“Il diritto a essere correttamente informati: i media tra disintermediazione e la sfida per una comunicazione al servizio della verità”: questo il tema che ha occupato la giornata della festa del patrono dei giornalisti, San Francesco di Sales, che si è svolta nella sala Barozzi dell’Istituto dei ciechi, a Milano. Il tradizionale appuntamento ha visto, per la prima volta sul palco insieme, mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano (dal 7 luglio 2017), e Alessandro Galimberti, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia (dal 16 ottobre 2017). Insieme a Delpini e a Galimberti, dopo l’introduzione dei lavori da parte di don Davide Milani, direttore dell’ufficio comunicazioni sociali della Diocesi, c’erano i colleghi Daniele Bellasio, caporedattore esteri de La Repubblica, Marco Alfieri, caporedattore e responsabile web de Il Sole 24 Ore e Tiziana Ferrario, giornalista del Tg1 Rai.
E’ toccato all’arcivescovo di Milano, questa volta, porre alcune domande e alcuni dubbi ai giornalisti presenti, richiamandoli alla correttezza e alla sfida della verità dei fatti, nel delicato compito della divulgazione delle notizie. Il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, è intervenuto sui temi di grande attualità nell’era dell’informazione digitale. “Ci avevano raccontato che il web sarebbe stato il luogo della democrazia disintermediata e che su Internet avrebbe trionfato la libertà di pensiero. Ci siamo ritrovati in un mondo virtuale pieno di fake news, serio pericolo per le democrazie, per la libertà di pensiero e per il rispetto dei più deboli – ha detto Alessandro Galimberti – Dall’inizio dell’era digitale viviamo una sorta di idolatria (abilmente indotta) del web, percepito come valore e come contenuto e non invece come semplice medium, percezione che oggi è urgente spezzare. Nel mondo reale e nel giornalismo tradizionale abbiamo regole di responsabilità e di civiltà chiare, per cui chi sbaglia paga, mentre sul web questo non accade per definizione. Basti pensare che la diffamazione da noi è reato, ma negli Usa no, così da bloccare ogni richiesta di assistenza giudiziaria per identificare gli autori di fake, calunnie e diffamazioni via social. Sul web è ormai inderogabile avere regole e leggi internazionali condivise, altrimenti il rischio per le democrazie e per il libero pensiero, lasciato in mano a tre o quattro monopolisti della rete, è davvero elevato – ha tenuto a sottolineare il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, che ha proseguito segnalando che – i motori di ricerca e i social network guadagnano soldi dalla profilazione dei loro utenti. Non solo, più una notizia è “sparata”, più è falsa più fa click, e più si fanno click più guadagna soldi chi la scrive, attraverso la premialità dell’advertising gestito dai soliti 2 o 3 big (Google e Facebook controllano più del 75% della pubblicità mondiale della rete). Il pagamento delle notizie in base ai click e non in base alla qualità/veridicità del contenuto genera il distorto fenomeno delle fake news. Le notizie vere hanno un costo di produzione e questo costo deve essere pagato, se non più dagli utenti, dall’intermediario digitale che su quei contenuti da anni produce redditi miliardari (Google e Facebook su tutti), peraltro di quasi impossibile tracciabilità fiscale”, ha concluso Galimberti. Al termine dell’incontro, l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha scherzosamente chiesto ai giornalisti di pagare una tassa, o meglio una decima scrivendo qualcosa che dia speranza, e dica “soprattutto ai giovani che c’è una buona ragione per desiderare di diventare grande e che questo mondo non fa così schifo”. Lo ha chiesto a conclusione del tradizionale incontro organizzato dalla diocesi ambrosiana in occasione del patrono dei giornalisti San Francesco di Sales. Incontro, quest’anno, sul ‘diritto ad essere correttamente informati, a cui Delpini, diventato arcivescovo a settembre, ha partecipato per la prima volta. “Non deve essere una predica – ha spiegato Delpini – ma una notizia, che sia un seme di speranza rivolto a un diciottenne.Scrivete 1800 battute e mandatemele per mail”. Si tratta di un “modo per reagire all’immagine cupa di come sta andando il mondo. Io sono ammirato nell’immenso bene che trovo” ha aggiunto criticando la “prevalenza del grido un po’ scandalistico” che quando qualcuno è accusato, che sia prete o politico, fa in modo che sia “naturalmente condannato da tutto il mondo” distruggendo “per sempre la sua immagine” al di là del giudizio del giudice. “L’impressione – ha concluso – è che faccia più rumore del bene”.