Corsi di alta qualità a prezzi simbolici

di Francesco Gaeta, giornalista, Innovation manager dell’OgL

All’inizio dello scorso novembre abbiamo inviato a tutti gli iscritti un questionario relativo ai fabbisogni formativi. Ci interessava chiedere – ed era la prima volta che l’Ordine lo faceva – informazioni sui temi di maggiore interesse, sulle aree da presidiare (canali; contenuti; tecniche). Abbiamo anche chiesto se fosse pensabile inserire nella nostra offerta alcuni corsi a pagamento, a un prezzo che abbiamo definito “simbolico” rispetto a quello di mercato. Sapevamo che quest’ultima domanda avrebbe suscitato reazioni contrastanti. Così è stato.
Infine abbiamo chiesto di aggiungere altri elementi di interesse su come e su cosa si possa oggi fare perché l’Ordine possa offrire una formazione davvero professionalizzante.
Il sondaggio si è chiuso a gennaio, ha visto quasi 800 risposte, ci ha fornito molti dati utili e qualche commento critico, che fa sempre bene. Sono arrivate anche diverse email: se non  abbiamo risposto è perché volevamo farlo oggi, tirando un po’ le fila di questa operazione di ascolto, in questo e in altri articoli. Perché, lo diciamo subito: il nostro obiettivo è spiegare per quale motivo è arrivato il momento di aggiungere alla formazione gratuita dell’Ordine anche alcuni corsi a pagamento, come già accade in altre due Ordini regionali. Ripetiamo: alcuni corsi. Una quota da 1%, per intenderci, che non cancella nulla dell’offerta gratuita. 
Fine di questa premessa sulle puntate precedenti.

Cosa è emerso dal sondaggio. Innanzitutto le parole social media (dunque, canali). È il tema prevalente: come i social possono rafforzare la produzione di contenuti giornalistici, come vanno adattati linguaggi e strumenti. Qualcuno ha scritto «come curare i contenuti su Instagram per un giornale online», un altro «come usare TIK TOK per parlare ai giovani creando contenuti». Servono poi – è il secondo punto – più corsi sulla multimedialità (dunque, strumenti), video e podcast innanzitutto. In terzo luogo si segnala l’esigenza di contenuti molto verticali, del mondo digitale: big data, intelligenza artificiale, metaverso. 
Tra le domande del questionario ce n’era una relativa alla auto-imprenditorialità, cioè la possibilità o la necessità di acquisire strumenti per gestire “in proprio” la professione quando non si lavora per un solo committente. Qui dobbiamo citare una mail di un pubblicista di 35 anni, W.F., a cui siamo grati: «Mi capita sempre più di sentire l’OdG affrontare il tema dell’“auto-imprenditorialità”. Trovo che questa tendenza, seppur vicina all’attuale mercato del lavoro, sia in controtendenza con i valori che l’OdG dovrebbe rappresentare. Perché un under 40 dovrebbe aderire all’OdG, se l’Ordine non si fa principale promotore di un modo etico e corretto di fare giornalismo? Molte aziende preferiscono avere a che fare con blogger e content creator, quindi l’appartenenza all’OdG non assicura canali preferenziali. Se davvero desiderate invertire la piramide, quello che serve è fornire giustificazioni concrete che spingano i giovani a tesserarsi, qualcosa che vada oltre ai fantasmi dei fasti passati e che è al momento del tutto assente».

Una prima risposta. Riprendiamo la domanda della email: perché un under 40 dovrebbe iscriversi all’ordine? Proprio per avere una formazione davvero di qualità e acquisire ciò che lo distingua per sempre da un blogger o un content creator. Non per far parte di una casta, può dare ragione a quegli editori che giocano al ribasso, ma per rivendicare davanti al pubblico diritti e doveri rafforzati proprio perché è iscritto a un Ordine che su quei diritti e doveri vigila a beneficio di una informazione accurata. detto per inciso: se l’Ordine manca di centrare questi punti – formazione di qualità e vigilanza su diritti e doveri – perde gran parte della sua ragion d’essere.
Ma c’è un problema perché l’Ordine possa riuscirci, appunto la piramide di cui parla W.F. Sugli oltre 23 mila iscritti all’Ordine dei giornalisti della Lombardia, quelli con meno di 40 anni sono circa 3.700, con una media di professionisti del 20% (contro il 40% nelle altre fasce di età). L’Ordine è una piramide rovesciata. Alla giuntura di quella cifra – chi oggi ha 40 anni – si colloca un discrimine formativo chiave: la trasformazione digitale che ha stravolto il mondo dell’informazione, innovando strumenti e processi.  Come conciliare bisogni formativi di questi due pezzi della piramide? Offrendo ai giornalisti over 40 una formazione che consenta loro di padroneggiare le nuove tecnologie. E dimostrando a chi ha meno di 40 anni che una formazione che faccia la differenza può arrivare dal loro riferimento istituzionale. In ogni caso serve alzare la qualità e sfuggire a un meccanismo vizioso: spesso la formazione si risolve in uno scambio tra tempo libero e crediti formativi. Corsi percepiti come non davvero qualificanti in cambio di qualche ora passata mentre si fa anche dell’altro. Una cosa che non serve a nessuno.

