Master in giornalismo i nuovi praticanti – Newsletter n° 7/2019

Newsletter n° 1/2019 – In questo numero

  • Editoriale di Fabio Cavalera
  • Sui fronti di guerra e sulla strada di Lucio Palmisano
  • La verifica delle fonti di Daniele Biacchessi
  • Io, pendolare del giornalismo
    nella bottega della Walter Tobagi di Caterina Zita

 

Corso di formazione:
“Dal giornalismo d’inchiesta alla narrazione. Il futuro dell’inchiesta” 
13 marzo (h. 14,30-17,30.) – Sala della Fondazione Aem, p.za Po 3, Milano.
Relatori: Daniele Biacchessi, Fabrizio Gatti, Anna Migliorati, Fabio Cavalera

Corso di formazione:
“Dalla Brexit alle elezioni del 26 maggio:
disgregazione o rifondazione dell’Unione europea?”

25 marzo (h. 17- 19) – Sala lauree, Via del Conservatorio 7, Milano.
Relatori: due studenti del Master intervistano Massimo Cacciari

 

 

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Per conoscere i nomi degli studenti (in foto) del Master in giornalismo Walter Tobagi che hanno ricevuto la tessera da praticante clicca qui

Master in giornalismo
i nuovi praticanti

Cara Collega, caro Collega,
l’editoria traballa, chiudono alcune testate, altre si ristrutturano con pesanti ricadute occupazionali e il lavoro diventa sempre più precario: il caso Mondadori, la vicende della testata La Città di Salerno, della Gazzetta del Mezzogiorno, di Askanews sono sotto i nostri occhi. Il presente è incerto, il futuro ancora di più.

Eppure, in un contesto di evidente difficoltà e decadenza, oltre che di riflessione su quali siano le strade per salvarsi e salvarci dalle sabbie mobili, la professione esercita ancora un certo fascino sulle nuove generazioni.

Nei giorni scorsi 30 studenti del master di giornalismo della Statale, la nostra scuola Walter Tobagi, sono diventati praticanti. Ė una notizia positiva per una ragione semplice: per provare a rivalutare il giornalismo di qualità, serio ma non bigotto, non falso e non autoreferenziale, abbiamo bisogno di idee, passione, solidarietà e responsabilità. L’unica prospettiva di riscatto passa dai giovani colleghi, dalla loro consapevolezza e dal loro impegno, anche deontologico, per restituire credibilità all’informazione e a tutti i mezzi di informazione tradizionale e non tradizionale. Hanno molto da imparare, da capire, persino da soffrire ma hanno di sicuro una prospettiva stimolante: quella di portare aria fresca e pulita nel mondo sofferente delle notizie.

Fabio Cavalera
Consigliere Ordine Giornalisti Lombardia
Presidente Associazione Walter Tobagi

Sui fronti di guerra e sulla strada

di Lucio Palmisano
Master in giornalismo Walter Tobagi – XIII° biennio

 

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Essere giornalisti è difficile. Ho da poche ore il tesserino da praticante, ma già da adesso mi sembrano chiari i problemi e le difficoltà connesse alla professione, legate sia ai contenuti che alla maniera di raccontare le notizie. Inoltre, il momento storico che attraversiamo non è certamente favorevole per chi svolge un simile lavoro, bersagliato dai lettori e dal potere politico che accusano il mondo dell’informazione di falsità e faziosità. Non devono sorprendere perciò le liste di proscrizione con i nomi dei giornalisti sgraditi, gli “editti bulgari”, gli accessi negati agli eventi, le minacce e le ingiurie. Oggi più che mai il giornalismo è distante anni luce da quello che ci si immagina. Per molti questa professione non significa agi e lussi, ma vuol dire mettere in gioco anche la propria vita. È il caso dei reporter di guerra, mandati in teatri di conflitti sanguinosi per raccontarli e farli conoscere al resto del mondo. Una situazione non facile, soprattutto per coloro che non lavorano per grandi testate ma sono giornalisti freelance e non godono magari di protezioni. Tanti giornalisti sono morti e forse di molti di loro abbiamo già dimenticato i nomi: per esempio Andy Rocchelli (2014, Ucraina), Marco Luchetta (1994, Bosnia), Almerigo Grilz (1987, Mozambico). Altri casi invece sono più noti, perché legati a circostanze mai del tutto chiarite come la morte di Ilaria Alpi (in foto) e del suo cineoperatore MiranHrovatin (1994, Somalia), o a teatri di guerra su cui erano puntati i riflettori, per esempio l’omicidio di Maria Grazia Cutuli (2001, Afghanistan). Ci sono anche alcuni i cui nomi sono rimasti nella memoria collettiva a ricordarne il sacrificio, come Walter Tobagi, ucciso dai terroristi della Brigata 28 Marzo (Milano, maggio 1980), Peppino Impastato (Cinisi, maggio 1978) e Giuseppe Fava (Catania, gennaio 1984), giornalisti scomodi eliminati da Cosa nostra. Per tutti questi professionisti c’è un solo minimo comune denominatore, la passione per il proprio lavoro che li ha portati a morire mentre facevano ciò che amavano di più. Esempi davvero ammirevoli.Essere giornalisti non è rischioso solo sui fronti di guerra, ma anche nelle nostre città. Nell’ultimo periodo si segnalano diversi casi di inviati minacciati o aggrediti mentre svolgevano il loro lavoro, raccontando movimenti politici estremisti, famiglie malavitose o zone di degrado.Tra questi ci sono Davide Piervincenzi, aggredito ad Ostia da un esponente del clan Spada (2017), e Maria Grazia Mazzola del Tg1, insultata e schiaffeggiata al quartiere Libertà di Bari dalla moglie del boss Caldarola (2018). Infine, lo scorso gennaio due giornalisti de l’Espresso, Federico Marconi e Paolo Marchetti, sono stati aggrediti da alcuni esponenti di Avanguardia Nazionale e Forza Nuova al Cimitero del Verano a Roma, mentre documentavano un raduno di nostalgici neofascisti che commemoravano i morti della strage di Acca Larentia del 1978. Simili episodi devono ricordare ai giornalisti di oggi e di domani l’importanza di lottare per il proprio lavoro, a prescindere dai contesti e dalle difficoltà che si porranno davanti. Solo così potremo davvero cambiare il mondo che ci circonda.

