tre.
Il primo ha a che fare con la quota di lettori che su scala globale dichiarano di avere (ancora) fiducianei confronti dell’informazione: sono il 40%, e in Italia sono qualcuno in meno (34%). Quasi 7 italiani su 10 cioè non si fidano di ciò che leggono quando leggono notizie.
Il secondo dato riguarda chi ha scelto di non volersi più informare. I ricercatori della Reuters li chiamano news avoiders e dicono che sono il 34%: abbassano la radio quando arrivano i notiziari, tolgono le notifiche alle notizie sulle loro app, sui social vanno oltre. Dietro ci sono varie motivazioni: sfiducia, ma anche noia, o ansia rispetto a certi temi (cambiamento climatico, conflitto in Ucraina, pandemie).
Infine, il terzo dato: le persone disponibili a pagare per l’informazione. Nei 20 paesi a più elevato tasso di consumo di informazione, la Norvegia è in testa con il 39% di lettori paganti, la media è del 17%, l’Italia si colloca al 12%.
Questi tre dati possono essere riassunti in tre parole: sfiducia, disaffezione, valore. Che relazione hanno con la parola inchiesta? Perché partire da qui per ragionare di inchieste?
Non solo un genere, un approccio
Perché in un mercato dell’informazione sempre meno stabile – tramonto degli editori e del pubblico “come li abbiamo conosciuti” – il giornalismo di approfondimento rimane un punto nevralgico per assicurare o recuperare la mediazione giornalistica che spesso e frettolosamente diamo per spacciata. Come racconta su questo numero di Tabloid l’articolo a pagina xx, fare inchieste vuol dire mettere in fila dati e fatti, inquadrarli in un contesto, tracciare linee tra punti rilevanti e significativi e, se ci si riesce, chiarire traiettorie, esiti possibili di un fenomeno. È fare mediazione giornalistica nel modo più prezioso possibile.
Qui c’è anche il rischio di un equivoco. Siamo portati ad associare l’espressione “giornalismo d’inchiesta” o “di approfondimento” al giornalismo investigativo, ma non sono cose che necessariamente si sovrappongono. Si può fare inchiesta anche senza avere fonti riservate o addirittura senza scoprire nulla di nuovo. Magari si chiarisce ciò che già si conosceva perché lo si mette in un quadro coerente, si vedono nessi che prima non erano chiari, e così facendo si rende il tutto disponibile a una comprensione più ampia, approfondita e consapevole. In ogni caso, che l’esito sia qualcosa di inedito o meno, effettuare un lavoro di indagine è offrire un valore aggiunto a chi legge, ascolta, guarda e oggi è ciò che qualifica e distingue il fare giornalismo dal ronzio dei social.
Il Gruppo di lavoro dell’Ordine
L’abbiamo presa da lontano, eravate avvertiti. Veniamo dunque a noi.
L’Ordine dei giornalisti della Lombardia ha avviato un Gruppo di Lavoro sul giornalismo d’Inchiesta (GLI) a disposizione di tutti i colleghi iscritti e interessati al tema. GLI avrà una funzione di sensibilizzazione e orientamento sul tema del giornalismo di approfondimento, cioè su come e a quali condizioni di sostenibilità può essere oggi svolto.
Anche ispirandosi ad esempi stranieri (Investigative Dashboard del consorzio OCCRP), il gruppo di lavoro sarà un serbatoio di competenze messo a disposizione di tutti gli iscritti su tre ambiti.
Condividere strumenti
Il primo ambito è quello degli strumenti.
GLI metterà a disposizione di tutti gli iscritti all’Ordine il proprio know-how in tema di
- database (es. Sajari Orbis Panjiva, Aleph)
- software e tools di supporto per il trattamento dei dati (es. Datawrapper; uso avanzato di Excel)
- partnership Italiane e straniere – testate, collettivi giornalistici, cooperative di professionisti, ma anche associazioni di lobbing – con cui progettare e realizzare progetti di inchiesta (es. OCCRP; Gijn; IJNet; Lighthouse Report; Fada Collective; Irpi Media; The Good Lobby;
- fonti di finanziamento (da fondazioni anche internazionali);
- strumenti di tutela legale e assicurativa.
Fare consulenza
Il secondo ambito è quello della consulenza giornalistica: oltre a dare risposta a quesiti su strumenti e supporti, GLI intende affiancare i colleghi nella progettazione e realizzazione di prodotti di inchiesta multimediale. Ovvero, nella massima riservatezza sui progetti stessi, fornire supporto su strumenti e metodologie di indagine ed elementi di contesto sulle varie tematiche.
Fare formazione
Il terzo ambito si riferisce alla formazione. Su questo GLI si occuperà di sensibilizzare gli iscritti sul tema del giornalismo d’inchiesta attraverso l’organizzazione di eventi formativi e la pubblicazione di materiali formativi.
Il Gruppo di Lavoro si riunirà almeno una volta al mese e sarà composta da almeno sei giornalisti e e sei esperti/consulenti. Il lavoro sarà comunicato su tutti i canali dell’Ogl. Le richieste di consulenza avverranno attraverso un indirizzo di posta elettronica dedicato e il contatto di due referenti, uno per il gruppo di consulenti e l’altro per il gruppo di giornalisti. La partecipazione alla commissione è a titolo gratuito, salvo rimborso spese per incontri in presenza.
C’è un’ultima cosa da aggiungere. Di fronte a fenomeni che hanno sempre più scala globale e livelli di complessità inediti, lavorare in partnership nazionali e internazionali diventa una condizione di sostenibilità essenziale. Condividere approcci, metodologie, strumenti, persino fonti è la condizione per potere o meno realizzare un’inchiesta completa. Per creare impatto. Questa logica plurale e collaborativa è un tratto che caratterizza modi e forme dei nuovi giornalismi e che proviamo a raccontare anche in questo numero. Sempre più spesso realizzare un’inchiesta non è mettere la firma di un singolo sotto un articolo, ma collaborare a un progetto collettivo di scavo, analisi e ricostruzione che è possibile solo condividendo competenze differenti e trasversali. Sarà la logica di GLI, un gruppo di lavoro plurale.