Cosa si è fatto finora. Come abbiamo già scritto, fin qui l’Ordine ha organizzato in media oltre 400 corsi all’anno, poi scesi a causa del Covid negli anni 2020 (53) e 2021 (104), e nel 2022 risaliti a 178. Sono numeri notevoli, sui quali, lo ripetiamo, è importante alzare l’asticella. Molti corsi, anche molto frequentati, sono stati organizzati da enti terzi con prezzi variabili dai 100 ai 400 euro. Ovviamente, l’iscritto è libero di scegliere se pagare queste cifre. Noi vorremmo però che spendesse molto meno. 
Chi in questi giorni a Milano cercasse un corso di podcast ben fatto, ne troverebbe uno organizzato da un operatore del settore certamente tra i migliori In Italia che costa tra i 1.200€ e i 2.500 € (a seconda della tipologia). I podcast non sono una moda del momento, conoscerne i meccanismi è fondamentale per ogni giornalista. Ma queste cifre sono fuori dalla portata della stragrande maggioranza dei nostri iscritti. La nostra sfida è organizzare lo stesso corso, magari con lo stesso operatore, a un prezzo per l’iscritto di 40 €. Per quell’operatore costi e margini resterebbero uguali, perché la differenza sul prezzo la colmerebbe l’Ordine. Pensiamo sia un buon modo di spendere i soldi dell’Ordine. Perché vuol dire democratizzare l’offerta formativa, a beneficio soprattutto degli under 40, che hanno meno soldi degli altri. 

Fare finta che il mercato non esista e abbia certi prezzi sarebbe ipocrita. E sarebbe poco lungimirante non considerare che certa offerta sul mercato è ormai indispensabile. Non c’è che un modo allora: che quei temi, quei contenuti, quegli strumenti – con la stessa qualità con cui vengono proposti dal mercato – siano disponibili a tutti gli iscritti a prezzi non di mercato, cioè politici o se preferite “simbolici”. 
Abbiamo già iniziato. Con il Politecnico di Milano (consorzio Cefriel) il 21 Marzo  organizzeremo un corso di formazione sul sistema di intelligenza artificiale Chat GPT (trovate le info per iscrivervi a questo link). Il relatore è il professore Luca Mari, docente alla Liuc di Castellanza e considerato uno dei massimi esperti sul tema. Parteciparvi costerà 35 €. Chi volesse acquistarlo direttamente dal Politecnico spenderebbe circa 15 volte di più. 

8 commenti su “Corsi di alta qualità a prezzi simbolici”

  1. Bravi! Finalmente concretezza, attenzione alle esigenze dei colleghi, tentativi non velleitari di rispondere alla crisi della nostra professione, raccogliendo in positivo la sfida della formazione e della qualità.

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  2. bene, avanti così e , se possibile, ricordatevi della mia proposta:
    aumentare la capacità critica del giornalista in ambito medico-scientifico con appositi corsi di formazione.
    A più di vent’anni dalla mucca pazza e dal caso Di Bella, ci sono ancora troppi casi di informazione distorta per ignoranza o per dolo.
    Sono disponibile a collaborare gratuitamente
    dr Cosma Capobianco
    osp.sant’Anna – Como

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  3. OTTIME INIZIATIVE E OTTIMO IMPEGNO DELL’ORDINE A SOLLECITARE IL PERSISTENTE INTERESSE DELLA CATEGORIA ALLA EVOLUZIONE DEL MEZZI DI COMUNICAZIONE ED ELABORAZIONE

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