Approvato, questa mattina, dall’assemblea degli iscritti, il bilancio consuntivo 2018 dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia si chiude con un avanzo di esercizio di € 135.160,09 e con un conto economico che ammonta a 2 milioni e 686.034,94 euro. Le spese più rilevanti hanno riguardato: le quote di competenza del Consiglio Nazionale, ammontanti a € 1.116.300,00, che rappresentano circa il 43,76% dei costi totali d’esercizio; le spese per il personale pari a € 624.966,57, il 24,50% circa del totale d’esercizio; l’affitto e le spese condominiali che ammontano a € 92.780,75, pari al 3,63% circa della spesa complessiva; le spese legali e le consulenze, così suddivise: spese legali e notarili € 3.424,30, gratuito patrocinio assistenza legale € 50.754,67, assistenza giudiziale € 7.107,29, gratuito patrocinio assistenza fiscale € 7.257,54, consulenze € 15.494,00, per un totale di € 84.037,80, pari al 3,29% circa del totale d’esercizio; le spese relative alle iniziative culturali e alla formazione obbligatoria, per un ammontare complessivo di € 168.027,13, pari a circa il 6,58% del totale delle uscite, così suddivise: 80 mila euro all’Awt (Master in giornalismo), 78.582,13 alla formazione e 9.445 alle iniziative varie. Risultano poi movimentati il Fondo solidarietà iscritti, con una riduzione di € 200,00 e il Fondo Svalutazione Crediti vs/cancellati/rottamati con un incremento di € 7.000,00. Il totale complessivo degli Accantonamenti iscritti a bilancio è dunque ora pari a € 165.277,85. D’accordo con i sindaci, l’avanzo 2018 per un valore di € 135.160,09, sarà destinato a riserve che controbilanceranno le perdite degli esercizi precedenti. L’assemblea di bilancio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia si è svolta nella sala convegni della Fondazione Atm, in via Farini 9.
OCCUPAZIONE, MONOPOLIO DI GOOGLE E FAKE NEWS RIMANGONO UN’EMERGENZA
“Permettetemi, a questo punto – ha detto il presidente Alessandro Galimberti, nella sua relazione introduttiva – un passaggio sullo stato di salute della professione e sull’analisi del mercato dell’editoria. Nel 2017 avevamo sottolineato a più riprese il fenomeno del preoccupante boom delle fake news in Rete. Bene, nel 2018, come Ordine dei giornalisti della Lombardia, abbiamo condotto una forte e metodica campagna di sensibilizzazione, in tutti i corsi di formazione ma anche in ogni occasione pubblica possibile, sul tema dell’informazione completamente falsificata. Le false notizie che circolano sul web, le bufale, sono un business direttamente correlato alla feroce crisi occupazionale di cui soffre l’editoria. Sappiamo che Google e Facebook controllano circa 3/4 della pubblicità mondiale in Rete, di fatto un duopolio globale mai visto nella storia dell’umanità. Di fronte a tale abnormità è necessario far crescere, o forse risorgere, una cultura della libertà “sostanziale”, molto diversa dal gigantesco inganno digitale dentro cui viviamo senza neppure rendercene conto, men che mai protestando. La profilazione profondissima e senza regole degli utenti e dei dati personali che fanno sistematicamente i monopolisti del web viaggia, per colmo di abuso, in larga parte sui contenuti di informazione pescando dalla produzione intellettuale dei giornalisti. Rilancio allora, qui (al governo, ai sindacati, all’opinione pubblica), la proposta formulata già lo scorso anno e che oggi fortunatamente trova una sponda nella legge europea del copyright arrivata in questione giorni al voto decisivo. Perché è venuto il momento in cui Google e Facebook e tutti gli altri “aspiratori” di rete siano chiamati a pagare l’utilizzo degli articoli giornalistici che diffondono. Il riutilizzo gratuito del giornalismo scandalosamente permesso negli ultimi 15 anni – nella totale passività degli editori – ha svuotato le edicole, stremato le concessionarie pubblicitarie e quasi estinto le redazioni e i posti di lavoro di chi per professione informa. E’ tempo di aggiornare la direttiva europea sul commercio elettronico – che ancora oggi garantisce l’immunità/impunità degli intermediari dei servizi – e far pagare a Google, Facebook, Instagram etc etc per il riutilizzo dei pezzi, fosse anche solo un centesimo ad articolo per ogni click. Da 10 anni le aziende editoriali stanno soffrendo di una crisi epocale che ormai non si può neanche definire ciclica: mancano i fatturati, mancano i redditi nelle aziende editoriali. Finora si è fronteggiato il fenomeno con piani di crisi che hanno inciso su riduzione ossessiva del costo del lavoro e con la riduzione ossessiva degli organici redazionali di tutte le testate, quotidiane e periodiche. La soluzione è molto semplice: se Google, Facebook & C fossero semplicemente chiamate a pagare per la distribuzione dei contenuti giornalistici – che frutta loro una enormità di soldi abusivamente sottratti agli editori (e ancor più ai giornalisti), si risolverebbero in un attimo la crisi occupazionale e quella strutturale dell’editoria. E’ una proposta, un appello accorato, che rivolgiamo innanzitutto all’Ordine nazionale dei giornalisti, perché faccia propria questa iniziativa. Ma rivolgiamo l’appello anche al nostro sindacato (la Fnsi), agli editori (la Fieg) e al governo, indipendentemente da chi ne sia l’amministratore pro tempore. Ricordando inoltre che questa è un’emergenza economica, ma anche – e soprattutto – una questione di tenuta della pluralità culturale, politica e in definitiva della democrazia mondiale. Il modello economico adottato dai Big della rete – pagamento in base ai click anziché in relazione al contenuto/valore delle notizie – alimenta enormemente il business della fake news, fino anzi ad essere la vera base ideologica. La tecnologia è un mezzo di trasmissione di contenuti che, da troppi anni, si è confusa con il contenuto stesso, a sua volta riportato a una mera accumulazione di profitti senza etica nè rispetto nè regola alcuna. E poi, non bastasse questo, è sufficiente aprire i social network per rendersi conto che mentre sulla carta stampata ci sono regole alle quali i giornalisti si devono attenere, sul web tutto è concesso e nessuno è mai responsabile dei propri violenti e inaccettabili reati di aggressione verbale. Chi sbaglia sulla carta stampata, paga. Chi (volutamente) sbaglia o diffonde notizie false per fare soldi, o per sviare l’opinione pubblica, ingannare gli lettori, non paga. E’ insomma venuto il momento di lanciare una campagna tra i giornalisti ma anche tra l’opinione pubblica, per una battaglia di civiltà e di democrazia. Obiettivo di questo Consiglio, nel suo piccolo, è far recuperare alla categoria dei giornalisti quella dignità di cui è capace e, agli occhi dell’opinione pubblica, quella credibilità che merita. In allegato il pdf con la relazione completa del Bilancio consuntivo 2018 e preventivo 2019.