Il codice di autodisciplina della comunicazione commerciale trova nel principio di trasparenza del messaggio pubblicitario il suo fondamento: l’utente deve essere “avvertito” che ciò che sta guardando è cosa diversa da un contenuto informativo.
di Vincenzo Guggino Segretario Generale – Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria
L’ingannevolezza di un messaggio pubblicitario, oltre che a ricercarsi nei possibili contenuti scorretti del messaggio stesso, può emergere anche in relazione alla riconoscibilità o meno della sua natura commerciale. In altre parole se un messaggio viene diffuso con un obiettivo promozionale come la vendita di un bene o di un servizio, o semplicemente per far acquisire notorietà ad una marca, la natura commerciale deve essere sempre riconoscibile senza far sorgere dubbi o fraintendimenti rispetto ad altre forme di comunicazione, come ad esempio, la divulgazione di libere opinioni, di articoli giornalistici o quant’altro.
Il principio di trasparenza e riconoscibilità del messaggio pubblicitario
La ratio di tale vincolo è facilmente intuibile: il fruitore del messaggio deve poter essere posto in condizione di poter esercitare il proprio filtro critico nei confronti di un messaggio formulato a pagamento allo scopo di spingere il consumatore ad assumere un atteggiamento positivo verso una determinata marca. Il principio della trasparenza, così come si staglia nel contesto pubblicitario, risponde dunque ad una duplice esigenza di tutela: la tutela della libertà di autodeterminazione economica del consumatore e la tutela del corretto funzionamento del mercato.
Questo principio viene tradotto in norma cogente sia dal Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale, emanato dall’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria-IAP, sia dal Codice del consumo, applicato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Per esteso l’art. 7 del Codice IAP – Identificazione della comunicazione commerciale così recita: «La comunicazione commerciale deve sempre essere riconoscibile come tale. Nei mezzi e nelle forme di comunicazione commerciale in cui vengono diffusi contenuti e informazioni di altro genere, la comunicazione commerciale deve essere nettamente distinta per mezzo di idonei accorgimenti.
Per quanto riguarda talune forme di comunicazione commerciale diffuse attraverso internet, i principali idonei accorgimenti sono indicati nel Regolamento Digital Chart».
La norma può essere così sintetizzata: a) la natura promozionale di un messaggio pubblicitario deve essere di tutta evidenza; b) qualora un messaggio pubblicitario sia diffuso contestualmente a contenuti di altra natura è necessario distinguere nettamente le due tipologie di comunicazione; c) la comunicazione commerciale digitale richiede particolari accorgimenti per distinguersi da altri contenuti.
Le tre tipologie di comunicazione commerciale
La casistica autodisciplinare annovera fondamentalmente tre tipologie di comunicazione commerciale che possono impattare sul tema della trasparenza e quindi della riconoscibilità del messaggio: il product placement; la pubblicità redazionale; la pubblicità digitale.
Il product placement consiste nell’inserimento all’interno di un contesto narrativo non pubblicitario, di un prodotto o di un marchio. Intuibili i vantaggi di questo posizionamento: il filtro critico del consumatore naturalmente stimolato da un messaggio pubblicitario standard viene in questo caso di molto attenuato o addirittura eluso. Vasta la giurisprudenza del Giurì a riguardo: rubriche giornalistiche, programmi televisivi, ecc. Va però detto che dal 2004 il product placement è legale per il cinema, poi successivamente anche per i programmi TV, allorché vengano rispettate le modalità e le regole previste ex lege, atte sostanzialmente a rendere edotto il fruitore della comunicazione che vi sono inserimenti di prodotto all’interno dello svolgimento narrativo.
La pubblicità redazionale è quella forma di comunicazione commerciale che, inserita in un contesto di stampo giornalistico, ne assume le sembianze per essere in sintonia formale con l’aspetto dei contenuti non pubblicitari presenti nel medesimo contesto, ad esempio all’interno di una rivista periodica.
Terza forma di comunicazione che richiede particolare attenzione in termini di trasparenza è la comunicazione commerciale digitale. Anche in questo caso Il Codice di autodisciplina, con il collegato “Regolamento Digital Chart”, impone che si ricorra all’inserimento di disclaimer per consentire al consumatore medio senza alcun sforzo interpretativo di riconoscere una comunicazione commerciale. Ampia è la casistica e i relativi accorgimenti che la Digital Chart prevede per i vari format, dall’influencer marketing al native advertising. Quest’ultimo ha, peraltro, le caratteristiche della tradizionale pubblicità redazionale ma per così dire evoluta in chiave 2.0.:si tratta infatti di annunci commerciali veicolati attraverso una piattaforma digitale che si “mimetizzano” con i contenuti e il format della piattaforma stessa senza soluzione di continuità, leciti nella misura in cui siano distinguibili dagli altri contenuti.
Va precisato, a tal proposito, che alla luce del principio di trasparenza tutte e tre le tipologie di comunicazione indicate, caratterizzate dalla commistione di contenuti commerciali con contenuti di altro tipo (informativi, narrativi, di intrattenimento), non sono di per sé vietate ma lo sono solo in assenza degli idonei accorgimenti che rendano evidente una netta distinzione tra i diversi contenuti.
Gli indizi di una “impropria e sottesa committenza”
Da un punto di vista fattuale, se una pubblicità è occulta, se nasconde la propria vera natura, come si può desumere che un messaggio al di là delle apparenze sia pubblicitario?
La giurisprudenza autodisciplinare ha individuato numerosi “indizi” che possono portare a ritenere l’esistenza di un rapporto di committenza tra inserzionista e mezzo, di per sé di difficile o “impossibile” dimostrazione, a titolo esemplificativo: l’immagine di un prodotto all’interno di un articolo apparentemente di cronaca; il tono smaccatamente elogiativo utilizzato per un prodotto all’interno di un articolo; la segnalazione di prodotti provenienti da una unica impresa. Analoghi e ulteriori indizi valgono anche per la comunicazione commerciale online, allorché la natura pubblicitaria, ad esempio, di un post, non venga esplicitata dall’influencer tramite i disclaimer indicati dal regolamento Digital Chart, per rendere edotto il consumatore che il post è frutto di un accordo di natura commerciale tra l’influencer e il brand.
In conclusione il principio di riconoscibilità della comunicazione commerciale rispetto ad altre forme di comunicazione non pubblicitaria è un principio “antico” ma sempre valido e deve essere rispettato in ogni contesto comunicativo: potremmo dire, con una battuta, da Gutenberg al web.