La verifica delle fonti

di Daniele Biacchessi
Giornalista, scrittore, autore e interprete di teatro e cinema,
già caporedattore news di Radio 24-Il Sole 24 Ore

Verifica-delle-fonti

Le redazioni moderne sono molto più strutturate di un tempo e i giornalisti tendono ad allontanarsi dalla strada e dalla gente. In gran parte del Novecento, per un cronista le possibilità di comunicazione e trasmissione sono precarie: si passa dalla corrispondenza per lettera al telegrafo, fino alla conversazione e alla dettatura dei pezzi per via telefonica. Dunque i tempi si allungano, ma i contenuti degli articoli non sempre vengono scritti “a tavolino”, bensì sono pensati e ideati sul luogo in cui avvengono i fatti. Quindi nel Novecento il giornalista, che è un corpo intermedio tra istituzioni e lettori, accede alle fonti di prim’ordine, agli interlocutori principali e le relazioni con le autorità diventano più dirette e trasparenti.Oggi la situazione si è certamente ribaltata. I giornalisti sono alle prese con influencer, spin doctors, comunicatori di ogni genere e la manipolazione delle notizie rende sempre più difficile distinguere il vero dal falso. Rispetto al Novecento però i giornalisti hanno a disposizione strumenti tecnologici sempre più sofisticati: gli smartphone incorporano unità di registrazione audio e video potentissimi, di alta qualità, in grado di trasmettere testimonianze e servizi scritti, letti e ripresi in tempo reale. La trasmissione di dati a banda larga raggiunge il lettore mentre i fatti stanno avvenendo: l’utilizzo dei social, Facebook e Twitter in primis, offre all’utente primario la sensazione di avere l’informazione in tasca, a portata di telefonino, in qualsiasi luogo del mondo che abbia una connessione. Così anche gli strumenti di investigazione, che nel Novecento sono essenzialmente cartacei, grazie alle innovazioni tecnologiche connettive, diventano infinitamente più potenti e raffinati. Nel terzo millennio cresce il bisogno di un giornalismo di qualità e di approfondimento che possa contrapporre il bombardamento quotidiano di dati, news, punti di vista, commenti, interpretazioni, comunicati, semplificazioni, slogan, tabelle, faziosità, distorsioni e versioni edulcorate.Inchieste, reportage e servizi nascono da una notizia o da una supposizione, una suggestione o un’intuizione investigativa. Anche nell’evidenza, la notizia va sempre verificata con la massima cura. Non basta mettere un nome, un cognome, un fatto su Google per poter dire che il fatto è stato accertato: la rete è ricca di spunti ma spesso non sono attendibili, perché non sono stati verificati. Lo sappiamo. A volte l’esito positivo di una verifica è un misto di coincidenze, di casualità e fortuna, ma alla base ci deve essere sempre un metodo di lavoro, solo così si può instaurare un patto forte tra giornalista e lettore.

