Tutto è bene quel che finisce bene? No, non sempre. Sarà certamente ritirata la citazione alla Provincia di Como, al suo direttore e a due suoi giornalisti, presentata dalla Ats Insubria con la richiesta di risarcimento danni compreso tra 50 e 250mila euro (accompagnati dallo stanziamento di 18.110 euro per le spese legali). La vicepresidente della Regione Lombardia e assessore al Welfare Letizia Moratti ha preso concretamente le distanze dall’iniziativa dell’Ats: «Nelle prossime settimane, in occasione del tentativo conciliatorio già programmato, la vicenda sarà composta senza ulteriori strascichi e con reciproco rispetto e riconoscimento», ha spiegato una nota.
L’intervento pronto della vicepresidente Moratti mostra che all’interno delle istituzioni pubbliche il rispetto dei diritti – a cominciare dal diritto a informare ed essere informati – è preso sul serio. Bene. L’Ats aveva lamentato «una campagna denigratoria sistematica, massiccia, accanita e mirata da potersi qualificare come volutamente persecutoria», per una lunga serie di inchieste sulla gestione del Covid in cui il quotidiano locale aveva dato voce alla città e alla provincia, raccontando i problemi dei cittadini, gli esposti dei sindacati, l’allarme dello stesso Ordine dei Medici. Senza mai ricevere, racconta la testata, «dati, informazioni, documenti, repliche» che potessero rispondere a quanto i giornalisti avevano raccolto. L’intervento di Letizia Moratti mostra che le istituzioni lombarde non hanno paura delle critiche, e che sono consapevoli del fatto che il diritto a manifestarle, a raccoglierle, a raccontarle non va toccato.
Restano, vivi, due problemi. Uno è noto. Vicende simili non devono poter accadere. L’ordinamento giuridico deve sicuramente dare tutela alle persone accusate falsamente e sulla base di un lavoro inaccurato, ma non può permettere a enti pubbliche e aziende private di usare il loro potere economico e lanciare querele o citazioni temerarie con richieste di risarcimenti abnormi: è la libertà di informazione che è in gioco.
L’altro problema riguarda allora la coscienza civica, il capitale sociale, delle istituzioni e delle imprese e dei cittadini che le animano. L’informazione è un bene pubblico, la sua libera circolazione è necessaria per il corretto funzionamento del sistema politico della nostra Repubblica, una democrazia liberale rappresentativa, della società, e dello stesso sistema economico. Non ci si può affidare sempre al gioco cieco dei pesi e dei contrappesi, alla procedura altamente formalizzata dell’accusa e della difesa, dell’attore e del convenuto nella speranza che il sistema crei automaticamente un equilibrio. Occorre la coscienza che alcune iniziative, fin dai primi passi, creano danni. A tutti. (Riccardo Sorrentino)