Cosa ha fatto fin qui il nostro Consiglio di Disciplina Territoriale

Bilancio dell’attività di due anni dell’organismo – indipendente e autonomo – che assicura il presidio deontologico dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia: i numeri dei procedimenti, le scelte operative, le criticità. E su tutto, la logica dell’azione disciplinare non come punizione ma strumento di tutela della professione


di Paolo Della Sala, avvocato, presidente del Consiglio di Disciplina Territoriale dell’OGL

  1. Premessa

Il Consiglio di Disciplina Territoriale è sempre più chiamato ad intervenire su materie di estrema delicatezza ed attualità.

Basti pensare alla difficoltà di bilanciare, in modo equilibrato, la primaria esigenza di tutelare la libertà di manifestazione del pensiero con la mutevolezza dei costumi e del linguaggio e con la sempre più precaria condivisione a livello sociale di ciò che costituisce, sul piano del lessico, un minimo comune denominatore oltre il quale scatterebbe la tagliola della “riprovazione collettiva”.

La polarizzazione non solo della politica ma, più in generale, delle opinioni (si pensi ai temi dell’immigrazione, a quello degli orientamenti sessuali e di genere, a quello genericamente riconducibile al concetto di “bioetica”) ha portato ad una diffusa conflittualità che, talora per imitazione o per una sorta di strascico inerziale, lascia tracimare toni particolarmente aggressivi.

Le segnalazioni che riguardano la (presunta o reale) aggressività del linguaggio adottato e/o la sua possibile offensività sono moltissime.

Sarebbe certamente necessaria una riflessione “di categoria” per comprendere le ragioni di questa evidente deriva linguistica che trova, con una certa frequenza, un punto di caduta in titoli sempre più gridati e in articoli sempre meno rispettosi di quel principio di “continenza verbale” i cui confini si stanno spostando in una direzione che riduce gli spazi della comunicazione (intesa come atto del rappresentare la propria posizione ad una platea astrattamente indeterminata di soggetti) a vantaggio di quelli della proclamazione (intesa come messaggio rivolto a quelle che si considerano essere le proprie “truppe” di ascoltatori e lettori).

Naturalmente esistono esigenze di “visibilità” e di “attrattività” del prodotto in un contesto che va facendosi sempre più povero in termini di risorse e, paradossalmente, sempre più numeroso laddove si tenga conto, come inevitabile, anche delle pubblicazioni online e della presenza dei giornalisti nel mondo dei c.d. social.

Questa crisi di sistema rende il compito del CDT particolarmente difficile poiché si trova a dover giudicare una casistica sempre più ampia di fenomeni, con risorse davvero limitate.

Ciò anche in ragione della vastità delle ipotesi disciplinari previste e della loro non sempre chiara e univoca definizione nonchè delle confliggenti linee di tutela di norme di cui l’interprete deve tenere conto.

  1. La scelta operativa del Consiglio

In questa situazione di – forse inevitabile – complessità il CDT ha operato secondo due direttrici: la prima, volta a concentrarsi sull’abbattimento dell”arretrato”.

La seconda, invece, volta ad asciugare il più possibile l’ambito di applicazione delle sanzioni, nella speranza che un “diritto disciplinare minimo” possa migliorare l’obbiettività delle decisioni e, contestualmente, consentire che si assestino quelle tensioni al cambiamento, tipiche delle fasi di transizione, che non sempre trovano rispondenza nella maggioranza o, in ogni caso, che trovano sacche di “resistenza” in minoranze che, pure, meritano di essere tutelate.

La prima scelta, in termini di “politica disciplinare”, è stata posta al servizio della seconda: solo potendo intervenire in modo tempestivo e meditato è infatti possibile assicurare (o sperare di assicurare) una buona giustizia disciplinare.

Avere tempo di approfondire e di studiare è fondamentale.

Il CDT, pertanto e fra mille difficoltà, si è impegnato con uno sforzo davvero notevole da parte della quasi totalità dei consiglieri a ridurre il carico dei procedimenti pendenti sino a portare, ad oggi, i fascicoli che devono essere assegnati aggiornati ai mesi finali del 2022 laddove, inizialmente, ci si era trovati a dover trattare casi a partire dal 2017.

Tutto ciò con il fondamentale contributo della segreteria.

  1. Dati statistici sull”attività svolta

Questi i numeri che sintetizzano quanto fatto:

fascicoli pendenti all’atto dell’insediamento del CDT: 342

esposti arrivati nel 2022: 76; nel 2023: 77 

fascicoli assegnati ai diversi Collegi nel corso del 2022: 293; nel 2023: 126

fascicoli esaminati nell’anno 2022: 266; nel 2023: 186 (di cui quattro in attesa di conclusione di attività giudiziaria ordinaria in corso);

fascicoli assegnati ma non ancora completamente istruiti: 37

fascicoli definiti nel 2022: 189; nel 2023: 127, che si sono conclusi con:

n. 96 delibere di non luogo a procedere;

n. 19 assoluzioni;

n. 9 censure;

n. 2 avvertimenti

n.1 sospensione a mesi 2

  1. Criticità

La “massa” degli iscritti amplifica alcuni profili di criticità operativa: il campo disciplinare è spesso utilizzato con l’intento di “ottenere giustizia” senza passare per la giurisdizione ordinaria (civile o penale) o, anche peggio, in una visione strumentale della funzione disciplinare. Si tratta di fenomeno in aumento anche in ragione della facilità con cui si possono gestire blog o pubblicazioni posizionate sul web, spesso a carattere locale.

È inoltre in aumento l’utilizzo della segnalazione disciplinare da parte di giornalisti molto esposti sui social che, non infrequentemente, ingaggiano polemiche piuttosto sterili ad uso e consumo dei propri “lettori tifosi”.

Frequente il mancato rispetto della normativa sul diritto d’autore, p.es. con foto “rubate” al volo per una immediata pubblicazione sul sito online anche di quotidiani a diffusione nazionale.

Problematica, infine, la convivenza fra informazione e pubblicità: il tema necessita di un approccio realistico e non rigoristico ma, al contempo, esige attenzione per tutelare l’indipendenza della professione.

In linea di massima appare evidente una certa mancanza di consapevolezza degli obblighi deontologici. Risulta sul punto ineludibile, ad avviso del CDT, un profondo lavoro di sensibilizzazione.

  1. Conclusioni

L’obbiettivo per l’anno in corso è quello di portare i tempi di intervento del Consiglio il più prossimi possibile ai fatti segnalati, in modo tale da consentire una risposta tempestiva e, quindi, efficace.

Si vorrebbe, inoltre, dare un indirizzo anche didattico alla funzione disciplinare nella speranza che possa essere intesa come strumento di tutela della categoria e della sua qualità professionale e non come un meccanismo di tipo esclusivamente repressivo.

In questo senso potrebbe risultare utile la divulgazione dei principi sottesi alle decisioni prese come anche la riflessione su temi delicatissimi e di frequente interesse disciplinare (si pensi, ad es., al rapporto fra informazione e pubblicità, v. art. 10 del Testo Unico).

Potrebbe essere, inoltre, utile strutturare incontri e/o corsi (anche in raccordo con il Consiglio dell’Ordine) che diano modo di acquisire i crediti formativi obbligatori nella materia di competenza del CDT.

Tutto ciò nella convinzione di tutti i consiglieri che compito fondamentale del CDT sia quello di contribuire alla indipendenza della categoria ed alla tutela della libertà di informazione che, non dimentichiamolo, non è solo un diritto ma, anche, un obbligo.

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