“Non provo odio per i miei ‘odiatori di rete’, semmai provo per loro una gran pena. Non li perdono, ma provo pena. Mi ricordano quei ragazzi e ragazze della Hitlerjugend che insultavano noi 700 bambine, ragazze, donne denutrite e senza capelli mentre percorrevamo la strada che dal campo di Auschwitz portava alla fabbrica di munizioni Union dove ci costringevano a lavorare, nel fango o nella neve. Ci sputavano addosso e ci offendevano con parolacce irripetibili. Ma non li odio. Non perdono e non dimentico, ma non li odio”, sono queste le parole di Liliana Segre scampata agli orrori del lager nazista di Auschwitz (numero di matricola 75190) e testimone dell’Olocausto.
“O meglio non li odio più, da quando sono diventata nonna – dice Liliana Segre – All’epoca io avevo 13 anni e loro avevano la divisa e la fascia con la croce uncinata cucita addosso. All’epoca, sì, le odiavo, un odio che ho tenuto dentro di me per anni e anni. Di queste cose non ho mai parlato fino a quando sono diventata nonna. In quel momento ho pensato a quei ragazzi che vedo come se fosse ora. Mi è successa una cosa straordinaria: io da Auschwitz sono tornata, sono tornata viva, ho conosciuto l’amore e sono diventata nonna. Loro, figli e nipoti di nazisti, educati all’odio… quel sentimento se lo sono portati dentro tutta la vita. Ho pensato: io sono stata più fortunata di loro. E non li ho odiati più. Ora penso a questi haters – continua Liliana Segre – questi oliatori di rete che mi augurano la morte tutti i giorni. E penso che se uno augura la morte a una donna di 88 anni è poco intelligente perché a questa cose ci pensa già la natura. E di sicuro è anche un po’ malato. Io penso che ogni minuto della vita debba essere goduto, magari anche sofferto ma goduto, bisogna studiare, lavorare, vedere e vivere le cose belle che abbiamo intorno, combattere quelle brutte. Ma perdere tempo a scrivere a una 90enne per augurarle la morte… è da malati e poco intelligenti”. Una standing ovation, un applauso scrosciante di seicento persone (giornalisti e studenti), tutti in piedi, ha accolto Liliana Segre, ora senatrice a vita, al suo ingresso nell’auditorium dell’Università Iulm. Grandi emozioni, un silenzio rispettoso, una lezione di vita, di storia e di civiltà, questo pomeriggio, all’evento “Il linguaggio dell’odio” proposto dall’inviato di Mediaset Enrico Fedocci (che ha anche coordinato l’incontro), e organizzato con l’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Dopo i saluti, non rituali, di Gian Battista Canova (rettore dell’università Iulm), Carlo Borghesi (vice presidente del Consiglio della Regione Lombardia), Daniele Manca (direttore del Master in giornalismo Iulm e vicedirettore del Corriere della Sera), Alessandro Galimberti (presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia), Roberto Jarach (presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano) e Daniela Dana Tedeschi (vicepresidente dell’Associazione Figli della Shoah). Ora sugli insulti e le minacce degli “odiatori di rete” nei confronti di Liliana Segre sta indagando, dal 2018, un magistrato di Milano, Alberto Nobili, capo del pool antiterrorismo. Due proposte, a proposito degli insulti e delle minacce sul web, sono arrivate dal presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Alessandro Galimberti: una legislazione internazionale che, di fronte a rogatorie per reti online, preveda che Google e Facebook debbano fornire all’Autorità giudiziaria i nominativi degli “odiatori di rete” che, sul web, si nascondono dietro un facile anonimato e che i motori di ricerca rispondano dei contenuti e delle eventuali diffamazioni postate impunemente dagli haters esattamente come devono rispondere gli editori di giornali. Alla fine il monito di Liliana Segre: “Non permettete che oggi e domani ci sia indifferenza di fronte a queste cose. All’epoca dei lager l’indifferenza c’è stata prima e durante, non solo dopo. Perché è stata l’indifferenza di un mondo intero a permettere le leggi razziali, la deportazione, lo sterminio di massa. Chi è sopravvissuta ai lager e testimone come me e oggi ha 88 anni non vivrà a lungo, non permettete che l’indifferenza cancelli la storia e cancelli la memoria. Perché anche l’indifferenza uccide. Di fronte a 700 “giusti” gli altri 70 mila, gli altri 700 mila cosa fanno?” Al termine dell’incontro una tavola rotonda con ospiti, tra cui Paolo Berizzi, cronista sotto scorta del quotidiano La Repubblica che ha denunciato in questi anni, la geografia e le attività di gruppi neo-nazisti del Nord Italia. “L’apologia di fascismo e di nazismo – ha detto Berizzi – non sono un’opinione, sono un reato. Lo dicono ben due leggi, la Legge Scelba e la Legge Mancini, ampiamente disattese nei fatti”. Qui sotto l’intervento di Alessandro Galimberti, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, all’incontro con Liliana Segre nell’auditorium dell’Università Iulm il 28 ottobre 2019.