L’Europa sta discutendo un pacchetto di norme per regolamentare le cosiddette querele temerarie, strumenti legali che inibiscono la libertà di espressione e di informazione. Occorre innanzitutto armonizzare la normativa tra i diversi Stati membri. Per riuscirci serve l’impegno del Governo e anche degli stessi giornalisti
Rossella Vignola, Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa,
OBC Transeuropa coordina il gruppo di lavoro italiano anti-SLAPP della coalizione CASE
L’espressione SLAPP – querele strategiche contro la partecipazione pubblica, più comunemente note in Italia con i termini querele bavaglio o querele temerarie – nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni Ottanta. Il termine si riferisce all’uso di strumenti legali per inibire la libertà di espressione e la partecipazione su temi di interesse pubblico. Se in origine il fenomeno riguardava principalmente gli attivisti in materia ambientale, oggi le SLAPP colpiscono giornalisti, whistleblower, difensori dei diritti umani, organizzazioni della società civile. Caratteristica delle SLAPP è la disparità di potere e di risorse economiche tra querelante e querelato. L’intenzione di chi avvia una causa temeraria non è vincerla, ma allungarla il più possibile con l’obiettivo di drenare le risorse finanziarie, psicologiche, di tempo di chi ne è bersaglio, silenziare le voci critiche e e mandare un monito a tutti gli altri.
Da qualche anno il dibattito sulle querele temerarie è arrivato in Europa. Sempre più spesso figure di spicco della politica o rappresentanti di grandi aziende utilizzano le SLAPP per sottrarsi allo scrutinio dell’opinione pubblica e spostare il confronto democratico dallo spazio pubblico ai tribunali. Mettendo a tacere ed intimidendo le voci critiche, le conseguenze di queste azioni vanno al di là dei singoli coinvolti, arrivando a minacciare l’essenza delle società democratiche e la libertà di espressione.
Le querele bavaglio in Italia
Il fenomeno è tutt’altro che nuovo e diffuso anche nel nostro paese, come confermato dalla missione italiana del 2022 del consorzio europeo Media Freedom Rapid Response Mechanism che svolge azioni di monitoraggio e offre supporto concreto ai giornalisti minacciati. La normativa più frequentemente usata per esercitare un’azione temeraria è la diffamazione, sia in ambito civile che penale, ma anche le norme sul diritto alla privacy o sul diritto all’oblio vengono usate per impedire la rivelazione di informazioni scomode. In Italia incidono una serie di fattori a rendere il quadro più difficile che in altri paesi UE: la crisi del settore, il panorama normativo – in Italia la diffamazione è un illecito penale e può comportare il carcere – l’eccessiva lunghezza dei processi, l’alto livello di insicurezza occupazionale e contrattuale, soprattutto dei giornalisti indipendenti, freelance o che lavorano per piccole testate a livello locale, la cui voce è tanto più importante nel far emergere storie dai margini o ignorate dai media mainstream.
Per Daphne, Jan e gli altri: la mobilitazione europea
Il 2022 è stato un anno cruciale nella lotta per la libertà di stampa. Superando resistenze fortissime ad intervenire nella sfera dei media, le istituzioni europee hanno intrapreso una serie di azioni in difesa della libertà e del pluralismo dei media, segnale di un progressivo e cauto superamento di un dogma di lunga data secondo cui la libertà dei media è appannaggio degli Stati membri. Tuttavia, date le limitate prerogative comunitarie in materia, gli sforzi delle istituzioni europee devono essere accompagnati dalla volontà dei governi nazionali.
Per quanto riguarda le SLAPP, a segnare un momento decisivo la tragica vicenda di Daphne Caruana Galizia, la giornalista uccisa con un’autobomba nel 2017 a Malta. Impegnata in inchieste su corruzione e riciclaggio che riguardavano ministri e personalità politiche di spicco, Daphne Caruana Galizia aveva in corso oltre quaranta cause conseguenza di querele temerarie. L’omicidio di Daphne Caruana Galizia – seguito appena un anno dopo da quello di un altro giornalista, lo slovacco Ján Kuciak – è stato catalizzatore di un’intensa mobilitazione transnazionale che si è organizzata nella coalizione CASE (Coalition Against SLAPPs in Europe) con l’obiettivo di proteggere tutte e tutti coloro che nell’esercizio dell’attività giornalistica e dell’attivismo vengono colpiti da SLAPP. L’impegno di CASE in questi anni è stato incessante nel richiedere un’iniziativa europea che stabilisse standard minimi di protezione contro le SLAPP.
