“Sono un sovranista europeo”: ha esordito così l’economista Carlo Cottarelli (ex Centro studi Banca d’Italia, ex Commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica ed ex direttore esecutivo nel board del Fondo monetario internazionale) al convegno “Guerra e pace verso l’Europa” che si è tenuto ieri sera al Teatro Leonardo di via Ampère, a Milano. Terzo appuntamento di un ciclo che raggiungerà anche Napoli e Torino (su www.lastampa.it\guerraepace, nel live podcast dedicato alla politica internazionale, è riascoltabile l’intero convegno). L’appuntamento era organizzato dall’Istituto Affari Internazionali, da Villa Vigoni e da La Stampa, in collaborazione con i Decanati Città Studi e Venezia e con l’Ordine dei giornalisti della Lombardia (che ha riconosciuto l’evento con crediti formativi). Un Teatro Leonardo gremito di persone (più di 400).
“Mai vista così tanta gente riunita, di questi tempi a parlare di Europa”, commenta, in platea, in prima fila, poco prima d’iniziare il dibattito, Ferdinando Nelli Feroci, presidente dello Iai (Istituto affari internazionali), diplomatico di carriera e rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione europea a Bruxelles (dal 2008 al 2013). E se lo dice lui… “Un dibattito con alto valore aggiunto non solo di idee ma anche di educazione nell’esposizione dei fatti, senza parole urlate, senza litigi e spettacolarizzazione inutili. Anche questa è merce rara di questi tempi” osserva, alla fine del dibattito, Alessandro Galimberti, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, raccogliendo l’applauso del pubblico. Sul palco, insieme a Carlo Cottarelli, ci sono Michele Valensise, presidente di Villa Vigoni, Don Giuseppe Grampa, responsabile della Comunità pastorale San Giovanni il Precursore, in sostituzione dell’arcivescovo, monsignor Mario Delpini, colto da un lieve malore poco prima dell’evento. Introduce il dibattito Francesca Sforza, capo redattore della redazione romana della Stampa di Torino, che, all’insegna della domanda “L’Europa arricchisce o impoverisce?” sollecita anche un gioco-voto in sala (il risultato è a stragrande maggioranza a favore del’Europa). Modera il dibattito il direttore de La Stampa Maurizio Molinari che sollecita subito Cottarelli. Un lectio magistralis, la sua: “Non ci rendiamo conto che se non ci mettiamo insieme, in Europa, non conteremo niente. Stiamo rischiando di fare come i Comuni nel Medioevo italiano che si combattevano l’un l’altro perdendo così ogni capacità politica. Io sono di Cremona e so che quando il Barbarossa venne nella pianura padana, Cremona si alleò con il Barbarossa per buttare giù le mura di Milano. Che senso ha? Oggi, tra Stati Uniti da una parte e Cina dall’altra, se l’Europa non è unita non conterà niente – sottolinea Cottarelli – Credere poi che l’Europa sia stata una creazione della Germania, è una tesi sbagliata – osserva Cottarelli – E non è neanche vero che la Germania decide tutto in Europa, tanto che la Bce ha preso la maggior parte delle recenti decisioni contro il parere della Banca centrale tedesca. L’Europa potrebbe fare molto. Il guaio è che l’Europa ha una forte criticità proprio nel bilancio europeo che è pari all’1% del Pil europeo. Troppo poco – stigmatizza Cottarelli – Basti pensare che il bilancio del Governo federale Usa è intorno al 25-30% del loro Pil. Con più fondi a disposizione si potrebbe pensare a un sussidio di disoccupazione europeo, magari per rendere i mercati più simili, o a un sistema pensionistico più equo o a un sistema fiscale più proporzionato tra gli Stati membri”, ha concluso Cottarelli, ricordando come «in altri Paesi non vi è una concentrazione di antieuropeismo come esiste in Italia. E questo rischia di aumentare l’isolamento del nostro Paese”, il suo monito finale. Rincara la dose Michele Valensise: “Molti non vogliono ammettere che là dove l’Europa va bene, come nella politica commerciale verso Paesi terzi o nella concorrenza, le cose funzionano. E comunque non è solo una questione economica. Abbiamo perso di vista la parte valorizzare dell’Europa, quel senso di stare insieme che molti ci invidiavano”. Durante il dibattito l’intervento del presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Alessandro Galimberti, ha posto in evidenza, ancora una volta, anche sul tema Europa, i rischi della comunicazione web e social in particolare: “La percezione che c’è dell’Europa è così fallace nell’opinione pubblica da rasentare la vera e propria fake news – ha sottolineato Galimberti – Ad esempio ci si lamenta dello squilibrio che c’è tra ciò che l’Italia dà all’Europa e ciò che invece riceve. Cosa smentita dai dati del saldo di bilancio, ma se aggiungessimo anche il fatto che l’Italia non riesce a incassare finanziamenti europei per mancanza dei progetti. La Bulgaria ha incamerato 323 miliardi per i fondi strutturali mentre l’Italia non è arrivata a 30 per incapacità progettuale. Aggiungo però che forse l’Europa è anche incapace di comunicare. Sono rimasto colpito dal report di quella giornalista gallese che è tornata nel suo paese per capire cosa non aveva funzionato con il voto sulla Brexit, visto che il 90% dei suoi concittadini si erano pronunciati a favore dell’uscita dalla Ue. Eppure proprio in quel paese tutte le opere pubbliche – scuole, strade e infrastrutture varie – erano state costruite con i soldi della Comunità europea. Per quale motivo c’è un rapporto così falsificato tra gli Stati dell’Europa tra i suoi cittadini? E’ dovuto solo alla scarsa comunicazione da parte dell’Europa o è dovuto anche, invece, alle nuove tecnologie della comunicazione e ai social che divulgano fake news e che stanno destabilizzando le democrazie nel mondo e nella stessa Europa?” A Don Giuseppe Grampa, responsabile della Comunità pastorale San Giovanni il Precursore, il compito di ricordare il pensiero dell’arcivescovo Delpini. Che parlando di recente con gli universitari milanesi ha detto: le radici cristiane dell’Europa si intrecciano con le radici ebraiche e co gli apporti delle popolazioni barbare, con il monachesimo del Medioevo. Si possono poi aggiungere anche altre radici, pensiamo ad esempio, alla grande stagione dell’illuminismo ma anche all’apporto che la civiltà araba ha portato all’Europa. Allora c’è un complesso di radici dalle quali è sorta l’Europa. Recuperare queste radici e queste complessità credo sia un debito di riconoscenza alla storia. Il cardinal Martini – che è stato per sette anni presidente della Conferenza dei vescovi europei – parlava di eredità dei popoli latini, celtici, germanici, slavi, ungaro-finnici, la cultura ebraica, gli influssi islamici hanno trovato proprio nella tradizione giudeo-cristiana una forza capace di inverarli e promuoverli”. Non andiamo lontani se oggi resuscitiamo guerre di religione o scontri di civiltà. Il futuro dell’Europa ha bisogno di riscoprire queste pluralità di radici” Le conclusioni del direttore della Stampa, Maurizio Molinari: “C’è una scommessa che può rendere vincente l’Europa ed è la responsabilità a essere cittadini dell’Unione. Lo hanno capito per primi i giovani, i creativi, i “cervelli” che viaggiano tra i Paesi. Nella misura in cui lo saremo anche noi potremo promuovere l’Europa”.