Io, pendolare del giornalismo
nella bottega della Walter Tobagi

di Caterina Zita
Master in giornalismo Walter Tobagi – XIII° biennio

Pendolare-del-giornalismo

Tutte le mattine prendo il treno da Domodossola e scendo a Cadorna. Da lì, un filo rosso mi porta diretta a Sesto Marelli. Il viaggio in metro taglia da ovest a est la città, passando per la calca del Duomo, fino alla desolazione di Villa San Giovanni.Lungo il tragitto leggo il Corriere, così ci hanno consigliato, per arrivare a scuola sapendo già cosa compare sulle pagine del giornale. Tendere a sapere il più possibile è il mantra per capire di non sapere mai abbastanza. La Walter Tobagi è un posto che oltre ad accrescere la mia cultura, fomenta il senso di colpa per non conoscere mai quanto dovrei o vorrei. In classe siamo 30. In aula c’è l’Italia. C’è Laura da Napoli, Roberta da Roma, Giorgia da Pescara, Giacomo da Livorno, Lucio di Bari. E poi c’è Riccardo che ha studiato lettere, Emanuela che a l’Aia ha lavorato alla Corte penale internazionale, oppure, Andrea che a Madrid descriveva prodotti per Privalia.Nell’emeroteca si respira un’aria strana, forse per le finestre chiuse ermeticamente o forse perché 30 persone, con storie diverse e vite diverse, creano un equilibrio precario e bello, stimolante e pauroso.I giorni e le settimane sono scandite dall’aura di novità che ricompre un po’ tutto. Il lunedì per esempio, arriviamo alle nove per la rassegna stampa di Rastelli, che si destreggia con naturalezza tra un titolo e un trafiletto. Il mercoledì invece c’è Postiglione, sempre appoggiato alla finestra, che ci parla per ore senza quasi mai mutare il tono della voce «Qui non si fanno le chiacchiere da bar», ci ha detto in una delle prime lezioni. E così è stato, da ottobre abbiamo sentito uscire dalla sua bocca gli argomenti più disparati, dalla storia americana a quella del piccolo paesino di Cirigliano, dalla critica letteraria a quella culinaria. Il venerdì fa da padrone Saldutti, che dopo averci interrogato sui BTP e iniziati alla finanza, non manca di insegnarci come interagire con i colleghi, con il suo piglio napoletano, romantico e saggio. La Walter Tobagi è un posto sicuro, per noi 30 fortunati che possiamo risolvere ogni dubbio chiedendo a Lindner, prima di buttarci tra la calca della prima rassegna stampa. Cella invece, parla una lingua che mastichiamo dalla nascita, ma che a tratti ci spaventa perché, come di ogni lingua, non conosciamo ogni parola. Cavalera con severità e dolcezza ci spiega la deontologia, che non va solo capita, mentre Casoli, con tutt’altro tono, ci insegna a osservare prima di rendere pubblico ciò che vediamo, un controsenso dei nostri tempi.La scuola di giornalismo per me, è prima di tutto un esercizio di ascolto e funziona come la bottega degli artisti, nel rinascimento fiorentino: maestri d’esperienza senza egoismi ci svelano tutti i giorni, i trucchi del mestiere, per tramandarlo nel migliore dei modi.Per concludere, quindi, cosa è per me la Walter Tobagi? È la lunga lista di critiche che ogni volta appunto nella mia Moleskine, nella pagina titolata Mangiare Sabbia. «Avete il lusso di sbagliare qui», ci hanno detto, ed io questo, l’ho preso alla lettera.

Newsletter dell’Associazione Walter Tobagi per la formazione al giornalismo
Università Statale di Milano – 
Ordine dei giornalisti della Lombardia

Presidente AWT: Fabio Cavalera Segretario: Lucia Bocchi, Tesoriere/Consigliere rappresentante Alg: Rosi Brandi Presidente OgL/Consigliere: Alessandro Galimberti. Consiglieri: Francesco Ordine, Rossella Verga, Gegia Celotti, Roberto Di Sanzo, Ilaria Li Vigni, Francesco Caroprese, Consigliere rappresentante Cnog: Giorgio Gandola, Consigliere rappresentante Fieg: Edoardo Zucca Consigliere rappresentante Fnsi: Marina Cosi Consigliere ex allievo Ifg:Carlo Ercole Gariboldi Consigliere ex allieva Ifg: Daniela Stigliano. Revisori dei conti: Maria Ancilla Fumagalli, Carlotta Scozzari, Simone Filippetti Componenti Comitato di indirizzo: Maria Elena Barnabi, Massimo Borgomaneri, Marco Foroni, Rosanna Massarenti, Anna Migliorati, Giancarlo Perego, Marinella Rossi, Gaia Scacciavillani. Direttore della Scuola di giornalismo Walter Tobagi – Università Statale di Milano: Venanzio Postiglione Vice direttore: Claudio Lindner

Gli studenti del Master in giornalismo Walter Tobagi di Milano: Alberto Mapelli, Andrea Ciociola, Andrea Galliano, Andrea Prandini, Bernardo Cianfrocca, Caterina Zita, Edoardo Re, Elisa Cornegliani, Emanuela Colaci, Fabrizio Papitto, Federico Baccini, Gaia Terzulli, Giacomo Cadeddu, Giacomo Salvini, Giada Giorgi, Giorgia Fenaroli, Giulia Giaume, Luca Covino, Lucio Palmisano, Marco Bottiglieri, Marco Capponi, Marco Rizza, Marco Vassallo, Maria Laura Iazzetti, Maria Vittoria Zaglio, Martina Piumatti, Riccardo Congiu, Riccardo Lichene, Roberta Giuili, Valeria Sforzini.

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