La risposta dell’UE
Nell’aprile 2022 la Commissione UE ha annunciato un pacchetto anti-SLAPP che comprende una proposta di Direttiva – un atto legislativo che stabilisce degli obiettivi vincolanti per gli Stati membri – e una Raccomandazione che suggerisce linee di azione a livello nazionale. Nonostante l’ambito di applicazione della Direttiva sia limitato alle cause di natura civile con implicazioni transfrontaliere (a causa dei limiti delle competenze UE), la proposta contiene molti degli elementi richiesti da CASE, ovvero: . La Raccomandazione, rivolta agli Stati membri, suggerisce invece misure per affrontare i casi nazionali attraverso strumenti legislativi e non, come la formazione per professionisti legali e giornalisti e la promozione di campagne di sensibilizzazione e informazione. Il pacchetto europeo anti-SLAPP, chiamato “la legge di Daphne”, è stato accolto con favore dagli attivisti, ma la strada è piena di ostacoli. A marzo 2023 è stata resa nota la proposta di compromesso sulla Direttiva della Presidenza di turno svedese come base del negoziato tra Consiglio UE e Parlamento previsto dall’iter di approvazione. Un compromesso che però sminuisce impatto ed efficacia della proposta di Direttiva originale. Sono saltati dal testo alcuni passaggi che avrebbero garantito forme di armonizzazione a livello transnazionale rendendone più difficile l’attuazione. È stato introdotto un criterio più restrittivo per classificare le SLAPP ai fini dell’archiviazione rapida, una soglia giudicata troppo alta. Peggiorativo anche l’intervento sul risarcimento dei danni e sulle misure per proteggere le organizzazioni della società civile prese di mira dalle SLAPP.
Che fare?
In un contesto di crisi del multilateralismo e di aperta sfida da parte di alcuni governi alle istituzioni e ai sistemi internazionali di difesa dei diritti umani, preoccupa la mancata attuazione da parte di alcuni stati delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, organismo giurisdizionale internazionale parte del sistema del Consiglio d’Europa, organizzazione intergovernativa che promuove la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto nell’Europa allargata. Negli anni la Corte ha sviluppato una consistente giurisprudenza in materia di libertà di espressione. Sulla diffamazione ad esempio ha ripetutamente ammonito l’Italia per il potenziale effetto paralizzante sulla libertà di stampa della pena detentiva. La Corte ha stabilito che personalità pubbliche devono essere disposte a tollerare alti livelli di critica e che il diritto alla libertà di espressione si estende ad affermazioni e idee espresse su temi di interesse pubblico anche nei casi in cui queste ‘offendano, urtino o inquietino’.
È di fondamentale importanza conoscere e difendere il sistema multilivello europeo di protezione dei diritti umani che prevede meccanismi sovranazionali di controllo e supervisione dell’operato dei governi. Proteggere la democrazia europea dalla minaccia delle querele temerarie riguarda tutti: giornalisti, media, società civile, cittadini.
I prossimi saranno mesi cruciali per le sorti della Direttiva anti-SLAPP: occorre fare pressione sul governo italiano perché rigetti le modifiche proposte dalla Presidenza svedese. Anche il Parlamento UE è chiamato a difendere la Direttiva a partire dalla proposta originaria. Il governo ha compito di implementare senza indugio le linee guida contenute nella Raccomandazione sui casi nazionali e il Parlamento quello di avviare una riforma complessiva del quadro normativo sulla diffamazione in linea con le pronunce della Corte Costituzionale e con gli standard internazionali. Anche i giornalisti possono contribuire, seguendo i casi di SLAPP e facendo da cassa di risonanza alle storie di coloro che ne sono colpiti.