In tema di diritto di cronaca e pubblicazione di atti giudiziari
(Consiglio di disciplina territoriale della Lombardia, Del. 8 novembre 2022, proc. 42/21 ed altri; Pres. Guastella, Rel. Della Sala)
Descrizione sommaria del fatto
Alcune testate a diffusione nazionale e alcuni siti on line hanno pubblicato, con diversi livelli di completezza e di enfasi grafica ma, in tutti i casi, con sufficiente ampiezza, stralci dei verbali resi da una persona che ha denunciato una violenza sessuale ‘di gruppo’.
Il procedimento penale si sta svolgendo (e, in precedenza si è svolto anche in fase di indagini preliminari) con la costante attenzione dei media anche in ragione dei profili di notorietà dei soggetti coinvolti.
Qualche tempo prima della pubblicazione degli articoli ‘incriminati’ un soggetto di sicura notorietà e correlato ad uno dei protagonisti, ha reso dichiarazioni pubbliche (e riportate da stampa e media con grande evidenza) con cui contestava la versione della possibile vittima.
Le testate in questione, dopo essere entrate in possesso delle dichiarazioni che descrivevano, dal punto di vista della possibile vittima, i fatti, le hanno pubblicate senza commenti particolari e con diverse scelte di richiamo ed enfasi grafica (anche con ‘strilli’ in prima pagina).
L’intervento del Consiglio è stato sollecitato da varie associazioni che, in particolare, ritenevano integrate violazioni di carattere deontologico, su tutte quella di cui all’art. 5 bis del Testo Unico sui doveri del giornalista nella parte in cui obbliga “a non alimentare la spettacolarizzazione della violenza”.
Nello specifico non era in discussione il fatto che le dichiarazioni riportate fossero particolarmente inequivoche e impressionanti quanto alla descrizione dei particolari riportati.
Il quesito affrontato dal Consiglio
Il Consiglio, quindi, ha affrontato il problema di quale relazione possa intercorrere fra il diritto di cronaca, il diritto di pubblicare atti giudiziari e i limiti che a tale diritto possano essere contrapposti.
Principi di diritto affermati
Il diritto di cronaca, anche con riferimento alla pubblicazione di atti giudiziari, può trovare dei limiti nell’ordinamento e, fra questi limiti, vi sono le norme deontologiche (oltre, in linea astratta, quelle di cui all’art. 528 c.p. o quelle di cui all’art. 15 della legge 8.2.48 n. 47, c.d. legge sulla stampa).
Secondo il Consiglio non è deontologicamente legittimo pubblicare particolari contenuti in atti giudiziari che, per il contesto, la crudezza e la forza evocativa del fatto rappresentato possano determinare una amplificazione deteriore di episodi di violenza di genere, tali da rendersi portatori di una spettacolarizzazione della violenza medesima.
Ciò indipendentemente dal fatto che tutto questo avvenga “senza commento” o “interpretazione” posto che, in materia di questa delicatezza, è il fatto in sé a rendere inopportuna la divulgazione non della notizia, bensì dei dettagli che di tale notizia rappresentano una evitabile espressione.
La cruda esposizione di una ricostruzione così particolareggiata finisce, infatti, con l’essere in sé potenzialmente portatrice di una carica “offensiva” in senso lato posto che, innegabilmente, rischia di consentire una lettura compiaciuta, distorta ed ammiccante che andrebbe a colpire la figura della donna (o di soggetto di altro sesso) in quanto tale.
Ne consegue che la provenienza da un fascicolo giudiziario non è di per sé garanzia di pubblicabilità legittima e, in tal senso, sia il giornalista che il Direttore della testata devono esercitare una attenta valutazione per evitare che i limiti del lecito vengano superati.
Va, tuttavia, considerato che la compressione del diritto di cronaca ha carattere eccezionale: il fatto che la stampa non possa «essere soggetta ad autorizzazioni o censure» (art. 21, III comma, Cost.) ad esempio, rende ogni procedimento ermeneutico relativo alla applicazione di sanzioni disciplinari nella materia in questione di stretta osservanza, non potendosi consentire lo scivolamento su piani di opinione o valutazione soggettiva che, evidentemente, rischiano di rendere assai rischioso, incerto ed arbitrario il giudizio in subiecta materia.
In presenza di una situazione di fatto sottostante particolarmente complessa (nella specie: eccezionale notorietà della vicenda, rilevanza pubblica dei soggetti coinvolti, oggettiva esigenza di fornire questa informazione anche a valle di una dichiarazione pubblica resa nell’interesse di una delle parti coinvolte, genericità del precetto normativo di riferimento, ecc.) può essere applicata la disciplina sull’errore incolpevole secondo i dettami, qui richiamati per analogia, di alcune sentenze della Corte Costituzionale (in particolare: 364/1988, 325/89 e 61/95) e si afferma il principio di diritto secondo cui può non essere sottoposto a sanzione disciplinare il giornalista che, in presenza di condizioni oggettive comprovanti il sicuro rilievo di una notizia, dimostri (senza colpe evidenti o malafede) di avere esercitato il proprio diritto-dovere ad una corretta informazione pubblicando stralci di atti giudiziari a contenuto manifestamente scabroso e tali da determinare una possibile spettacolarizzazione dei fatti di cronaca oggetto di notizia. Fermo restando che la disciplina sull’errore è di stretta e rigorosa interpretazione.