E’ da considerarsi pubblicità, pertanto non consentita, una rubrica televisiva realizzata da giornalisti della testata in forza di un contratto economico stipulato con un ente locale che ne gestisce autonomamente i contenuti. Divieto di partecipazione dei giornalisti e assenza di specifica indicazione di messaggio pubblicitario.
(Consiglio di disciplina territoriale della Lombardia, del. 8 novembre 2022, proc. 11/19 e 11/a/19; Pres. e rel. Guastella)
Fatti
Dopo aver stipulato contratti economici con un ente pubblico locale per la valorizzazione di un’area territoriale lombarda, due testate giornalistiche televisive hanno realizzato rubriche di informazione in cui propri giornalisti seguivano le direttive dell’ufficio stampa dell’ente che sceglieva i contenuti e decideva impaginazione e taglio dei servizi.
A seguito di un esposto trasmesso da un cittadino, il Consiglio apriva distinti procedimenti disciplinari nell’ipotesi di violazione dell’art.10 lettera a del Testo unico dei doveri del giornalista in materia di doveri in tema di pubblicità durante i quali venivano sentiti i direttori responsabili delle due testate che rivendicavano la fattura “giornalistica” delle rispettive rubriche. In entrambe non era presente alcuna indicazione che esplicasse chiaramente che si trattava di spazi gestiti da terzi a pagamento.
Principi di diritto
Il Consiglio, rilevando che i giornalisti incolpati si sono preoccupati della fattura delle rubriche ma non delle implicazioni deontologiche che ne seguivano per sé stessi e per i colleghi loro sottoposti nella gerarchia redazionale, rileva che in tali casi la professionalità giornalistica è stata strumentalizzata per la realizzazione di un prodotto commerciale, perché tale è da considerare lo spazio acquistato a pagamento dall’ente pubblico. La normativa deontologica vieta al giornalista di partecipare in qualsiasi modo a campagne pubblicitarie, tranne quelle a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali e dietro autorizzazione dell’Ordine di appartenenza. Lo scopo di tale principio è quello di evitare “ogni forma di commistione tra pubblicità e informazione” (Cnd n.15 del 2019) in quanto “la pubblicità deve essere sempre chiara, palese, esplicita, riconoscibile e separata dall’informazione giornalistica. Questo perché la lealtà verso il lettore impone che il lavoro giornalistico e quello pubblicitario rimangano separati e inconfondibili. Tentativi di mescolanza diventano un inganno per il lettore e vanno combattuti e respinti perché denigrativi della qualità dell’informazione” .(Cnd 3/11/1999).
Buongiorno,
avete mai affrontato in termini disciplinari o in altra sede il tema del brand journalism?Mi interessa perché ‘mi sto occupando dell’ inquadramento giuridico di questa pratica nell’ambito di un contributo scientifico.
Grazie
Avv Arturo Leone
Studio Legale Bird&Bird
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Buongiorno avvocato, ce ne siamo occupati in diversi corsi dedicati al rapporto tra giornalismo e pubblicità